Alluvione un anno dopo: Francesca Masi (Fondazione RavennAntica) accolse oltre 900 sfollati al Museo Classis
Elena Nencini
Francesca Masi aveva da poco meno di un mese assunto l’incarico di direttrice della Fondazione RavennAntica quando nella notte del 17 maggio una telefonata l’ha portata a trasformare Classis - Museo della Città e del Territorio in un hub di accoglienza per coloro che hanno dovuto abbandonare le proprie case a causa dell’alluvione.
Masi, cosa ricorda di quei giorni?
«Ricordo la bellezza di offrire un museo aperto di notte alle persone che arrivavano. Io penso che i musei dovrebbero essere come gli ospedali perché non solo curano ma prevengono. Già dalle prime ore dell’alba arrivavano persone che, entrando nel museo, cambiavano sguardo: da quello spaurito iniziale si rasserenavano, si guardavano intorno incuriosite perché un luogo bello fa bene all’anima. Il museo è tornato a vivere tutto il giorno, è tornato ad essere una fabbrica che produce accoglienza.
E’ stata l’emozione più grande della mia vita».
Come ha deciso di aprire il museo per gli sfollati?
«D’impulso. Ho ricevuto una telefonata a mezzanotte in cui mi hanno chiesto se mi veniva in mente uno spazio grande per accogliere gli evacuati. Ho risposto senza pensare “Classis”. Mi hanno domandato quanto tempo ci voleva per aprirlo ed io ho risposto “Dieci minuti”. Sono uscita vestita come ero, quasi in pigiama, e così sono rimasta per 4 giorni, sono passata da un collega a prendere le chiavi e poi sono andata al museo: sentivo la pioggia che batteva incessante e le notizie alla radio. É stato come quando mi hanno chiesto di partire per la Palestina ho detto subito si perché sentivo che quella cosa aveva un senso».
Ha accolto anche gli animali nel museo, come è andata?
«Si, ci sono stati dei riscontri meravigliosi: era da quando ero arrivata in Fondazione che stressavo i miei colleghi perché sono un’amante degli animali e volevo che potessero entrare nei nostri siti. Sono gli animali che spesso ci danno la forza per andare avanti, danno pochissimi problemi in un museo se sono ben gestiti. Durante l’alluvione dormivano accanto ai loro ‘genitori’, anche i pappagalli nelle gabbie o i gattini nel trasportino. Il museo è per tutti oppure non lo è».
Qualcuno è tornato a trovarvi in questo anno?
«Siamo rimasti in contatto con tutto il gruppo dei volontari, più di 100, un gruppo coeso che ha partecipato a tutte le nostre iniziative, dai concerti agli incontri. Sono venuti anche alcuni degli evacuati che hanno portato parenti o nipoti per far vedere dove erano, per fotografare dove avevano dormito, c’erano 700 brande nel museo, molti erano i lettini del mare. Tante persone in quei giorni ci hanno portato da mangiare: la prima è stata una signora che alle 4 del mattino del 18 maggio ci ha portato due torte per fare colazione, la Camst prima di allagarsi forniva i pasti poi ci siamo organizzati con i ristoranti della zona, ma sono stati tanti i cittadini che venivano con teglie di lasagne, torte, caramelle. Il tessuto di Classe era tutto presente, il territorio è stato molto importante, la comunità si è stretta intorno al suo museo».
Cosa è nato da questa vicenda?
«Tantissime riflessioni, inoltre esperienze per i bambini come “Una notte al museo”, attività sempre sold out. Oltre a collaborazioni importanti come quella con l’associazione Alzheimer e l’Asl: un progetto di welfare culturale rivolto a chi soffre di questa patologia con percorsi per caregivers, operatori sanitari e familiari di persone con demenza, grazie alla collaborazione con i docenti di Palazzo Strozzi a Firenze.
Vorrei che il museo fosse un luogo sempre più aperto alle domande della comunità. Quando c’è stata l’alluvione è arrivata una persona con una demenza cognitiva, l’interruzione dell’energia elettrica l’ha spaventata e per calmarla le abbiamo fatto vedere alcuni oggetti nel museo.
Il museo può essere quindi un luogo di cura e un nuovo modello integrato di promozione del benessere e della salute, attraverso pratiche fondate sulla fruizione del patrimonio culturale. Partiranno in ottobre alcuni percorsi e appuntamenti dedicati a persone con demenze cognitive».