Massa Lombarda, «Sol di soldi» di Maria Pia Timo alla sala del Carmine

Romagna | 16 Dicembre 2023 Cultura
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Federico Savini
«Una banca non è così diversa, in realtà, da un semplice negozio. Eppure, quando si va in banca ci si affida ai bancari con un misto di fiducia cieca e consapevolezza del fatto che per quanto ti impegni non riuscirai mai a districarti nel linguaggio “banchese” che non esiste altrove. Normalmente sai più o meno cosa compri, in banca di solito no. Eppure non ci vai certo per fare cose di scarsa importanza…». Si chiama Sol di Soldi il nuovo spettacolo di Maria Pia Timo, scritto insieme a Roberto Pozzi e dedicato a quello che nello stesso tempo è il tema più chiacchierato ma anche più occulto fra quelli che affrontiamo ogni giorno: i soldi.
Il nuovo monologo dell’attrice faentina arriva per la prima volta in Romagna sabato 16 alle 21 alla sala del Carmine di Massa Lombarda e affronta almeno tre sfide: quella di parlare di un argomento tabù come il denaro, di farlo con cognizione di causa (e la consulenza della bank trainer Daniela Lorizzo) e di far ridere a crepapelle. Di carne al fuoco, insomma, Sol di soldi ne mette parecchia, a partire proprio da quello «strano tabù» che sono i soldi nel nostro immaginario e nelle convenzioni sociali. «Facci caso, quello che uno guadagna non lo vieni mai a sapere, certamente non dal diretto interessato - esordisce Maria Pia Timo -, quindi se per tanti aspetti viviamo in un mondo ossessionato dal denaro, per altri c’è un pudore tipicamente italiano nel non rivelare quanto si ha e si guadagna».
All’estero è molto diverso il rapporto col denaro?
«A quanto mi dice chi ne sa di più sì, molto diverso. Non è semplice capire il perché, ha certamente a che vedere con una morale sedimentata ma anche l’evoluzione della mentalità conta parecchio. Senza neanche esagerare troppo, oggi possiamo ben dire che un po’ tutto viene considerato in base al suo valore commerciale, e ci si mette poco a traslare questo concerto dal vino e dalle opere d’arte fino alle persone, come se il tuo stipendio misurasse il tuo valore, come se tutte le altre cose che fanno un essere umano contassero meno».
Insieme a questa strana ritrosia, però, c’è anche un parallelo fenomeno di ostentazione della ricchezza, in grande aumento nella società…
«Direi in pericoloso aumento! I soldi sono sempre meno un mezzo per comprare cose utili e rappresentano sempre più uno scopo in sé per sé. L’ostentazione in qualche modo cerca di esibire il metro di questa ricchezza. Sono tantissime le persone che aprono mutui e fidi per comprarsi cose che li fanno sembrare più ricchi di ciò che sono. Da un recente articolo di Milena Gabanelli ho scoperto Pandabuy, un sito cinese amato soprattutto dai giovanissimi nel quale puoi comprare imitazioni. I ragazzi parlano di “flexare” in merito al bisogno di ostentare ricchezza attraverso auto di lusso, capi firmati o scarpe in serie limitata. Se questi sono i valori, beh, il pericolo mi sembra chiaro…».
Lo spettacolo è un monologo?
«Sì, è un monologo puro, con tanti contributi fotografici, anche perché insieme alla parti più classicamente narrative ci sono i momenti “Wikipia”, come li chiamo, nei quali racconto per davvero la storia dei soldi per sommi capi storici e tecnici, dal rapporto storico del denaro con l’oro, che oggi è una cosa obsoleta, fino al legame concreto tra le valute e il Paese che le emette, anche quello sempre più slegato dal concreto. A fine spettacolo sono stati più d’uno i bancari che si sono complimentati per il modo in cui racconto, per davvero, il loro lavoro e com’è cambiato nel tempo: praticamente oggi vendono prodotti, hanno budget e devi passare sul loro cadavere per chiudere un conto… Naturalmente la parte esilarante dello spettacolo ha tantissimi spunti a cui agganciarsi…».
Da diversi anni affronti temi molto specifici, dall’organizzazione casalinga all’evoluzione antropologica delle azdore, dal liscio fino ai soldi e alle banche. A differenza di molti comici non punti soprattutto a raccontare te stessa. È un antidoto al rischio dell’autoreferenzialità?
«In parte sicuramente sì, anche se in questo spettacolo parlo tantissimo di mio padre, che in casa era praticamente il gestore unico del denaro, anche di quello che guadagnava mia madre. Io non avevo idea di quanti soldi avessimo, mi ero convinta fossimo poveri e anche questo, in scena, mi aiuta a raccontare quanto fosse diverso il rapporto col denaro delle precedenti generazioni, che vivevano in modo meno stressante e avevano un rapporto più accorto con il denaro, vissuto per il mezzo che è, senza sovrastrutture valoriali. Detto questo, è vero che mi piace da diversi anni approfondire dei temi e portarli in scena, grazie alle consulenze esterne come quella di Daniela Lorizzo in questo caso, e soprattutto con l’aiuto fondamentale di Roberto Pozzi. Non mi definirei mai una divulgatrice, beninteso, però mi piace affrontare con serietà temi importanti, questo sì. E ad esempio attraverso Sol di Soldi molte persone scoprono che, tecnicamente, quando depositi i soldi in banca quest’ultima diventa la proprietaria del tuo denaro, pur tenuta a restituirtelo quando lo chiedi. E, chissà, magari c’è qualcuno che grazie a me scopre cosa sono il Tan e il Taeg, o almeno perché le pubblicità ci bombardano con queste cose di cui non capiamo niente!».
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