Alfonsine, omicidio Minguzzi: assolti tutti e tre gli imputati
Il 22 giugno, dopo una breve camera di consiglio ha assolto con formula piena due ex carabinieri Orazio Tasca, e Angelo Del Dotto, 57, ed Alfredo Tarroni finiti alla sbarra con l'accusa di aver ucciso il carabiniere di leva 21enne Pier Paolo Minguzzi sequestrato il 21 aprile 1987 e il cui corpo era stato ritrovato nel Po di Volano il 1 maggio. Il pm Marilù Gattelli aveva chiesto l'ergastolo per tutti e tre.
Pier Paolo Minguzzi era studente universitario e carabiniere di leva alla caserma di Mesola, quando venne sequestrato mentre stava rincasando e probabilmente ucciso quasi subito e gettato nel Po di Volano legato ad una grata. Il giorno successivo la sua auto venne trovata aperta con le chiavi nel cruscotto, parcheggiata in centro ad Alfonsine, ma la Scientifica non isolò impronte diverse da quelle del 21enne, poi quella sera la famiglia venne contattata da un rapitore con accento siciliano che chiese 300 milioni di riscatto. Seguirono altre telefonate, ma i sequestratori non poterono fornire la prova dello stato di salute di Pier Paolo perchè, molto probabilmente, era già morto, dunque non si arrivò ad un accordo. Il corpo del giovane venne trovato in acqua la mattina del 1 maggio vicino a Codigoro: le mani legate dietro alla schiena ed incaprettato alla grata. L’autopsia rivelò che la morte era avvenuta per soffocamento. Le indagini andarono avanti per mesi senza arrivare ad una svolta decisiva. A luglio vennero arrestati due carabinieri di Alfonsine, di cui uno originario di Gela ed un idraulico, autori del sequestro dell’imprenditore Roberto Contarini avvenuto qualche mese dopo il ritrovamento di Minguzzi, ma non poterono essere collegati all’omicidio di Pier Paolo, quindi l’indagine venne archiviata nel ’96. Secondol'ex procuratore capo di Ravenna, Alessandro Mancini che, nel 2018, aveva riaperto il cold case sperando di riuscire ad arrivare alla verità grazie alle nuove tecniche investigative, c’era un collegamento tra le due estorsioni e non era ipotizzabile che ad Alfonsine, nello stesso periodo, operassero ben due gruppi criminali «specializzati» nei sequestri. Inoltre era stato chiarito che i tre indagati si conoscevano. La famiglia del giovane, in 35 anni non aveva mai smesso di cercare la verità, chiedendosi se la morte di Pier Paolo fosse da attribuire ad un sequestro per avere un riscatto, organizzato male oppure ad un’esecuzione per qualcosa che poteva aver visto durante gli appostamenti che faceva come carabiniere di leva.