Ravenna, «La bomba» è il terzo romanzo di Alberto Cassani, un thriller venato di politica

Romagna | 14 Maggio 2023 Cultura
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Federico Savini
«Dalla crisi economica del 2008 stiamo passando da un’emergenza all’altra con una velocità preoccupante. Abbiamo attraversato la pandemia e ora assistiamo a una guerra alle porte dell’Europa: tutto questo in pochi anni, senza il tempo per una vera elaborazione collettiva. La Storia ci insegna che cose di questo genere logorano la psiche individuale e i rapporti sociali. Quello che va capito adesso è se riusciremo, come società, a trovare una soluzione incruenta a questi problemi oppure se permarrà questa condizione preoccupante». Si annidano interrogativi di un certo peso dietro La bomba, il terzo romanzo del ravennate Alberto Cassani, che dopo la carriera politica in ambito culturale ha intrapreso una vera e propria attività da romanziere che lo vede nuovamente pubblicare per Baldini+Castoldi dopo i precedenti romanzi L’uomo di Mosca (2018) e Una giostra di duci e paladini (2021).
Il libro è la cronaca minuziosa di una minaccia di stampo terroristico ai danni di una città di provincia amministrata da una sindaca donna, giovane, single e di origini straniere. Una vicenda che subito viene presa poco sul serio ma poi diventa sempre più seria, coinvolgendo politici di provincia, colossi economici, gang criminali e gruppi di estremisti.
«Narrativamente il plot è imperniato su una pista gialla, con un mistero che permane fino alla fine - dice Cassani -. Intorno alla cronaca legata prettamente alla bomba si sviluppano varie vicende al centro delle quali c’è sempre, in qualche modo, la politica».
Il giallo e la politica ritornano dai romanzi precedenti. Il tema storico-generazionale?
«Quello è meno centrale rispetto ai libri precedenti, ma il confronto tra le generazioni c’è anche qui. Il libro è comunque incentrato sull’attualità. Si raccontano dinamiche oscure e le reazioni dei personaggi e della città di fronte all’emergenza».
E ci siamo sempre più abituati, purtroppo. Anche in provincia, uno scenario che continua a interessarle soprattutto raffrontandolo al contesto cittadino…
«Quello che accade in provincia può giungere alle cronache nazionali, soprattutto se parliamo di situazioni emergenziali; ce lo racconta anche la cronaca di questi giorni. Eppure anche le realtà provinciali possono avere un valore paradigmatico.  Anche lì arriva l’eco di fenomeni più vasti. Anche lì si sedimenta la rabbia, che può consolidarsi in odio e trasformarsi in violenza».
In effetti, abitiamo un mondo apparentemente molto evoluto sui temi civili, rappresentati nel romanzo dalla sindaca. È però lo stesso mondo nel quale le recrudescenze di antichi odi e pregiudizi assumono spesso caratteri estremi. Sono casi isolati o c’è di più?
«Credo sia un nodo cruciale del presente, nel quale si annidano forme patologiche su una scala non così ridotta. Con quanta facilità si manifesti la triade rabbia-odio-violenza lo vediamo sempre più spesso. E la cosa allarmante è che questa tendenza convive con un’altra caratteristica diffusa: una sostanziale indifferenza a tutto, una velocità eccessiva nel valutare le cose e cambiare d’umore quando qualcosa ci va storto. C’è meno elaborazione di quanta non ce ne fosse in passato e questo facilita il passaggio repentino dall’indifferenza alle pulsioni violente».
Ci sono rimedi?
«Nel romanzo gioco la carta dell’ironia e dell’autoironia, è un registro che permette di vedere le cose con più leggerezza, con un occhio allenato all’umorismo. Più in generale penso che in passato la politica e il senso comunitario attutissero questi estremi. L’indebolimento della politica è un dato chiave della contemporaneità e le ricadute sono negative. Va capito come questa condizione potrà modificarsi in futuro».

 
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