Giorgio e Andrea Erbacci ricordano il padre Mario, che con Alteo Dolcini e il cardinal Pio Laghi portò la Romagna nel mondo

Romagna | 14 Novembre 2024 Fata Storia
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Federico Savini
«A qualche mese dalla scomparsa di mio padre sto capendo tante cose su di lui, un vero fiume di emozioni in cui si mescolano dolore e meraviglia, per quello che mio padre ha fatto per la Romagna e le sue comunità, messe davvero in contatto con il resto del mondo, sempre con generosità e con nobili scopi». L’emozione è palpabile nelle parole di Giorgio Erbacci, titolare dell’omonimo gruppo specializzato in agenzie di viaggio e nel settore del Green Go Bus, che lo scorso 24 giugno ha perso il padre Mario, che a Faenza conoscono e ricordano ancora in tantissimi. E non soltanto per il lavoro che ha esercitato a lungo entrando in qualche modo a far parte dei ricordi di generazioni di faentini, ma anche per come è riuscito a mescolare «la passione per la Romagna, che ha avuto fin da piccolo - sono parole di Andrea Erbacci, fratello di Giorgio - con la sua professione, attraverso quelle che insieme ad Alteo Dolcini e al cardinale Pio Laghi diventarono le “Ambascerie romagnole” che hanno portato un ragazzo di campagna come Mario Erbacci letteralmente in tutto il mondo, a conoscere culture lontane e personalità di primo piano».
La storia che raccontiamo, peraltro a un anno esatto dalle celebrazioni dei cent’anni di Dolcini, ha quindi diversi protagonisti, personalità legate alla città di Faenza che per molti aspetti raccontano cosa fosse l’Italia migliore del secondo Novecento. «Quando penso a mio padre, Alteo Dolcini e il cardinal Laghi - racconta Giorgio Erbacci - non riesco a fare a meno di pensare all’Italia guareschiana di Don Camillo e Peppone. Era un mondo nel quale le ideologie erano certamente forti e identitarie, ma nello stesso tempo c’era un amore per la propria comunità che veniva prima di tutto. Di fronte alla passione per la Romagna la collaborazione era sempre massima e il bene comune lo si raggiungeva attraverso il confronto, non lo scontro. Questa è la grande lezione che mio padre mi ha lasciato. Solo di recente ne ho compreso la portata, anche recuperando immagini, racconti e riannodando i fili dei viaggi che fece in particolare fra gli anni ’70 e i ’90».
A proposito di riannodare i fili, la storia delle «Ambascerie romagnole» ha come premessa fondamentale l’amicizia d’infanzia tra Mario Erbacci e Pio Laghi, destinato a diventare cardinale. «Si conoscevano dall’infanzia – ricorda Andrea Erbacci - e pur avendo preso strade molto diverse la loro amicizia rimase solida. Mio padre cominciò come meccanico alla Fiat, sapeva ovviamente guidare ma il primo viaggio “vero” lo fece quasi per caso nel 1955, accompagnando Don Scolastico Berardi e un gruppo di persone della parrocchia di Errano in un viaggio organizzato in Europa, per il quale l’autista non era disponibile e venne chiesto di guidare a mio padre. Che si rese disponibile e scoprì una passione grandissima, che andava oltre la professione, come si sarebbe presto capito. Negli anni ’60 gestì il servizio di trasporto urbano, dopo Minardi, e quando il Comune rilevò il servizio, anziché fare il dipendente nel 1968 scelse di mettersi in proprio. L’agenzia viaggi nacque allora, con i primi autobus».
L’altro incontro fondamentale della vita «pubblica» di Mario Erbacci fu quello con Alteo Dolcini, e risale verosimilmente a pochi anno dopo il viaggio in Europa con Don Scolastico Berardi. Infatti, il forlivese Alteo Dolcini già nel 1956 divenne segretario comunale a Faenza, città in cui trasferì insieme al suo estro vulcanico. Riassumere una figura poliedrica e dagli interessi a dir poco sfaccettati come quella di Alteo Dolcini è impreso improba, ma per il momento è sufficiente ricordare che quel 35enne aveva già un’esperienza giornalistica alle spalle (nata tra l’altro durante la guerra, che lo vide combattere in Africa), mentre nel 1962 fondò il «Consorzio per la Tutela dei Vini Tipici Romagnoli per la denominazione d’origine», e da lì il passo che portò alla nascita del Tribunato di Romagna, della Società del Passatore e della rivista Mercuriale fu molto breve. E Mario Erbacci era sempre al suo fianco.
«Hanno condiviso tutte queste esperienze ed altre, come quella del Rotary – ricorda Giorgio Erbacci -. Basti dire che l’agenzia che mio padre aprì a Forlì si chiamava anch’essa Mercuriale. L’idea di promuovere la Romagna e la sua cultura attraverso il vino fu uno dei primi grandi risultati di una passione che mio padre prese davvero come una missione. Il fatto che ogni idea elaborata e realizzata con Dolcini avesse sempre una finalità comunitaria e nessun colore politico è una grande lezione. Per tanti io faticai a capirlo, mio padre non riusciva a passare tanto tempo con noi e per me oggi comprendere quale grande valore avessero i suoi impegni per la promozione della Romagna è importantissimo, mi restituisce in un certo senso il tempo che non ho passato con lui».
Le «Ambascerie romagnole», sono state un capitolo cruciale dell’impegno di Mario Erbacci e Alteo Dolcini per la Romagna e non soltanto. In anni intensi di impegni e progetti – basti dire che a Dolcini si devono, tra le altre cose, anche la creazione dell’Ente Ceramica, della Nott de Bisò e della 100 km del Passatore -, il lavoro di Mario Erbacci fu a dir poco determinante per organizzare viaggio che portarono ampie delegazioni di romagnoli (talvolta anche più di cento persone) in tante parte del mondo, dall’Unione Societica agli Stati Uniti, e poi Cina, Giappone, Israele, Brasile, Argentina, Inghilterra e altri Paesi ancora, arrivando ad incontrare personalità e capi di Stato.
«Questi viaggi avevano sicuramente una dimensione di “piacere” ma non parliamo di svago o banale divertimento - precisa Giorgio Erbacci -. A guidare mio padre, Dolcini e il cardinal Laghi era un sentimento profondo di generosità, molto spesso una vera e propria missione di Pace che li portava ad incontrare non soltanto i capi di Stato, come Ronald Reagan, ma anche le comunità di emigrati italiani e romagnoli residenti all’esterno. Parliamo di uomini che in gioventù hanno conosciuto la fama, hanno portato l’etica del sacrificio sul lavoro ma sono stati sempre molto generosi nei confronti della comunità, insegnando il valore del confronto tra i diversi a tutte le persone che hanno incontrato. In quei viaggi c’era il senso di ciò che dovrebbe essere la vita, un “benessere” nel senso più alto del termine. Mio padre non vedeva l’ora di partire per un nuovo viaggio perché quello dava senso compiuto alla sua vita. Il viaggio in Terra Santa, con la foto scattata a Gerusalemme nell’agosto del 1996 con tutte quelle persone racconta bene quale fosse lo spirito che li animava».
L’incontro con Ronald Reagan e quello progettato con Gorbačëv sono i più eclatanti di quell’irripetibile periodo. «Reagan non era più presidente da qualche mese - ricorda Andrea Erbacci - e per incontrarlo fu determinante l’aiuto del cardinal Laghi, che era Nunzio Apostolico negli Stati Uniti, quindi alla Casa Bianca era quasi uno di casa. Venne omaggiato con una capparella, simbolo del Tribunato di Romagna, e con una ceramica faentina, in rappresentanza della città di cui mio padre era così innamorato. L’idea di portare la mozione di Pace della Romagna a Reagan e Gorbačëv venne a Dolcini e a mio padre come ambasciatori della Pace, perché quei due storici presidenti avevano avviato il disgelo. Fu il culmine di quelle esperienze, che comunque sono andate avanti ancora per tanti anni, anzi mio padre è rimasto attivo in agenzia fino al 2006/07. Tornando a Gorbačëv, ero presente anch’io nel viaggio in Russia del 1990, che prevedeva tappe anche a San Pietroburgo. Purtroppo all’incontro fissato con Gorbačëv lui non poté presenziare, ma in compenso incontrammo la moglie Raissa, a cui consegnammo la ceramica di Faenza, e un ministro in carica».
«Sottolineerei che tutto questo accadeva nello stesso periodo della Caduta del Muro di Berlino, poco più tardi - aggiunge Giorgio Erbacci -, il che fa capire ancora meglio quanto fossero importanti questi incontri fra culture, nei quali nessuno pretende di insegnare o imporsi, semmai di capirsi. Il ruolo del Cardinale Pio Laghi era importantissimo, l’ho conosciuto e posso testimoniare che si trattava di una persona di enorme intelligenza e autorevolezza, l’ho visto affrontare situazioni difficili con una calma incredibile. Capiva le persone e le calmava. Quello che lui e mio padre mi hanno insegnato è che la sola guerra vinta è quella che non si fa, la ragione non sta mai tutta da una sola parte. Mi rendo conto solo adesso - conclude Giorgio Erbacci - di quanto manchino, oggi, personaggi del genere, che hanno girato il mondo con una missione di pace, ricevendo ovunque apprezzamenti e avviando relazioni interculturali in un’epoca in cui queste cose erano rare».
 
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Io ho conosciuto il Sig. Mario nel lontano 1966. Eravamo un gruppo di giovani di azione cattolica ed il signor Mario (da solo) ci accompagnò in un viaggio in Spagna (Barcellona Saragozza Madrid Toledo per poi andare a San Sebastiano sull'Atlantico, Lourdes ecc. Ecc) fu un viaggio di una decina di giorni, noi eravamo tutti dei ragazzi e Mario come lo chiamavamo era poco più grande di noi e durante le escursioni eravamo sempre assieme, non sembrava l'autista ma parte del gruppo. Un viaggio memorabile, pernottavamo nei monasteri di monache o frati, in ostelli e durante i lunghi tragitti improvvisavamo dei lunghi banchetti sull'argine di fossi e si mangiava magari carne che si era comprata (perché avevano portato delle griglie) oppure un giorno mi ricordo che mangiammo anche la "tardura" e Mario era sempre pronto a fare la sua parte. Fu un viaggio memorabile, avevo 20 anni, da allora ho viaggiato ancora, ma quello è stato e resterà il più bel viaggio che ho fatto con noi tutti giovani e il nostro eroe Mario, persona di un'umanita' e simpatia uniche.Ciao Mario ovunque tu sia rimarrai sempre un bel ricordo
Commenta news 17/11/2024 - Germana Casadio
Io ho conosciuto il Sig. Mario nel lontano 1966. Eravamo un gruppo di giovani di azione cattolica ed il signor Mario (da solo) ci accompagnò in un viaggio in Spagna (Barcellona Saragozza Madrid Toledo per poi andare a San Sebastiano sull'Atlantico, Lourdes ecc. Ecc) fu un viaggio di una decina di giorni, noi eravamo tutti dei ragazzi e Mario come lo chiamavamo era poco più grande di noi e durante le escursioni eravamo sempre assieme, non sembrava l'autista ma parte del gruppo. Un viaggio memorabile, pernottavamo nei monasteri di monache o frati, in ostelli e durante i lunghi tragitti improvvisavamo dei lunghi banchetti sull'argine di fossi e si mangiava magari carne che si era comprata (perché avevano portato delle griglie) oppure un giorno mi ricordo che mangiammo anche la "tardura" e Mario era sempre pronto a fare la sua parte. Fu un viaggio memorabile, avevo 20 anni, da allora ho viaggiato ancora, ma quello è stato e resterà il più bel viaggio che ho fatto con noi tutti giovani e il nostro eroe Mario, persona di un'umanita' e simpatia uniche.Ciao Mario ovunque tu sia rimarrai sempre un bel ricordo
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