Spettacolare rinnovamento espositivo per il «Premio» del Mic

Faenza | 07 Luglio 2018 Cultura
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Sandro Bassi
Installazioni multimateriali e dal forte significato simbolico (come quella della nigeriana Ezema, composta da centinaia di migliaia di ritagli di ciabatte sospesi nel vuoto), saggi di virtuosismo tecnico (vedasi il mirabile Waiting dei «nostri» Bertozzi & Casoni), sculture ieratiche oppure, spesso, non prive di ironia, ceramica che imita la pietra, la lava, il velluto, i fiori, ceramica infine che non intende imitare un bel niente e denuncia semplicemente la sua identità terragna, come filiazione diretta dell’argilla.
Tutto questo - e molto altro ancora - emerge da «Ceramics Now!», versione rivisitata, ringiovanita e anzi resa solare, del vecchio Concorso Internazionale-Premio Faenza giunto alla sessantesima edizione e all’ottantesimo compleanno: per l’occasione è stata soppressa la parte concorsuale (per così dire, «agonistico-competitiva») a tutto vantaggio di quella espositiva. I 53 artisti da tutto il mondo che espongono al Mic non hanno gareggiato tra loro ma sono stati invitati, previa selezione, dai 17 curatori (anch’essi internazionali), incaricati di trovare il meglio del meglio dell’arte ceramica contemporanea.
Il risultato, nella sua inevitabile - ma gradevole - eterogeneità, è certamente di spettacolare impatto visivo ed emotivo, non disgiunto da spunti poetici variabili, certo, a seconda degli autori. Altro carattere identificante è senz’altro l’internazionalità: molto consolante in tempi di egoismi come quello presente, ma soprattutto in coerenza con il messaggio lungimirante di Ballardini, che 110 anni fa fondò un museo «non campanilistico, ma che deve guardare tutto il mondo» e con lo spirito del concorso che, fin dal 1964, è per definizione internazionale.
E allora si va dalla Cina agli Stati Uniti, dal Giappone all’Europa, dalla Nigeria fino all’India. Gli italiani non sono pochi - ben tredici, anche se quasi metà di loro vive e lavora all’estero da decenni - e si difendono benissimo; commovente il lavoro del decano Alessio Tasca (89 anni magnificamente portati), stupefacente, come già detto, quello del duo Bertozzi & Casoni (stavolta con cassette di pronto soccorso e chiocciole con tanto di scie di bava, tutto in ceramica ovviamente) e di classica compostezza, pur nella sua astrazione, è il Sisto V del romano Giuseppe Ducrot. Ancora sorprendente è Mike, cioè il pappagallo in grès del genovese Alessandro Gallo che mescola iperrealismo e divertimento, virtuosismo nella realizzazione e riflessione sul significato dell’opera.
Alla fine, dopo le silenziose, solenni meditazioni degli orientali e dopo la poesia del vaso in porcellana e legno dell’indiano Sudarshan Shetty, ritorniamo al punto di partenza: la luminosa installazione della scultrice nigeriana si intitola Nel mio giardino ci sono molti colori e la ceramica, limitata agli anellini in terracotta che fanno da contrappeso ai ritagli di ciabatte infradito, è solo un pretesto per riflettere sulla condizione femminile: una moltitudine di donne aspetta, con un proprio giardino di sogni e di speranze che finora sono rimaste inappagate.

Fino al 7 ottobre al Mic di Faenza (viale Baccarini 19, info 0546/697311), da martedì a domenica continuato 10-19. Ingresso 10 euro, ridotto 7, studenti 3; visite guidate-aperitivo nei martedì di luglio alle 18.30; concerto di Strade Blu (Bko from Mali) domenica 8 luglio alle 21.30 con ingresso a 3 euro.

 
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