Ravenna, la curatrice Salerno: «Una nuova identità per il Mar, anche grazie ai fondi fotografici»

Elena Nencini
In assenza delle grandi mostre - si è chiusa l’8 gennaio l’esposizione Un’epopea pop dedicata a Dante e per il prossimo grande evento si parla della Biennale del mosaico a ottobre - il Museo d’arte della città (Mar) di Ravenna non si ferma e prepara un primo riallestimento delle collezioni permanenti, che sarà presentato il 13 aprile.
Come sottolinea l’assessore alla cultura Fabio Sbaraglia, la «programmazione, a partire dal 2022, vedrà un forte impegno nel segno del rafforzamento dell’identità del museo. Il Mar custodisce uno straordinario patrimonio che va riscoperto e valorizzato. È una scelta che in un momento delicato come questo, ossia l’uscita da una pandemia, risponde alla necessità di ricostruire un rapporto e una consuetudine forte tra il museo e il tessuto della comunità».
Ad anticipare l’evento del 13 aprile è la presentazione della nuova acquisizione di due lavori del fotografo Paolo Roversi e una selezione di opere, Nudes. Corpi in movimento, dedicata alle fotografie delle collezioni del Mar, con nomi come Dino Pedriali, (definito ‘un maestro caravaggesco della luce’), Carlo Ludovico Bragaglia, ideatore del fotodinamismo con il fratello Anton Giulio e Yuri Ancarani (regista ravennate ormai decollato nel panorama internazionale). Saranno esposte anche le nuove acquisizioni di Alex Majoli, con il cortometraggio Esodo, realizzato in occasione delle celebrazioni dantesche, nonché di Paolo Roversi che, per l’occasione, sarà presente in video collegamento.
Giorgia Salerno, conservatrice del Mar e curatrice dell’allestimento di Nudes, racconta le novità.
Quante sono le fotografie appartenenti alle collezioni del Mar?
«Non c’è un fondo copioso, poiché finora non c’era un’attenzione particolare alla fotografia: stiamo cominciando adesso a creare un fondo, grazie anche agli ultimi arrivi: uno scatto di Razza umana di Oliviero Toscani e le ultime due acquisizioni di Paolo Roversi, un’immagine di Naomi Campbell e una di Kate Moss. E’ qualcosa di nuovo da costruire».
Per allestire la sala e scegliere le immagini a cosa si è ispirata?
«L’occasione è partita dai 20 anni del Mar e dal ri-allestimento delle collezioni: il filo conduttore che lega queste opere è la corporeità. Si tratta di una piccola selezione fotografica per omaggiare i 20 anni della nostra istituzione. Si possono vedere due foto di Roversi, cinque di Pedriali, il video di Ancarani, una ventina di scatti di Bragaglia e il video di Majoli».
Perchè il tema della nudità?
«Si tratta di opere che raccontano di una forma di corporeità e di nudità, come dice il titolo. Nudità non fisica, ma di esistenza: i corpi presentati sono infatti visti attraverso lo sguardo del fotografo. Ci sono fotografi che ti tirano fuori l’anima, altri che colgono aspetti che non riusciresti a vedere nemmeno se ti guardassi allo specchio. Sono corpi in movimento, un movimento vitale, intellettuale, culturale, fisico. Tutto questo si rintraccia in queste fotografie. In Pedriali i nudi sembrano figure mitologiche, Ancarani ha la capacità di guardare la vita ai margini, al centro del suo video c’è un ragazzo che balla, un corpo in movimento per l’appunto. Infine c’è Majoli, che con il video girato per le celebrazioni dantesche presenta una corporeità assente: Dante non c’è, ma allo stesso tempo è ovunque, in ognuno dei personaggi ritratti. Con Bragaglia poi la corporeità è legata al suo fotodinamismo, che si oppone alla fissità della fotografia, il movimento sfugge allo scatto e diventa dematerializzazione futurista».
E per quanto riguarda il riallestimento delle collezioni permanenti?
«Il 13 ci sarà l’inaugurazione ufficiale. Saranno riallestite le sale del primo piano, che sono chiuse dal 2016, quando a causa di un fortunale ha ceduto il tetto. Tra i tempi burocratici e la pandemia siamo arrivati a ri-aprire adesso»
Qual è il filo del riallestimento?
«Una rottura forte con il passato, l’intenzione è di valorizzare antico e contemporaneo insieme, precedentemente il secondo piano era dedicato all’antico, adesso coesistono antico e contemporaneo in una sorta di cortocircuito. Il lavoro non finisce qui, però, bisognerà proseguire occupandosi delle opere degli anni ‘90 e del 2000, ma anche della parte delle cellette e delle opere del ‘500».
A cosa punta questo prima risistemazione?
«A ridare un’identità al museo, ritorneranno opere che non si vedono da 40 anni, alcune mai esposte, inclusa la scultura ‘ritrovata’ di Emilio Greco (prima attribuita a ignoto). L’antico guarda al contemporaneo, bisogna valorizzare il proprio passato con un occhio al futuro e alla propria contemporaneità».