Francisco Soriano, da Teheran a Ravenna: "Sentire i miei studenti applaudire, che emozione"
Barbara Gnisci
«L’insegnante di italiano è un mosaicista. Si comincia con la tessera “io sono” intorno alla quale, si costruisce come in un vortice, tutto il lessico». L’esperienza dell’insegnamento della lingua agli stranieri è forte e consolidata in Francisco Soriano, che ha vissuto 19 anni in Iran, dove è stato il dirigente scolastico della scuola di italiano dell’Ambasciata, a Teheran: «Sono stato costretto a rientrare in Italia nel 2009 - spiega Soriano, attualmente docente di lingua italiana per stranieri al Cpia di Ravenna - a seguito dei moti di rivolta dell’Onda Verde. Sono tornato portandomi dietro un bagaglio straordinario e indimenticabile. In Iran ho avuto un’intensa vita culturale e sociale. Si tratta di un Paese con una grande storia, di una lingua bellissima e di un popolo cosciente della propria forza intellettuale. Inoltre, in Iran, ho conosciuto mia moglie ed è nato mio figlio». Dopo alcuni anni vissuti a Roma, città in cui si dedica a corsi di italiano per gli stranieri attraverso una piattaforma telematica dell’Università Guglielmo Marconi, Soriano approda in Romagna: «Prima di diventare un docente del Cpia di Ravenna, ho insegnato sei anni alle scuole primarie fino a che si è presentata l’occasione di tornare a stretto contatto con gli studenti stranieri. Io nasco come insegnante L2 (lingua seconda) e nel corso delle mie esperienze professionali ho avuto modo di stabilire strategie pedagogiche e didattiche validi ed efficienti, provenienti non solo dall’esperienza sul campo, ma dalla numerosità di persone e di storie che ho incontrato nella mia vita». Un’utenza differente, rispetto agli studenti dell’Iran, quella degli immigrati ai quali insegna ora Soriano: «Qui mi trovo a insegnare a molti rifugiati e richiedenti asilo che devono assolutamente imparare la lingua italiana, perché non ci sono altre strade per l’integrazione. Ma anche gli studenti iraniani avevano necessità di conoscere l’italiano, perché per molti di loro, andare via dal proprio Paese, era l’unico modo per crearsi un futuro. In ogni caso penso che sia fondamentale trasmettere i propri modelli culturali, i propri principi, senza svalutare quelli degli altri. L’integrazione prende avvio dall’incontro tra diverse culture». Sono 60 gli alunni delle quattro classi dei corsi A1 e A2 che segue Soriano come docente. Sono studenti provenienti da Russia, Polonia, Ucraina, Inghilterra, Turchia, Algeria, Marocco, Senegal, Mali, Costa D’Avorio, Etiopia e Liberia: «Alcune settimane fa sono entrati in classe due nuovi studenti iraniani e io ho parlato loro in “farsi”, il persiano, una delle lingue madri nel loro Paese. I due ragazzi sono rimasti inizialmente sbigottiti, senza parole, poi ho visto crescere in loro una grande emozione. Si sono commossi». Capacità di non annoiare, comunicabilità, linguaggio corporeo semplice e informale sono gli ingredienti che dovrebbe possedere un insegnante secondo Soriano: «Noto sempre un grande rispetto e una forte gratitudine nei confronti dei docenti da parte degli studenti stranieri. Sono molto educati e hanno una considerazione quasi “sacra” di quanto gli stai trasmettendo. I primi giorni in classe, alla fine della lezione, molti di loro applaudivano per ringraziare. Questo credo sia un modo di dare maggiore responsabilità a un docente, perché è costretto a fare bene. Non puoi deluderli».