Ravenna, Caporalato/2, Alassane: "Quando ci dissero di essere al primo giorno di lavoro"
Seck Alassane è il portavoce del coordinamento immigrati Flai Cgil di Ravenna e fa parte del gruppo che periodicamente si reca nelle campagne ravennati per informare i lavoratori sui loro diritti. Prima di diventare portavoce ha sperimentato sulla propria pelle le difficoltà che possono subentrare nei rapporti di lavoro e la prima volta che si rivolse alla Cgil fu per ottenere supporto relativamente alla propria situazione. «Da allora – spiega – ho deciso di rimanere all’interno del sindacato e di battermi per chi ha meno diritti. Sono sempre stato armato dalla volontà di fare e di ottenere giustizia per chi si trova in difficoltà e chi è più debole». E proprio dall’ascolto di chi arrivava raccontando la propria situazione è nata l’idea del progetto «In campo», per verificare da vicino le situazioni vissute da questi lavoratori. «All’inizio ci sono state molte esperienze negative, in molti casi l’accoglienza non è stata rosea. Abbiamo trovato persone sgarbate, ma anche imprenditori disposti a dialogare e a farci parlare con i braccianti. Alcuni applicano il contratto collettivo nazionale, mentre altri nascondono irregolarità». Tra i vari aneddoti, il portavoce del coordinamento riporta quello relativo ad un piccolo imprenditore locale, «che inizialmente ci prese a male parole. Per lui lavorava un gruppo di pakistani che dicevano di essere al primo giorno di lavoro, ma sembravano essere stati programmati come un computer. Alla fine, con molta calma, siamo almeno riusciti ad instaurare un dialogo. Abbiamo lottato per la legge 199 del 2016 ma se siamo arrivati al 2019 e si parla ancora di caporalato vuol dire che qualcosa non va». «Perchè - conclude Alassane - se uno sta male e il medico gli prescrive una medicina, per guarire deve prenderla, non pronunciarne il nome. Noi lo abbiamo capito e abbiamo messo in campo il progetto proprio per combattere il fenomeno». (fe.fe.)