Ravenna, oasi da salvare: «A breve sarà troppo tardi»

Mille firme da Ferrara a Pesaro, comprese quelle di una ventina di associazioni ambientaliste, per chiedere di salvare le oasi di Punta Alberete, Valle Mandriole e Bardello. A parlare del pubblico appello è il professore emerito dell'Università di Bologna Paolo Pupillo, presidente dell'Unione bolognese naturalisti, preoccupato del fatto che senza una serie di interventi tempestivi possa essere persa per sempre l'eccezionalità delle aree palustri a nord di Ravenna, per molti anni serbatoio straordinario di biodiversità: «Nel giugno dello scorso anno c'è stata una mobilitazione per sollecitare le pubbliche autorità locali alla messa in atto di interventi che potessero quanto prima invertire la situazione. Lo scorso novembre, poi, abbiamo organizzato un convegno sul tema, in parte finanziato dal Comune di Ravenna, di cui presto pubblicheremo gli atti. Vogliamo che resti traccia delle nostre osservazioni, anche nell'ottica di appellarci alle istituzioni europee».
Sono tre, nello specifico, le azioni urgenti da implementare per salvare le tre aree: «Prima di tutto serve un intervento tecnico forte a contrasto dell'avanzamento del cuneo salino dal mare attraverso le foci dei fiumi. In secondo luogo, bisogna avere la disponibilità di qualche milione di metro cubo di acqua dai fiumi Lamone e Remo per ripristinare le condizioni di acqua dolce delle oasi, cosa che all'apparenza è semplice ma che in realtà prevede spese considerevoli. Terzo, ci vuole un controllo delle specie animali non autoctone come il gambero della Louisiana, la carpa e la nutria, fattori di disturbo notevoli».
I fautori dell'appello, tra cui compaiono anche Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Federazione Pro Natura e Società di scienza naturali della Romagna, proveranno a concordare un documento tecnico propositivo, nella consapevolezza che le competenze coinvolte nelle tre oasi siano diverse: Parco del Delta del Po, Comune di Ravenna, Regione Emilia-Romagna. «Purtroppo si sono persi insetti, crostacei, rane. Siamo davanti a una situazione naturale che per mantenere intatte, o a questo punto vedere salvate, le proprie caratteristiche, necessita dell'intervento dell'uomo. Questi ambienti sono siti di interesse comunitario, giudicati meritevoli di attenzione e cura. Molte condizioni della protezione, in questi ultimi anni, sono venute meno: si rischia di perdere un riconoscimento internazionale prestigioso».