IL CASTORO | Il politologo Pasquino e la nuova legge elettorale

Faenza | 23 Dicembre 2017 Blog Settesere
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«Si tratta di una legge che non permette alcuna rappresentanza popolare». Lo ha sostenuto Gianfranco Pasquino, professore emerito di scienza politica, nonché senatore della Repubblica per la Sinistra Indipendente e successivamente per i Progressisti, intervenendo a Faenza, in un incontro organizzato dal comitato per la difesa e la valorizzazione della Costituzione.

La premessa iniziale dell’intervento ha riguardato la mancanza di alternative di questa legge. Il politologo si è detto d’accordo col presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Bastava armonizzare i due sistemi elettorali proporzionali precedenti».

Pasquino si è chiesto allora perché non si sia recuperato il Mattarellum, nonostante sia stato riproposto al governo l’utilizzo di quest’ultimo, ma «i collegi uninominali, soprattutto adesso, sono rischiosi per tutti e i capi di partito non vogliono rischiare». Ecco perché si è creata l’intesa Berlusconi-Renzi, che così potranno avere un numero sicuro di seggi e scegliere i propri parlamentari. Al cittadino spetta quindi la «libertà di non scelta», a causa di un altro punto del Rosatellum, ovvero l’impossibilità del voto disgiunto. Questo significa che, se ad un cittadino non piace la lista a cui è legato il candidato, non rimane che votarne un altro. Si esclude così la possibilità per il cittadino di decidere liberamente chi vorrebbe come rappresentante del seggio all’interno del governo.

Il secondo aspetto di cui si è occupato il professore è l’analisi della rappresentanza; infatti con questa legge, l’elettore, non avrà altra opzione diversa dal porre una crocetta su un candidato che probabilmente non conoscerà neanche. Così facendo si incappa in un governo in cui il cittadino non è rappresentato efficacemente e che di conseguenza, probabilmente, non sarà rieletto. A tal proposito il M5S propone il limite di due mandati che, secondo Pasquino «Corretto per i poteri locali, ma sbagliato per i parlamentari, poiché si deve lasciare ai votanti il privilegio di rieleggere o bocciare un deputato».

«La governabilità - ha continuato - si ha quando c’è un governo che rappresenta i cittadini, il quale può essere cambiato prima delle elezioni successive, se non lavora in modo corretto ed efficace, come successe nel 2008 con Berlusconi. Premessa velata di questa legge elettorale è che la governabilità abbia importanza maggiore rispetto alla rappresentanza e ciò lo si dimostrerà quando i parlamentari dovranno votare all’interno del governo, rispettando le idee e le intenzioni del seggio che rappresentano. Il problema che si pone, ha spiegato Pasquino «è la libertà di voto, che costoro, eletti in questo modo, non avranno mai naturalmente e chi di loro la vorrà acquisire dovrà andarsene, come successe nel Pd».

Con questa legge elettorale andremo incontro ad un parlamento frastagliato, dove i partiti piccoli ricatteranno quelli grossi alla ricerca di seggi mancanti, per arrivare alla maggioranza assoluta, che altrimenti non potrà essere raggiunta da nessun partito.

Gli intervenuti alla conferenza hanno domandato al professore cosa possono fare i cittadini per fermare questa legge elettorale «che pare già in partenza un fallimento» e che ha ricevuto tutti e tre i voti di fiducia del senato, i quali vanificano le opposizioni alla legge elettorale dei deputati. Pasquino ha fatto notare che l’unica opzione, in parte irrealistica a causa dei tempi che oramai sono molto ristretti, è l’appello alla Consulta, la quale potrebbe valutare anticostituzionale la legge elettorale, in seguito alla seduta in tribunale del 12 dicembre. In questo caso il verdetto, senza interruzioni o ostacoli, potrebbe essere emesso tra gennaio e febbraio, lasciando poco tempo per elaborare una buona legge elettorale per le votazioni primaverili del 2018.

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