Il regista Domenico Ciolfi racconta il progetto del film sul «Caso Pantani»
Federico Savini
«L’uomo e l’inchiesta, cerchiamo di raccontarli entrambi. Riprendere gli ultimi anni di vita di Marco Pantani significa riportare a galla il dibattito sulla sua fine, che in realtà non si è mai placato». Domenico Ciolfi ha ben chiara l’importanza di lavorare a un film che racconta gli ultimi, controversi anni del Pirata di Cesenatico, il grande ciclista romagnolo al centro delle vicende del film Il caso Pantani, che il regista titolare dello studio faentino Mr.Arkadin comincerà a girare a metà settembre.
«E’ un progetto nato più di tre anni fa – racconta Ciolfi – e oggi siamo alla stretta finale. L’appoggio delle Film Commission di Emilia-Rimagna e Trentino Alto Adige ci permetterà di finalizzare le riprese, che andranno avanti per sette settimane con l’obiettivo di essere anche ad impatto ambientale bassissimo. In fondo parliamo di un ciclista…».
Di cui si parla ancora tantissimo. Per la sceneggiatura come avete lavorato?
«Quella è pronta da un paio d’anni ma ha subito diversi aggiustamenti. Il lavoro ha coinvolto sportivi, familiari, inquirenti e giornalisti. Confermo che c’è grande interesse per Pantani, al punto che per la distribuzione abbiamo accordi con un’azienda di Los Angeles, stipulati grazie al fatto di aver partecipato tra i progetti al festival di Cannes, e lavoriamo anche sul mercato europeo».
Ma sarà più un film di fiction o di inchiesta?
«E’ un film che passa dal drammatico al biografico, fino al noir e ad elementi realmente d’inchiesta. Del resto, è stata così anche la vita di Pantani, specie in quegli ultimi cinque anni. Abbiamo lavorato su fatti di cronaca e materiali originali, in qualche caso anche poco circolati. Si tratta di un film di fiction, però qualche frammento di materiale originale, specie nelle parti dei ricordi di Marco, ho scelto di usarlo».
Cosa vi interessa raccontare, al di là della cronaca?
«L’aspetto personale dell’atleta. Marco Pantani era una persona complessa e vogliamo indagare la sua umanità, della quale in certi frangenti si è parlato poco, ma l’amore che ancora lo circonda ci dice quanto fosse percepita dalla gente».
Quanta Romagna ci sarà nel film?
«Tanta, direi che il 70% delle riprese saranno tra Faenza e la riviera, con Cesenatico in primo piano i luoghi dove Marco si allenava».
La troupe è al completo?
«I contratti con gli attori li stiamo chiudendo in questi giorni. Ci saranno alcuni nomi noti in tutta Italia e tanti romagnoli. La troupe sarà in prevalenza formata da giovani, ma con maestranze qualificatissime come Agostino Castiglioni, una celebrità della fotografia, lo scenografo Tonino Zera, che l’anno scorso ha vinto un David di Donatello, mentre Francesca Tampieri, che lavora sul make-up, anni fa ha intascato un Emmy Award. Cerco un mix di entusiasmo ed esperienza».