Cellulari in classe, le scuole in imbarazzo, fra permessi e controlli

Romagna | 07 Ottobre 2018 Cronaca
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Silvia Manzani - A Piacenza, 240 chilometri da Ravenna, esiste il primo liceo «phone free» d’Italia: è il San Benedetto, dove all’entrata a scuola i cellulari dei ragazzi vengono messi in una tasca speciale chiamata Yondr, che scherma i dispositivi fino a quando i prof, a fine lezione, li sbloccano. Ma come si comportano le scuole della provincia di Ravenna? Ognuna come può e come vuole, si direbbe: «La gestione della questione ricade nell’autonomia scolastica – spiega Agostina Melucci, dirigente dell’Ufficio scolastico provinciale -. Norme specifiche non ne esistono e non credo nemmeno siano così necessarie. Il discorso è di tipo culturale e pedagogico ed è giusto che ogni scuola, in base al proprio contesto e alla propria utenza, decida come meglio fare».
 
ITIP BUCCI DI FAENZA: «LINEA DURA»
Gabriella Gardini è la preside dell’Itip Bucci di Faenza, dove il regolamento vieta di usare telefoni e altre apparecchiature elettroniche durante le attività didattiche: «In caso contrario, il cellulare viene ritirato e messo nella cassaforte della scuola. A fine giornata, viene dato ai genitori se l’alunno è minorenne o al ragazzo se ha già 18 anni». In casi specifici, invece, ne viene autorizzato l’uso anche a lezione: «Anni fa, per esempio, durante l’ora di informatica le prime hanno lavorato su alcune App e l’uso dei cellulari era ovviamente consentito». Per il momento, di problemi particolari non ce ne sono stati: «Ma le reazioni sono le più disparate. Tempo fa, quando lavoravo in una scuola, dopo il ritiro del cellulare a una ragazza, lei si piantò in presidenza perché diceva che doveva presidiarlo. I genitori, dal canto loro, capita che dopo il ‘sequestro’ ci chiedano di tenere i telefoni a scuola anche per una settimana, per punire i figli. Insomma, non è un tema facile. Noi siamo fermi, certo, ma anche consapevoli che ci possono essere insegnanti più indulgenti, così come alunni che hanno il doppio telefono: quello che può essere ritirato e quello di scorta. Dare loro la caccia, in fin dei conti, non può essere una soluzione definitiva».
 
LICEO ORIANI DI RAVENNA: «LIBERI A RICREAZIONE»
Gianluca Dradi è il dirigente scolastico del liceo scientifico Oriani di Ravenna ma è anche reggente al Morigia e al Perdisa: «Al liceo il regolamento consente l’uso dei device personali durante attività didattiche specifiche legate all’informatica e all’utilizzo di Internet. In ogni caso, però, non ritiriamo i telefoni all’ingresso a scuola e i ragazzi sono liberi di utilizzarli durante l’intervallo. Ciò non toglie che se vengono usati durante le altre lezioni o i compiti in classe, scattano note sul registro o voti più bassi. Ci sono prof che, per evitarlo, li fanno mettere sulla cattedra». Situazione leggermente diversa nelle altre due scuole, dove si parte dal presupposto che, salvo in casi specifici, gli smartphone sono vietati: «In genere – spiega Dradi – vengono ritirati la mattina e restituiti dopo l’ultima campanella. Cerchiamo di far rispettare queste norme alla lettera soprattutto nel biennio. Dopo, tendiamo a essere un po’ più morbidi».
 
MEDIE DI LUGO: «IN GITA SENZA TELEFONO»
Simile il caso dell’Istituto paritario San Giuseppe di Lugo, che comprende anche la scuola media. La dirigente, suor Marisa «Giancarla» Dal Borgo, negli ultimi anni ha visto sempre più ragazzi dotati di smartphone a 11-12 anni: «Abbiamo scelto di educare i nostri alunni a un uso corretto di questi strumenti, vietandoli al contempo durante le ore di lezione. Quando li vedo arrivare la mattina, fanno spesso uno squillo ai genitori per avvisarli di essere arrivati a scuola. Poi spengono i telefoni e li mettono via. Gli insegnanti sono autorizzati a ritirarli nel caso i ragazzi li usino e a darli a me, che poi li consegno alle famiglie. Anche in gita abbiamo scelto di non ammetterli: ed è bello vedere come gli studenti, invece che stare con la testa china sugli schermi, passino il tempo a socializzare».

Il parere di alcuni genitori
Vari i modi dei genitori di comportarsi. «Federico, sebbene possieda un telefonino – dice Francesca, di Ravenna – a scuola non lo porta perché lo accompagniamo e lo riprendiamo noi ogni volta. In ogni caso non lo utilizzerebbe, i suoi compagni di terza media lo lasciano in una scatola appena entrano e lo riprendono solo all’uscita». Manuela invece lo porta con sé la mattina quando esce di casa: «Mi sento più tranquilla così – riferisce Giovanna, sua madre, di Alfonsine -. Lei va e torna a casa da sola ma a casa lo utilizza pochissimo». E c’è invece chi non vede nel telefono nessun rischio per il proprio figlio: «Ada che fa la prima media – racconta la madre, Diana, faentina- e ha il cellulare dall’estate scorsa. Il cellulare è il gioco delle nuove generazioni».
 

 
 
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