IL CASTORO | Marcello Coppa, a scuola di innovazione con le start up

Bianca Maria Giovannetti
Startup e innovazione. Se ne sente parlare spesso. A volte anche a sproposito. Per capire cosa sono e che ruolo possiamo avere rispetto ad esse, abbiamo intervistato Marcello Coppa. Trentasettenne, laureato in Scienze e tecnologie della comunicazione allo Iulm di Milano, dopo un’esperienza di studio alla London School of Economics e alla Peking University, ha conseguito un master in Economia e comunicazione. Nel 2010 ha fondato con un collega ed amico un’azienda di consulenza nell’ambito del digitale, la Coppa+Landini, focalizzata sull’innovazione design-driven. Cinque anni fa, la sua azienda è stata acquisita da Gellify ed ora Coppa è vice-direttore dell’area di consulenza sull’innovazione.
Se dovesse descrivere l’innovazione ai ragazzi del liceo, cosa direbbe?
«Innovare significa trovare nuove risposte e soluzioni alle necessità, bisogni e problemi degli esseri umani. L’innovazione si può ottenere attraverso un approccio sistematico, fatto di diverse fasi: esplorare e comprendere i bisogni da un lato, mappare le opportunità offerte dall’avanzamento tecnologico che avviene nelle università, nei centri di ricerca e nelle aziende dall’altro; ideare nuove possibili soluzioni che rispondano ai bisogni in modo creativo, grazie alla tecnologia e poi testare se quelle idee o possibili soluzioni sono interessanti per chi le dovrebbe usare, se sono fattibili dal punto di vista realizzativo e se i costi di produzione sono sostenibili, attraverso dei prototipi. Dopo queste fasi di innovazione, si passa poi ad ingegnerizzare una soluzione, per poterla immettere sul mercato. L’innovazione è diversa dalla scoperta fortuita, nel senso che può diventare tale, se si è in grado di dimostrare che una sua applicazione in un prodotto è fattibile e può incontrare l’interesse del mercato. È anche diversa dalla scienza, che è una modalità di acquisizione di conoscenza sul mondo basata sul metodo sperimentale, quello di Galileo. Questa conoscenza diventa innovazione se e quando compie lo stesso percorso precedentemente descritto. Un altro aspetto interessante dell’innovazione è che può riguardare il lancio di nuovi prodotti, ma anche di nuovi servizi o modalità nuove con cui fruirne. Netflix è un esempio di innovazione in quanto mette a disposizione un catalogo immenso di contenuti multimediali, attraverso una piattaforma di video streaming, pagando un abbonamento. Il tutto è molto innovativo rispetto a uscire di casa per noleggiare un dvd, come si faceva non molti anni fa. Quel mercato è completamente sparito. Questo ci fa capire anche come le imprese sono da un certo punto di vista costrette a innovare, per poter continuare a rimanere sul mercato».
Cos’è una startup e che caratteristiche deve avere?
«“Una startup è un’organizzazione temporanea in cerca di un business model ripetibile e scalabile”. Questa è la definizione che ne dà Steve Blank, professore e imprenditore della Silicon Valley. È piena di significati. Innanzi tutto una startup è un’organizzazione, cioè un team di persone che si mette insieme per raggiungere un obiettivo. È temporanea: prima o poi deve smettere di essere startup e diventare un’azienda a tutto tondo. Lo diventerà quando avrà trovato un modello di business, cioè un modo per produrre valore economico, che funziona davvero (è ripetibile) e che le permette di continuare a produrre valore economico anche quando cresce (è scalabile). In questo senso una nuova azienda che svolge un’attività tradizionale in modo tradizionale non dovrebbe essere considerata una startup, perché il suo modello di business è già noto e validato e il suo successo dipende ‘solo’ dalla capacità di eseguirlo. Anche un professionista che svolge un’attività in prima persona non è una startup e nemmeno un’impresa che non ha elementi di innovazione, che le permettono di crescere in modo scalabile».
Quali sono tre attitudini da coltivare per vivere con pienezza il nostro futuro?
«La prima è la curiosità, le risposte ai problemi più importanti dell’umanità non vengono mai da un solo settore di studi, dal fare le cose come si sono sempre fatte. I problemi complessi necessitano di risposte multi-disciplinari. Dalla contaminazione dei saperi nasce il progresso. La seconda è la consapevolezza, sapere cosa si sta facendo, che conseguenze può avere per noi e per gli altri e perché è importante. La terza è la resilienza, la capacità di resistere nel lungo periodo, a tutte le pressioni e gli ostacoli che si incontrano sulla propria strada; non si possono eliminare, ma si può imparare da essi».
Come possiamo diventare giovani innovatori?
«Scegliete il vostro percorso formativo negli ambiti che più vi interessano all’interno del processo di innovazione. Alcuni esempi sono le Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica), che vi permettono di lavorare sull’innovazione tecnologica, il design e il marketing, che vi permettono di comprendere i bisogni e tradurli in soluzioni, l’economia e il management, che vi danno le leve per gestire un’impresa. Non dimenticatevi di coltivare le vostre passioni e relazioni, circondatevi di persone interessanti».
Se potesse parlare con il «lei diciassettenne» che consiglio gli darebbe?
«Abbi pazienza, la vita è una maratona e si misura nel lungo periodo, quando si trova un equilibrio tra quello che fai, quello che sei bravo a fare e quello che ti piace fare».
Qual è una parola da tenere sempre in mente quando progettiamo il nostro futuro?
«Immaginazione, nulla è scritto e determinato nelle nostre vite. Oggi abbiamo la possibilità di immaginarci percorsi, professioni e mondi nuovi e di circondarci di competenze e risorse per realizzarli. Sono lì fuori, basta andarseli a prendere».