Faenza, D’Antonio (Scuola Sarti) traccia un bilancio delle attività «Dai 18 mesi ai 90 anni, è una musica per tutti»

Elena Nencini
Dal Museo internazionale delle Ceramiche alla residenza per anziani Santa Teresa la Scuola di Musica Giuseppe Sarti di Faenza porta in città tanti appuntamenti musicali che coinvolgono docenti e studenti della scuola intitolata a uno dei musicisti italiani più significativi della seconda metà del Settecento. Donato D’Antonio, musicista, docente e coordinatore didattico e artistico della Scuola, racconta i progetti.
D’Antonio, quanti sono attualmente gli studenti?
«Sono 380 studenti, dai 18 mesi a 90 anni, abbiamo una signora che fa canto lirico che è fra le più anziane, ma in grande forma. D’altro canto abbiamo un corso per bambini piccolissimi accompagnati dai genitori che si chiama “Musica in culla”».
Che tipo di corsi offrite?
«Sono 160 insegnamenti suddivisi tra 35 docenti, con una preponderanza di discipline classiche, dal pianoforte alla chitarra elettrica, al liuto alle scuole di archi. Spaziamo dalla classica al jazz, al pop, al rock con corsi per adulti e per bambini. Ci sono una sessantina di discipline tra materie teoriche e strumenti. La nostra scuola prevede un percorso di studio con materie sia teoriche che pratiche, tutte obbligatorie. Se poi il corsista non vuole andarci non è un problema, noi comunque diamo la possibilità di frequentarle, come fossimo un conservatorio».
Qual è l’obiettivo che si pone la scuola?
«Cerchiamo di avere una regia culturale molto organizzata, attenta, non casuale. Curiamo diverse rassegne dove l’idea è quella di costruire un pubblico, in sinergia con tanti spazi della città. Accanto alla possibilità di ascoltare della musica lc’è anche quella di vedere un palazzo storico importante, un museo per dare lustro a Faenza. Tra le rassegne che curiamo si è appena conclusa “Recondita armonia” che ha toccato anche luoghi fuori Faenza, “C’è musica in città™ con i concerti degli allievi, “In tempo” al Mic che prosegue fino al 7 settembre al museo internazionale delle ceramiche. A questo si aggiunge la volontà di costruire dei ponti con associazioi e manifestazioni del territorio e non solo come con Ravenna festival, Emilia Romagna Festival, la Fondazione Toscanini, di cui siamo sede romagnola, a tre università del Brasile per “Fiato al Brasile”».
Nelle rassegne che proponete a cosa puntate?
«Mi occupo della direzione artistica e valuto la qualità, naturalmente cercando di scegliere artisti che si siano esibiti in contesti importanti e che permettano di crescere sia al pubblico che ai nostri studenti. Infatti organizziamo degli incontri nella nostra sede. Nelle rassegne si esibiscono anche i nostri docenti, che hanno degli ottimi curriculum, ma diamo agli studenti la possibilità di suonare: per esempio nella rassegna al Mic sono proprio loro ad aprire il concerto, in altri casi sono gli interpreti della serata. In molti hanno vinto premi e riconoscimenti importanti: abbiamo un bimbo di dieci anni che è un pianista meraviglioso, ma preferiamo non metterli in competizione. La musica deve essere un momento di benessere, deve dare un equilibrio migliore».