Riolo, nuova scoperta archeologica nella Vena del Gesso, ritrovate ossa umane alla «Grotta del Falco»

Romagna | 02 Dicembre 2018 Cronaca
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Sandro Bassi - Ancora una scoperta archeologica nella Vena del Gesso e tuttavia non c’è da stupirsi: da una parte si cerca, si esplora e si trova, dall’altra evidentemente il materiale c’è, perché in antico questa zona fu capillarmente frequentata e le sue grotte utilizzate per scopi di culto, sepoltura, riparo.
Stavolta, ad affacciarsi alle cronache, è la zona di Borgo Rivola, già stranota per la Tana del Re Tiberio, di estrema importanza per le sue vaschette e per la sua frequentazione ultramillenaria a scopi funerari, cultuali, o forse anche produttivi (vedi le ipotesi sull’ocra di cui abbiamo recentemente riferito di Benassi). Ora l’ultima scoperta. Proprio una decina di metri sopra lo storico ingresso del Re Tiberio si apre, infatti, la piccola Grotta del Falco, cavità apparentemente insignificante e costituita da un modesto sottoroccia che però presenta sulle pareti una decina di nicchiette scavate dall’uomo, probabilmente come supporti per legni; ci sono anche tracce di antiche murature realizzate con blocchi di gesso.
«Già nel 2012, quando la esplorammo - racconta Massimo Ercolani del Gam (Gruppo amici della montagna) di Mezzano e della Federazione speleologica regionale - trovammo vari frammenti di terrecotte protostoriche, ma recentemente, d’intesa con la Soprintendenza archeologica e in collaborazione con la ditta accreditata Tecnè, abbiamo intrapreso uno scavo. Da qui - prosegue - sono venute alla luce varie ossa, perlomeno di due individui diversi, e in disordine anatomico per via dei numerosi crolli che hanno interessato la grotta. Siamo in attesa dei risultati delle indagini al Carbonio 14 che serviranno a datare le ossa stesse, ma intanto è affiorato anche un cranio ed un reperto integro e ben riconoscibile, cioè una tazza-coperchio in terracotta dell’Età del Ferro databile al 600-400 a.C.».
La notizia è del massimo interesse perché tutta la fascia rupestre sopra Re Tiberio presenta un notevole potenziale archeologico. Si sa da numerose fonti, anche fotografiche (e ben documentate nel tempo, riassunte ad esempio sul recente «I Gessi e la cava di Monte Tondo», Faenza 2013), che dal 1959 fu avviata la demolizione della parete per realizzarvi la strada di servizio conducente ai nuovi settori di attività estrattiva. In tale occasione furono intercettati depositi di materiale archeologico che venne sconvolto e disperso a valle assieme a detriti. Tuttavia una parte di questi reperti, forse anche molto piccola rispetto all’origine, è stata ritrovata in alcune cavità di cui la rupe era ricchissima, ad esempio nell’Abisso dei Tre anelli esplorato sempre dal Gam Mezzano nel 1993. 
Un progetto di ripresa degli scavi archeologici nella zona del Re Tiberio è nel «cassetto» del Parco regionale Vena del Gesso e si attuerà se verrà finanziato con i fondi europei Adriaticum Caves (grotte adriatiche) che interesserà vari paesi ma che vedrà l’area protetta romagnola fra i principali protagonisti.
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