Matteo Lolletti di Sunset racconta il film in lavorazione sulla Papa Giovanni XXIII

Forli | 22 Ottobre 2018 Cultura
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Federico Savini
«Le cose belle prima si fanno poi si pensano». Era questo il motto, semplice, pragmatico e sottilmente profondo di don Oreste Benzi, fondatore dell’associazione Papa Giovanni XXIII che proprio quest’anno celebra i suoi 50 anni e lo fa - tra le altre cose - con un progetto coraggioso ed encomiabile, che potrebbe contribuire a far conoscere meglio, su scala nazionale, il lavoro a dir poco meritorio delle Case Famiglia dell’associazione. Si tratta di Solo cose belle, film di fiction che il regista riminese Kristian Gianfreda ha girato alla fine dell’estate a San Giovanni in Marignano, dove una troupe di una quarantina di persone con oltre 30 attori è rimasta per più di tre settimane, ispirandosi proprio alla realtà delle Case Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII.
«E’ un progetto di cui è facile comprendere il valore etico, ma è stato proprio entrando in contatto con le Case Famiglia che ci siamo davvero innamorati di questo film, fino a diventarne produttori esecutivi, sobbarcandoci una grande mole di lavoro – racconta Matteo Lolletti della coop forlivese Sunset Film -. Siamo produttori in campo cinematografico, e soprattutto documentaristico da anni, ma questo è il progetto più grande a cui abbiamo mai lavorato; parliamo di un film di fiction pensato per le sale. Il regista Kristian Gianfreda produce con la sua Coffeetime Film e si è rivolto a noi, come co-produttori, su indicazione di Ruggero Sintoni».
Quanto c’è di vostro nel progetto?
«Curare la produzione esecutiva, con Lisa Tormena, ci ha permesso di contribuire fattivamente a realizzare, insieme a Coffee Time e col supporto della Papa Giovanni XXIII, il grande lavoro necessario alla realizzazione del film. Inoltre abbiamo lavorato nel reparto fotografia, con Juan Martin Baigorria, e messo mano anche alla riscrittura della sceneggiatura, cosa di cui mi sono occupato io, insieme ad altri».
Cosa vi ha spinto ad aderire?
«Su tutto, il lavoro straordinario dell’associazione nelle Case Famiglia. Nell’accettazione della diversità e nella fatica quotidiana dell’accoglienza si può trovare un senso a tutto quello che facciamo, tanto che in quell’ambiente sono in molti a sostenere che l’accoglienza fa bene soprattutto a chi la fa. Dare voce ai cosiddetti “ultimi” ci pare ancora più importante nello scenario complesso di oggi. Penso che la storia che racconta il film aiuti a restituire l’umanità a queste persone, senza farne per forza degli eroi».
Di che storia di tratta?
«La protagonista è una ragazza di provincia che fa una vita piuttosto normale, finché non si innamora di un ragazzo ospite di una Casa Famiglia. Questo la fa entrare in contatto con un mondo che prima ignorava, e attraverso la sua esperienza l’intera comunità del paese, inizialmente diffidente, si avvicinerà a queste persone, innescando un meccanismo di comprensione. Ma non dare per scontato l’happy end! È una commedia amara, ha toni leggeri per quanto possibile, ma non lesina in profondità. Il nostro modello è la commedia all’italiana più nobile, dei Risi e dei Monicelli, quel riso che si fa nella consapevolezza delle amarezze della vita».
E il titolo?
«Solo cose belle riprende il motto di don Benzi e in qualche modo è la risposta a un interrogativo, cioè se sia ancora possibile emozionarsi raccontando le cose belle. E poi si può leggere come un augurio!».
Quando lo vedremo?
«Siamo in fase di montaggio e la prima proiezione è prevista a Rimini a inizio dicembre, in occasione dei 50 anni della Papa Giovanni, con il Presidente Mattarella invitato. Puntiamo a una distribuzione nazionale, battendo naturalmente anche altre strade. Il film ha avuto diverse sponsorizzazioni, oltre al sostegno della stessa associazione Papa Giovanni XXIII; in questi giorni è attiva anche una campagna di crowdfunding on-line per completare la copertura delle spese. Voglio sottolineare che il cinema smuove risorse, la troupe è stata un mese a San Giovanni in Marignano con tutte le spese del caso, e se il film circolerà farà certamente anche da volano turistico per il territorio».
Cosa porti a casa di questa esperienza?
«Tantissime cose, ma forse la soddisfazione maggiore è quella che si riflette dagli occhi dei genitori dei ragazzi disabili che recitano nel film. Mi hanno detto che il loro “compenso” era avere un figlio non più invisibile, protagonista di un film per ciò che è, senza pietismi».
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bravo Francesco
Commenta news 26/02/2019 - Andrea
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