Fabiola: «Ho seppellito in giardino la placenta di mia figlia»

Espulsa la placenta, questa viene lavata, messa sotto sale e inserita in una federa. Resterà legata al bambino, fino a quando il cordone ombelicale non si reciderà da solo. Questa è la procedura che ha scelto di seguire Fabiola Collini, 36 anni, di Russi, che nel 2015 ha partorito Nora, mediante la pratica del lotus birth, all’ospedale di Ravenna: «Avevo escluso a prescindere un percorso epidurale perché non volevo lasciare mia figlia sola in quel dolore e avrei voluto partorire in acqua, ma la vasca non era disponibile e al quarto cambio turno, poiché Nora tardava ad arrivare, in accordo con l’ostetrica, abbiamo fatto domanda per il lotus». Per dieci giorni la bambina è stata attaccata alla placenta che l’aveva nutrita e protetta nel ventre materno: «Sapevo che avrei potuto tagliarla in qualsiasi momento, ma non ce n’è stato bisogno. La placenta non è stata affatto un problema, forse una remora in più per coloro che volevano prendere in braccio Nora. Alcuni mi hanno definito una visionaria, ma io volevo che tutto il sangue con le cellule staminali confluisse nella mia bambina attraverso il cordone. In Oriente, quando si stacca, fanno un funerale alla placenta e quando il bambino sta male, lo mettono vicino alla sua origine. In altri paesi la mangiano. Noi l’abbiamo solo seppellita in giardino».