Federica Ferruzzi - Dallo scorso giugno Andrea Morelli ha raccolto il testimone della dottoressa Maria Pazzaglia diventando il nuovo direttore facente funzione del pronto soccorso e medicina d'urgenza dell'ospedale di Ravenna. Un battesimo di fuoco, visto che ha coinciso con il periodo più caldo dell'anno non solo dal punto di vista meteorologico.
Morelli, come è andata l'estate?
«E' stata un'estate classica, sulla traccia di quelle passate sia dal punto di vista del pronto soccorso che da quello generale. Per quanto riguarda le emergenze, la tipologia degli interventi ricalca gli anni passati, con numeri simili ma lievemente in aumento. Ogni anno il trend di accesso sposta l'asticella sempre più verso l'alto, anche se di poco, ma a fronte di questo dato viene garantita una stabilità delle performance».
Di quali numeri parliamo?
«Per il solo periodo estivo, dal primo giugno al 2 settembre, siamo sull'ordine degli oltre 29mila accessi. In tre mesi si sono quasi toccate le cifre dei primi cinque, da gennaio a maggio, ma le forze sono rimaste le stesse, se si esclude un piccolo incremento di personale che ci è stato accordato solo per l'estate. In pratica abbiamo registrato un +42% rispetto al numero di accessi totali da gennaio ad oggi, anche se come quantità di ricoveri rimaniamo sempre sotto la media regionale, con una soglia inferiore al 13%. Questo significa che le persone, nella maggior parte dei casi, vengono trattate e dimesse».
Quali sono le patologie più diffuse?
«Le patologie più diffuse, che toccano quota 20%, sono i traumi degli arti dovuti ad infortuni sul lavoro, incidenti domestici e stradali, a cui si sommano, ma in numero meno significativo, traumi cranici e vertebrali. Seguono le patologie oftalmiche, ma in questo caso una volta visitato il paziente lo si indirizza al pronto soccorso oculistico. In terza posizione abbiamo i dolori addominali non traumatici: in estate, tra bevute, cene, virus e raffreddamenti improvvisi sono problematiche che si fanno sentire. Seguono infine, ma più trascurabili, i dolori lombari. L'andamento rispecchia una certa stabilità, ma il punto è che in estate abbiamo un'enormità di pazienti in trattamento, è capitato che ne avessimo anche 140 contemporaneamente in fase di valutazione».
Una cifra a dir poco alta...
«Come in tutto il mondo, il pronto soccorso viene visto come l'unico luogo in cui una risposta viene sempre e comunque data. Quando si ha bisogno di una risposta dove si va? Dove te la danno, e qui cerchiamo di darle. Tutto questo, però, è figlio del fatto che manchi una vera e propria educazione sanitaria, una carenza del nostro sistema di istruzione. Sarebbe una materia da imporre agli studenti dal nido alla quinta liceo, ogni anno contribuirebbe a far crescere la consapevolezza eliminando punte di ansia che portano i pazienti a rivolgere richieste assurde. E si spenderebbe poco, molti medici, magari in pensione, andrebbero volentieri nelle scuole ad insegnare la loro esperienza».
Quanti sono i medici in pronto soccorso?
«Numericamente in estate riceviamo potenziamenti con giovani colleghi che però vanno anche seguiti. Quest'estate eravamo cinque medici di cui due su codici minori (fondamentalmente svolgono attività ambulatoriale), e tre su patologie di emergenza. Durante la notte si riducono a tre e la popolazione è la stessa. Va da sé che, se si viene qui per avere risposte, bisognerà iniziare ad investire. L'incremento di forza lavoro fa solo bene, ma va inserito in un discorso generale, la carenza c'è ovunque, in ogni tipo di ambito sanitario. L'emergenza è la più bella, ti permette di avere un occhio su ogni tipo di patologia, ma è anche la più disagevole e per questo viene scelta meno facilmente da giovani colleghi. E' una strada bellissima ma che chiede tantissimo».