Pupi Avati svela il progetto di un film su Dante, ma visto da Boccaccio

Ravenna | 16 Marzo 2019 Cultura
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Elena Nencini
Ha cominciato lavorando con Pierpaolo Pasolini alla sceneggiatura di Salò o le 120 giornate di Sodoma, nella sua carriera spazia dall’horror con film cult come La casa dalle finestre che ridono a opere drammatiche come Il papà di Giovanna (David di Donatello 2009), Pupi Avati, bolognese, classe 1938, ha un progetto nella testa dedicato a Dante. Per questo motivo ha incontrato il sindaco Michele De Pascale che ha dichiarato il suo sostegno e quello dell’intera città nel percorso per la concreta realizzazione dell’opera.
Pupi Avati ci racconta il mistero di Dante e di chi vede nei panni di Boccaccio.
Quando è nata l’idea di un film su Dante?
«Nel 2000, 19 anni fa, quando scoprii questo Trattatello in laude di Dante: dopo quasi trent’anni dalla morte di Dante, Boccaccio si reca a Ravenna per portare alla figlia del poeta (monaca in un convento della città romagnola) 10 fiorini d’oro, come risarcimento da parte della città di Firenze alla memoria del padre. E’ l’occasione per l’autore del Decamerone di tracciare la prima biografia di Dante. Mi scatenò tutte le curiosità possibili; da allora ho cominciato a raccogliere, collezionare libri, articoli riguardanti la dantistica. Questo pretesto narrativo di raccontare Dante attraverso la ricerca di un suo “fan” - Boccaccio era cresciuto nel mito del Sommo Poeta -, mi è sembrato incredibile».
Che impostazione darebbe al film?
«Una ricerca, come se fosse un’indagine incentrata sulla serie di misteri che accompagnano la vita di Dante. Il più clamoroso è che 13 canti del Paradiso sono stati scoperti dopo 8 mesi dai figli. È un aspetto che Boccaccio risolve con un escamotage un po’ favolistico: il figlio Jacopo sogna il padre che gli dice dove sono nascosti. Noi sappiamo che quegli ultimi canti, erano problematici per l’ostilità della Chiesa, che aveva già manifestato opposizione verso il De Monarchia. Dante voleva separare il potere temporale da quello spirituale e riportare il papato a Roma da Avignone. Nel 1966 ad Arezzo fu fatto un processo - tra gli avvocati della difesa c’era anche Giovanni Leone - per valutare la condanna all’esilio di Dante per baratteria. Pare infatti che Dante,  quando era priore, favorì se stesso e alcuni amici, e insomma le motivazioni dell’accusa stanno in piedi. È un personaggio che ha molte ombre, i dantisti più moderni vedono anche delle opacità. Era un essere umano. Non voglio fare un film agiografico. Voglio che Boccaccio ne scopra tutti gli aspetti. La parte che ha a che fare con il sacro, perché Dante è stato visitato dalla sacralità della poesia, è ineffabile. Non mi sento autorizzato a parlarne. Dante non lo vedremo nel film, il protagonista è Boccaccio perchè si rischia di fare un clone di Dante alla Crozza. Sarebbe imbarazzante. Dante è soltanto citato, evocato, ma non c’è nessuno più presente dell’assente. Rosi fece un film meraviglioso sul brigante Salvatore Giuliano, ma lui non c’era. Si vede solo alla fine un’immagine in cui lui è morto, a faccia in giù».
Quali luoghi ama di Ravenna e dove le piacerebbe girare?
«In Emilia Romagna ci sono due città che mi affascinano e hanno mantenuto la loro sacralità. Sono città fuori sincrono, un po’ anacronistiche. A Ravenna, come a Ferrara, c’è un tempo diverso. Mantengono un loro calendario, si respira un tempo più ampio, più grande. Il passato permane in altre città dell’Emilia, ma sono proiettate verso un futuro scellerato. Il tempo è presente, ma simultaneamente a quello che è avvenuto nel passato. È la Romagna rispetto all’Emilia che ha questa prerogativa. Glielo dice con rimpianto chi è emiliano e voleva essere romagnolo. A Ravenna Dante ha visto i mosaici, avrà indugiato in quella pineta magica, il Paradiso è stato scritto lì. Forse a Reggio Emilia non avrebbe potuto comporre il Paradiso».
Quale attore potrebbe impersonare Boccaccio?
«E’ un ruolo che mi piacerebbe offrire ad Al Pacino per due ragioni: perché è di origini italiane e so essere una persona colta. Non si può proporre Dante Alighieri a un attore americano legato alla cultura del presente. Pacino potrebbe essere la giusta mediazione per rendere il progetto internazionale, Dante è il personaggio più conosciuto in tutto il mondo. È un peccato non tentare: sarebbe bello che il progetto partisse proprio da Ravenna, avesse una sua casa a Ravenna e da li si diramasse in altre aree. Del resto, dove si nasce e si muore sono i posti dove siamo più presenti».
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