Faenza, coop Agrintesa, parla il dg Moretti: «Stagione 2023 segnata dall'alluvione, produzione in calo del 40%»
Giuseppe Vassura - Archiviata una annata agraria 2022 difficile causata dalla siccità, calamità (forse) senza rimedio dovuta al climate change, il comparto agricolo nazionale avrebbe avuto bisogno di una boccata d’ossigeno per far partire la stagione 2023 senza patemi. Così non è stato soprattutto in Romagna dove i danni da gelate primaverili e grandinate diffuse hanno fatto spazio a quelli di due eventi temporaleschi estremi di inizio e metà maggio che hanno scaricato, in un anomalo breve lasso di tempo, una impressionante quantità di pioggia dal crinale appenninico al litorale che ha alluvionato un territorio che va dalla provincia di Rimini a quella di Bologna colpendo centri abitati, zone artigianali ed industriali, coltivazioni erbacee ed arboree finanche allevamenti zootecnici, che sono stati sommersi dall’ acqua limacciosa, fango e detriti (anche tossici) provenienti dalle esondazioni/straripamenti di tutti i fiumi, torrenti e canali di scolo.
Con il direttore generale Cristian Moretti della cooperativa Agrintesa di Faenza, la realtà più importante in merito la produzione e la commercializzazione ortofrutticola e vitivinicola forte di 9.500 ettari a frutteto, 7.000 a vigneto e 4.000 aziende socie, i dipendenti stagionali sono 1.800 mentre dei circa 200 fissi sono 40 quelli con mansioni tecniche qualificate, facciamo il punto della situazione.
Direttore Moretti, per Agrintesa cos’ha comportato l’alluvione e come siete ripartiti?
«L’alluvione ha comportato rilevanti danni solo in alcuni dei nostri stabilimenti e cantine. I principali centri di lavorazione e vinificazione come Faenza, Castel Bolognese, Bagnacavallo sono rimasti indenni dall’alluvione e quindi non hanno riportato danni e l’attività non è stata compromessa. Molto più critica invece la situazione per gli stabilimenti di Mordano, S. Agata sul Santerno e Conselice dove i danni sono stati ingenti. Nel caso di Conselice è stata compromessa l’intera struttura impiantistica. Sono andate perse anche ingenti quantità di imballi che erano stoccati presso i centri alluvionati, compromesse le linee di lavorazione e carrelli elevatori in uso».
I soci in azienda, grazie al supporto dei tecnici Agrintesa, sono riusciti a «riprendere» le pratiche colturali atte e garantire la produzione?
«I soci della cooperativa e in special modo quelli che conducono le proprie aziende nei pressi dei fiumi esondanti o nelle aree alluvionate sono coloro che hanno subito e riportato i maggiori danni. Danni ingenti sotto vari aspetti che in molti casi hanno compromesso gli impianti frutticoli e viticoli con conseguenti perdite produttive non solo nell’annata in corso ma anche per gli anni a venire. Le situazioni che i soci alluvionati si sono trovati ad affrontare durante l’evento e poi a gestire in questi mesi sono state impegnative, difficoltose e drammatiche sia in termini di costi che in termini di sforzi ed energie investite per la messa in sicurezza delle proprie aziende sia per limitare i pesanti danni subiti. A causa dell’evento alluvionale e delle gelate tardive la produzione frutticola dell’areale romagnolo è gravemente compromessa e si accomuna molto alle già difficili e ridotte stagioni 2020 e 2021. Prevediamo un calo produttivo nell’ordine del 40% solo per il 2023; rimangono ancora da quantificare esattamente le superfici perse completamente che quindi non produrranno più in futuro se non nuovamente piantate con nuovi frutteti. Agrintesa sta cercando anche attraverso il supporto dei propri agronomi di indirizzare al meglio i soci nelle scelte da mettere in campo a salvaguardia della produzione rimasta e soprattutto degli impianti che hanno subito l’invasione di acqua e fango. Altre azioni interne alla cooperativa, di supporto ai soci, sono già state definite e altre ne seguiranno durante i prossimi mesi».
Il neo commissario generale Figliuolo finora ha «ascoltato», ma d’ora in poi bisognerà fare presto e bene.
«Sin dai primi giorni abbiamo cercato d’informare le istituzioni, le autorità ai vari livelli e la politica della gravità dell’evento e della necessità di sostenere l’intera nostra filiera con un occhio di riguardo ai produttori che sono alla base della filiera stessa e di quella che è stata correttamente chiamata Fruit Valley. Servono risorse concrete e piani a copertura dei danni subiti, servono risorse per la ricostruzione di quanto perso e permettere agli agricoltori di ripartire con nuovi impianti. Servono risorse a sostegno dell’intera filiera per non comprometterne la continuità nel tempo soprattutto in questi anni di ammanchi produttivi. I confronti ad oggi non sono mancati ma risposte concrete e certezze sui tempi di riconoscimento dei danni ancora non ne sono arrivate. Questo crea ulteriore incertezza e difficoltà in un comparto che è colonna portante dell’economia della Romagna, comparto che ha già pesantemente pagato gli effetti di questa calamità e non può permettersi di ricostruirsi con le sue sole risorse o attendere troppo a lungo».