Ivano Marescotti ha recitato con Zalone nei primi due film, che ne hanno decretato il successo

Romagna | 05 Dicembre 2022 Cultura
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«Credo che per chi vive al di sotto di Roma un romagnolo sia tanto nordico quanto un lombardo. D’altra parte, anche per molti di noi distinguere tra un pugliese e un calabrese pare lana caprina. E già questo ci fa capire quanto siamo coinvolti nella realtà che Checco Zalone rappresenta così bene e critica in modo efficacissimo». Ivano Marescotti si è ritrovato nell’insolito ruolo del segretario territoriale leghista in Cado dalle nubi, primo film di Checco Zalone che ne decretò il successo strepitoso, e che in effetti nel cast aveva ben poche personalità celebri: giusto Raul Cremona e appunto il nostro Marescotti, sorta di «antagonista» di Zalone, che andò talmente bene da venire richiamato anche per il film successivo, Che bella giornata, dove il ruolo dell’attore di Villanova di Bagnacavallo è quello di un colonnello dei carabinieri che ha la sventura di imbattersi nel motivato ma inadeguatissimo Zalone…
«Neanche lo conoscevo nel 2009, quando mi chiamarono per Cado dalle nubi - racconta Marescotti -. Prima di accettare il ruolo andai a documentarmi su YouTube e compresi subito come fosse arrivato velocemente dalla tv alla possibilità di fare un film, cosa non scontata per molti comici. Era divertentissimo, è molto semplice. E si dimostrò anche  lucido a riguardo dei film, per i quali costruisce impianti solidi, sempre giocati sulla comicità schietta, certo, ma capaci di sollevare dei temi. Fin dal primo film la sua comicità graffiante ha saputo colpire i nervi scoperti del mondo di oggi».
Il successo vi sorprese?
«Molto. Ricordo che Zalone e il regista Nunziante dicevano che se avessero raggiunto i 3 milioni di incasso avrebbero stappato la bottiglia. Beh, di milioni quel film ne incassò 16. E Che bella giornata arrivò a 45! Da lì in avanti ogni suo film ha superato i record precedenti, con un lieve calo nel caso di Tolo Tolo, comunque un film che ha fatto numeri inavvicinabili, nel mercato italiano, anche dai blockbuster americani. Un vero fenomeno, sta su un altro livello».
La lavorazione del secondo film fu segnata da aspettative crescenti?
«Sì, più aspettative ma anche timori, diciamo che anche l’asticella del “fiasco” si era alzata. Solo che Che bella giornata triplicò gli incassi dell’esordio. Aveva le stesse caratteristiche, in particolare al capacità di fare riflettere sul razzismo».
Tempo fa disse che la comicità di Zalone è imparentata con quella di Sordi.
«Usa con efficacia un approccio che  non è del tutto inedito, e fu anche un po’ quello di Sordi, con la sua satira scorretta sui vizi dell’italiano medio. Quando ci riconosciamo in lui ha raggiunto l’obiettivo. Nel dipingere l’italiano senza scrupoli, quello che si approfitta sempre delle falle del sistema, Zalone va oltre le parodie di Sordi. È sia politicamente che socialmente scorretto. Ma in questo modo riesce a far passare concetti molto chiari sul razzismo, la cultura, la scuola e quant’altro…».
C’è però chi lo trova divisivo…
«È una cosa che non capisco. Secondo me con Zalone ridono anche i leghisti. Impersona un genere di italiano talmente ignorante e becero che è palese che quando nei film dice che la scuola non serve a niente sta affermando l’opposto. Stimola eccome l’autocoscienza del pubblico. E poi è divertentissimo».
C’è chi dice che resterà nella Storia, come Villaggio con Fantozzi.
«Che resterà nella Storia non c’è dubbio, ha segnato questi anni con un successo senza paragoni. Con Villaggo vedo differenze, perché il suo genio gli fece inventare una maschera che non c’era. Zalone spazia a 360 gradi, è anche un bravo musicista, ma il suo personaggio ha comunque radici in cose che esistevano già. Villaggio inventò proprio un nuovo modello». (f.sav.)
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