Da Ravenna al Sud del mondo: le storie di Eleonora, Marta e Valentina

Romagna | 31 Gennaio 2020 Mappamondo
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Barbara Gnisci
Quando Emmanuel rivede Valentina, dopo averla abbracciata, le fa vedere la macchinina che lei gli aveva regalato un anno prima. Angel, invece, le fa subito fare un gioco che le aveva insegnato durante la sua prima esperienza. Emmanuel e Angel sono bambini dell’orfanotrofio di Lyconi, un piccolo paese della contea di Mombasa dove Valentina Chellini, 27enne di Lugo, si è recata come volontaria per due anni consecutivi: «Lavoro alla Pubblica assistenza come autista di ambulanza e nell’ottobre del 2018 sono stata ferma per un paio di mesi. Volevo fare una vacanza, ma poi, curiosando su Internet, ho conosciuto l’associazione italiana “Orphan’s Dream”, e ho deciso di partire come volontaria». Valentina trascorre tre settimane insieme ad altri volontari, al fondatore dell’associazione, a un paio di aiutanti del luogo e ai piccoli ospiti dell’orfanotrofio: «Ci sono una ventina di bambini e ragazzi da 0 ai 19 anni. Mi ha stupito molto il loro modo di stare tutti insieme e di condividere qualsiasi gioco, grandi e piccini. La mattina, dopo aver spazzato il cortile, aver svolto qualche mansione quotidiana e aver fatto colazione, li aiutavamo a studiare. Lì la scuola va da ottobre a maggio. Nel pomeriggio, li portavamo al mare oppure giocavamo a ruba bandiera, a calcio o a un-due-tre-stella». Valentina si trova in Kenya quando viene rapita Silvia Romano: «Il giorno in cui Silvia fu rapita, i miei si spaventarono molto, perché al telegiornale parlarono di una volontaria italiana. Io avevo il telefono rotto e me lo feci prestare per rassicurarli. Non so bene in quale zona si trovasse lei. A Lyconi io mi sentivo al sicuro ma non mi sono mai spostata da sola. Un paio di volte sono andata a fare la spesa a Mombasa, ma sempre accompagnata». Finita l’esperienza, Valentina parte nuovamente per il Kenya nel novembre successivo: «A Lyconi sono voluta tornare perché ci avevo lasciato il cuore. Questi bambini non hanno niente ma sono lo stesso felici. Per loro stare in un orfanotrofio è una cosa molto comune. Anzi, in questo caso specifico, si tratta di un privilegio, perché l’istruzione e i pasti non sempre sono garantiti per chi è fuori dall’istituto. Tutti i bimbi sono molto sereni. Anzi esprimono una gran gioia di vivere».

«VOGLIO TORNARE»
«A stento trattengo le lacrime il primo giorno di un workshop di cucina, quando una giovane madre siriana che non parla inglese né turco, usa Google traduttore per implorarmi di aiutarla ad arrivare in Europa». A parlare è Marta Rossi, trentunenne ravennate, che ha vissuto un’esperienza di volontariato con i rifugiati siriani a Gaziantep, in Turchia, nei mesi di novembre e dicembre dello scorso anno: «Ho risposto a una “call last second” dell’associazione bolognese “Scambieuropei”, che si occupa di progetti che permettono ai giovani tra i 18 e 30 anni di svolgere un periodo di volontariato all’estero, della durata di 2/12 mesi. La pubblicazione della call è stata proprio a ridosso del mio trentunesimo compleanno. Mi sono detta: ora o mai più». La partenza di Marta è talmente immediata da creare qualche perplessità nei suoi familiari: «Soprattutto per via della recente offensiva turca in Siria, dal cui confine Gaziantep dista solo una sessantina di chilometri, mia mamma e mio papà si sono inizialmente preoccupati». A Gaziantep, Marta insegna inglese ai bambini e alle donne, organizza attività ludiche e ricreative nei reparti di oncologia e nei centri giovanili che accolgono rifugiati e ragazzi svantaggiati: «Mi sono trovata in una città dai forti contrasti, la cui popolazione è passata da 2 a 3 milioni di abitanti in pochi anni, in seguito alle migrazioni di afghani, curdi e siriani». L’esperienza in Siria per Marta è molto forte e intensa: «Sono stati tanti i momenti in cui mi sono sentita sopraffatta da un’avvilente sensazione di impotenza. Poi, però, quando vedevo uno studente passare da una condizione di totale analfabetismo alla scrittura dei suoi primi vocaboli, mi rendevo conto che stavo facendo qualcosa di utile». Marta, ora, vorrebbe ritornare a Gaziantep: «Ho saputo che la prima scuola internazionale per bambini profughi al mondo di Nicolò Govoni e dei ragazzi di “Still I Rise” aprirà proprio lì. Credo che questo sia un buon motivo per ritornarci».

UN’OSTETRICA AD ADDIS ABEBA
Ha in mente di fare l’ostetrica volontaria Eleonora Pirazzini (nella foto), 25 anni, di Lugo, quando decide di partire per l’Etiopia mediante l’associazione «Mam beyond borders» nel novembre 2019. Poco più di due settimane trascorse in una missione di suore cattoliche di una congrega italiana a Getche, a 170 chilometri da Addis Abeba: «All’interno della missione c’è una clinica con ambulatori per primi soccorsi, una sala parto e una scuola. Io aiutavo dove c’era più bisogno. Gli ambulatori sono frequentati soprattutto nei giorni di mercato, quando la gente si sposta di più dalle proprie case. La sala parto invece, molto bella per le caratteristiche del paese, è frequentata soprattutto da donne che vengono lì perché l’associazione dona loro un kit nascita che include un cambio e dei pannolini lavabili per i bambini e un asciugamano e una saponetta per la loro igiene personale». Un’esperienza vissuta accanto alle ostetriche etiopi: «Sono professioniste ben formate, che si trovano in sala parto, a far nascere i bambini completamente sole. Proprio per questo motivo tendono a essere interventiste e a medicalizzare il parto. Vogliono tenere tutto sotto controllo per limitare i rischi». Iscrittasi nuovamente all’università, Eleonora studia Cooperazione e sviluppo internazionale: «Sono tornata più consapevole sia rispetto a ciò che vorrei fare, cioè svolgere la mia professione di ostetrica in altri contesti del genere, sia rispetto alle culture straniere. Mi sono resa conto che dietro qualsiasi abitudine e modo di fare c’è sempre una ragione che va letta all’interno del contesto di appartenenza».
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BRAVISSIME TUTTE .Anch'io ho fatto molto volontariato in diversi Paesi del mondo,ma sempre attenta a non rischiare di essere rapita, perchè a pagare sarebbero stati GLI ITALIANI.
Commenta news 02/03/2020 - Cigno Giallo
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