Lugo, morte di "Balla", sentenza rinviata al 31 maggio

Romagna | 10 Maggio 2019 Cronaca nera
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Nuovo rinvio della sentenza per gli «amici» di Balla, il 19enne lughese Matteo Ballardini, che è stato lasciato morire in auto in overdose, nella notte dell’11 aprile del 2017. La sentenza era attesa gia' lo scorso 23 aprile ma avendo uno dei giovani imputati cambiato legale essendo deceduto il suo, Pierluigi Barone, il giudice ha rimandato l'udienza al 10 maggio. Stamane, Carlo Benini, nuovo legale di Leonardo Morara, unico dei 4 amici di Balla rinviati a giudizio ad aver scelto il rito ordinario, ha invece optato anch'egli per l'abbreviato. L'udienza e' stata nuovamente rinviata, questa volta al 31 maggio quando verra' pronunciata la sentenza. Al termine della sua requisitoria, il 19 marzo, il pm Marilu Gattelli ha chiesto 30 anni per Beatrice Marani, la 22enne amica del cuore del giovane che gli passò la dose letale, 16 anni e 5 mesi per il coetaneo Simone Giovanni Palombo e per il 25enne marocchino Ayoub Kobabi. Il 28enne Leonardo Morara, come detto, aveva scelto il rito ordinario. I quattro «amici» erano stati rinviati a giudizio per omicidio volontario aggravato da crudeltà e futili motivi, oltre che sequestro di persona per aver tenuto Matteo in auto, in stato di incoscienza. I legali di Palombo e Kobabi avevano spiegato come, a loro avviso, per i ragazzi potesse delinearsi al massimo l’omissione di soccorso, visto che entrambi erano arrivati quando Balla stava male ed erano rimasti poco tempo. L’avvocato dei genitori di Balla, costituitisi parte civile, invece, aveva, invece, sottolineato come fosse emersa chiaramente dalle indagini, la volontà del gruppo di non allertare i sanitari per «proteggere» la Marani che, come la stessa scriveva in un messaggio, aveva ceduto il metadone alla vittima.
«Rara inumanità»
Un caso gravissimo, quello di Matteo Ballardini, che ha scosso l’intera comunità per l’indifferenza alla sofferenza altrui dimostrata dagli amici della vittima. Nell’ordinanza di custodia cautelare siglata dal gip Andrea Galanti che portò all’arresto dei ragazzi, quest’ultimo parlava di «rara inumanità» che ha spinto gli amici non solo a lasciar morire Balla, ma anche a contribuire a quel decesso, spegnendogli il telefono e chiudendolo a chiave nell’auto lasciata nel parcheggio defilato in via San Giorgio a Madonna delle Stuoie. E il tutto per «non aver problemi», per poter continuare a sballarsi di alcol e droga tutta la notte. E senza mai chiamare quell’ambulanza che avrebbe potuto salvargli la vita. Gli inquirenti hanno analizzato per mesi quella notte e raccolto testimonianze dal «coro muto», quello dei tanti ragazzi che si «parlano» scrivendo via chat e sui social e che erano stati informati che Matteo era morto. Un gruppo che ha aiutato le forze dell’ordine che grazie anche all’ausilio dei filmati della videosorveglianza di Lugo e vari messaggi trovati sui telefonini hanno ricostruito quella maledetta serata. Gli inquirenti, quindi, sono passati ad inquadrare il reato dall’ omissione di soccorso all’omicidio volontario ed aggravato.
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