«Riteniamo sia il momento di ribadire con forza la nostra contrarietà a qualsiasi possibilità di ampliamento della cava, auspicando in una scelta della politica coraggiosa e lungimirante». Così il mondo ambientalista commenta la situazione che sta interessando la partita aperta sulla cava di gesso di Monte Tondo. «Per tale motivo - proseguono - ci incontreremo, assieme alla Federazione Speleologica Regionale, al CaI, Legambiente e Wwf, nella giornata di sabato 23 aprile, alle 9, al campo sportivo di Borgo Rivola, in via Caduti dei Crivellari, per una camminata ai confini della proprietà della Saint-Gobain lungo i sentieri della Vena del Gesso, in modo da attraversare con corpi e menti il martoriato, ma eccezionalmente unico, paesaggio carsico di Monte Tondo. Per far vedere sino a dove la cava potrà espandersi e quali fenomeni carsici e paesaggio può distruggere se le pubbliche amministrazioni continuano, a ogni scadenza del Piae, ad autorizzare nuovi ampliamenti della cava stessa».
L’estrazione del gesso a Monte Tondo è iniziata nel 1958. Le attività della cava, si sono svolte sia in galleria che a cielo aperto «causando criticità ambientali devastanti in un territorio patrimonio di emergenze naturalistiche, speleologiche e archeologiche di rilevanza internazionale. L’area – affermano gli organizzatori - è ufficialmente candidata a Patrimonio dell’Umanità Unesco, oltre a essere tutelata dalla ReteNatura2000, siti di interesse comunitario e situata all’interno dell’area contigua del Parco Regionale della Vena del Gesso Romagnola. Questa cava – ribattono - ha raggiunto dimensioni insostenibili e drammatiche, essendo uno dei più grandi siti estrattivi del gesso in Europa. L’ultimo Piae definisce i quantitativi massimi estraibili e l’estensione areale massima raggiungibile al fine di salvaguardare il sistema paesaggistico ed ambientale del Polo unico regionale del gesso. Sulla stessa stregua, lo scenario proposto dal recente studio commissionato dalla Regione – sottolineano gli ambientalisti - non prevede un ampliamento dell’area estrattiva e suggerisce di considerare il nuovo periodo di attività come l’ultimo possibile e concedibile. Lo fa inserendo opportune clausole di salvaguardia negli atti autorizzativi e conseguentemente impone di utilizzare il decennio di ulteriore attività mineraria per attuare adatte politiche di uscita dal lavoro degli addetti oggi impiegati, in modo da minimizzare il problema al momento della cessazione delle attività». Alla luce di tutto questo e del fatto che «in questi anni, nulla è stato fatto in tal senso, e la multinazionale, spinta dai propri interessi economici, chiede di poter continuare a estrarre, in barba a ogni prospettiva di futuro sostenibile per questo territorio e contraddicendo le amministrazioni locali nel loro appoggio alla candidatura Unesco».