In Emilia-Romagna boom di dimissioni dal lavoro nei primi anni di vita dei figli

Romagna | 04 Aprile 2019 Mamma Mia!
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Barbara Gnisci - Boom di dimissioni, nel 2017, per i neogenitori dell’Emilia-Romagna. A commentare il fenomeno è Sonia Alvisi, consigliera di parità della provincia di Ravenna, che spiega come due anni fa i casi siano stati 4.219, contro i 3.609 del 2016.  È quanto emerge dalla relazione annuale sulle convalide delle dimissioni e risoluzioni delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri entro il terzo anno di età del figlio, redatto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
“Se la nostra legge sulla maternità è una delle migliori in Europa – spiega Alvisi -  dal momento che , in teoria, garantisce alla neomamma non solo la possibilità di prendersi un periodo di riposo prima del parto, ma di potersi godere il proprio figlio anche nei mesi successivi con uno stipendio pari al 100% per i primi tre mesi di vita del bambino e pari al 30% per quelli successivi, differente è la situazione quando la mamma torna al lavoro”. Il rientro sul posto di lavoro è per molte donne, infatti, fonte di stress: “Spesso si trovano a subire vessazioni e soprusi che rendono emotivamente e praticamente molto più complicato questo ritorno. Laddove non ci si trova davanti a situazioni di licenziamenti più o meno obbligati o di dimissioni entro i primi tre anni di vita, spesso sono gli atteggiamenti di mobbing a far da padrone: donne che tornano al lavoro e vengono spostate in posizioni meno competitive, altre che trovano la propria scrivania occupata da persone più giovani e o più disponibili a fare straordinari e orari più lunghi. Molte di queste donne, inoltre, sono costantemente accusate per la scelta familiare fatta”.
PADRI IN MINORANZA
Rimane, invece, contenuta la percentuale delle convalide relative ai lavoratori padri, pari, in Emilia-Romagna, a 1.347 casi. “Un neogenitore, specialmente una madre – continua Alvisi - si dimette per i pochi posti disponibili all’asilo nido (anche se nel 2017 c’è stato un miglioramento) e per i costi onerosi per accedervi ma anche per l’assenza dell’aiuto dei nonni che, a causa dell’aumento dell’età pensionabile”. Tutte ragioni che evidenziano un’inconciliabilità tra il lavoro e le esigenze di cura dei propri figli.
SCARSA CONCILIAZIONE
“La maggior parte dei datori di lavoro – aggiunge la consigliera – è convinta che il fatto di avere un figlio e, comunque, di essere madre rappresenti un handicap per l’azienda. In una società fortemente maschilista come la nostra, dove il lavoro del padre non viene mai o quasi mai messo in discussione e dove la legge sulla paternità sfiora il ridicolo, tutto questo ha un peso enorme sulle scelte che molte donne si trovano costrette a fare”. Un’altra spinta verso le dimissioni è rappresentata dalla poca disponibilità di molti datori di lavoro a concedere il part-time: “Sarebbe – commenta Alvisi – una soluzione per molte neomamme perché permetterebbe loro di continuare a dedicarsi alla propria professione e al contempo a prendersi cura dei figli”.
 
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