Il Comune investe sulla cultura e su «?War is over» 750mila euro

Ravenna | 11 Luglio 2018 Cultura
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Saranno 60 gli artisti presenti in mostra al Museo d'arte della città di Ravenna con «?War is over» dal  6 ottobre al 13 gennaio, con nomi che vanno da De Chirico a Rubens, da Marina Abramovic alle installazioni di Studio Azzurro. Come sottolinea l'assessore alla cultura Elsa Signorino «il Comune torna a investire, come un tempo, sul Museo. Nel 2019 saranno molte  le sorprese». 
Una mostra che si muoverà su più piani, con significati a diversi livelli, sottolineati dai rimandi letterari, come Eco, Primo Levi, Eraclito, Machiavelli, per affermare che la guerra non è mai finita,  e che la guerar non è il contario della pace,ma il dialogo, il conflitto dominato, la dialettica.
Abbinati alla mostra una serie di conferenze con personaggi come Gad Lerner, Arrigo Sacchi, Alessandro Barbero che daranno spunti per ulteriori riflessioni sul tema. Ma interveranno anche personalità del mondo economico, culturale, sociale della città che regaleranno una serata ad hoc dedicata ad un'opera.

Le scelte curatoriali di Angela Tecce e il punto di vista filosofico e letterario di Maurizio Tarantino si completano con l'intervento di Studio Azzurro: quattro installazioni creano un continuum, un legame tra i diversi piani e livelli su cui si distribuisce la mostra e integra le opere con le sue classiche suggestioni audiovisive e interattive. La scala, in cui suoni e immagini accompagnano la salita del visitatore, e le sue domande. La sala d'ingresso, dove, attraverso una feritoia, ci si cala nei miti e nelle tragiche realtà della prima guerra mondiale. Il corridoio del primo piano, dove i calchi di cavalli e cavalieri del Partenone della gipsoteca del MAR si rianimano al passaggio del visitatore evocando tematiche dantesche. E infine la rilettura e ricontestualizzazione del monumento simbolo delle collezioni del MAR, la struggente lastra funeraria di Guidarello Guidarelli, recentemente restaurata e riallestita.
L’ordinamento dell’esposizione procede per assonanze, contrasti, armonie e disarmonie. La decisione di non seguire un criterio cronologico deriva dalla volontà di rispettare il qui e ora che non solo presiede alla realizzazione di un’opera d’arte, ma che è il portato inevitabile del suo essere storia e del suo destino. Ed è proprio per sottolineare la contemporaneità assoluta di ogni opera – tanto più in un tema sempre presente come quello della guerra – che ognuna di esse è stata scelta in modo da farne risuonare le motivazioni più profonde e poetiche, attraverso il confronto con altre opere, portatrici di sensibilità differenti se non opposte.
Il fulcro della mostra è costituito da un nucleo di artisti “storici” che hanno declinato le tematiche della guerra in modi diversi e financo opposti, dalla propaganda bellico-futurista di Marinetti a De Chirico che con I gladiatori, 1922, rilegge la violenza della guerra mondiale con il filtro di una classicità depurata ed eterna. Picasso con l’opera in mostra, Jeux des pages, 1951, torna a una riflessione sui disastri della guerra iniziata nel 1937 con Guernica e che si concluderà con le due grandi composizioni del 1952 intitolate La Guerre e La Paix. I nostri due più grandi artisti del secondo Novecento, Lucio Fontana e Alberto Burri, esprimono con sensibilità diversissime la lacerazione che i danni del secondo conflitto hanno provocato prima di tutto nelle coscienze, cui si unisce la voce sonora e indignata di Renato Guttuso.
Un nucleo di grande suggestione della mostra è costituito dal “corpo a corpo”, attraverso i secoli, di immagini guerresche: il vaso con scene di battaglia tra greci e troiani e il frammento marmoreo con un legionario romano, Il Portabandiera di Rubens e l’addio di Ettore e Andromaca di De Chirico, fino al guerriero postmoderno per eccellenza, il maestro Joda di Guerre Stellari.
I tre grandi temi che hanno ispirato la scelta degli artisti si intersecano ad ogni piano per rendere più fitta la trama della mostra: ai teatri di guerra fanno riferimento, tra gli altri, Christo, William Kentridge (che si ricollega a De Chirico), Jake & Dinos Chapman, col loro minuzioso catalogo degli orrori, Gilbert&George, reporter dei conflitti urbani, Alfredo Jaar e Robert Capa. I vecchi e nuovi miti aleggiano nell’opera di Robert Rauschenberg, nel denso e magmatico mare di Anselm Kiefer, nella denuncia di Fabre (nascosta sotto una coltre cangiante) in Andy Warhol e Hermann Nitsch, mentre sono esercizi di libertà le opere di Mimmo Paladino, Marina Abramovic, Michelangelo Pistoletto, Emilio Isgrò.


ARTISTI IN MOSTRA
Marina Abramovic, Marisa Albanese, Alighiero Boetti, Maria Pia Borgnini, Botto&Bruno, Alberto Burri, Davide Cantoni, Robert Capa, Jota Castro, Jake & Dinos Chapman, Christo, Alessandra Cianelli, Giorgio De Chirico, Jan Fabre, Lucio Fontana, Regina José Galindo, Gilbert&George, Eugenio Giliberti, Paolo Grassino, Renato Guttuso, Thomas Hirschhorn, Emilio Isgrò, Alfredo Jaar, Francesco Jodice, William Kentridge, Anselm Kiefer, Jannis Kounellis, Domenico Antonio Mancini, Filippo Tommaso Marinetti, Ana Mendieta, Sabrina Mezzaqui, Marzia Migliora, Gian Marco Montesano, Shirin Neshat, Hermann Nitsch, Nam June Paik, Mimmo Paladino, Pino Pascali, Perino&Vele, Pablo Picasso, Lamberto Pignotti, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Robert Rauschenberg, Melita Rotondo, Michal Rovner, Pieter Paul Rubens, Pietro Ruffo, Salvo, Mario Schifano, Andres Serrano, Wael Shawky, Shozo Shimamoto, Studio Azzurro, Tato, Eugenio Tibaldi, Vedovamazzei, Kara Walker, Andy Warhol, Lawrence Weiner.
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