Sanita', la Bassa Romagna cerca nuovi medici di base

Bassa Romagna | 08 Giugno 2021 Cronaca
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Samuele Staffa
«Nessuno resterà senza medico. La difficoltà sarà averlo, come nostra abitudine, vicino a casa» dice Luca Piovaccari, sindaco di Cotignola e referente per le politiche sanitarie in seno all’Unione della Bassa Romagna. Molti medici di base andranno presto in pensione e l’Asl fatica a gestire il turn over. «Ma ragionare solo sul numero dei medici è una scelta perdente – spiega Piovaccari -: meglio puntare su tutte le opportunità che integrano la medicina territorale, dalle case della salute alle farmacie, passando per la telemedicina e l’infermiere di comunità».
Numeri alla mano, il gruppo di lavoro politico guidato dal primo cittadino di Cotignola, in collaborazione con i referenti dell’Asl Romagna, ha buttato giù il documento che ha il compito di delineare i futuri sviluppi della sanità territoriale. Il testo è stato presentato in questi giorni agli amministratori dell’Unione.  

MEDICI PRECARI
Oggi i medici attivi nella Bassa Romagna sono 65: 13 cesseranno il lavoro entro la fine del 2021 per sopraggiunti limiti di età (70 anni) e 53 raggiungeranno i crismi per il pensionamento (a 68 anni di età oppure 62 anni di età più 35 di anzianità). Una situazione complicata dal Covid, che in questi mesi ha sfibrato tutti i sanitari.
«Un problema che tocca tutto il Paese – sottolinea Piovaccari -. Tutto nasce dalla scarsa programmazione universitaria. Tra gli anni ‘70 e ‘80 i medici erano moltissimi. Poi, complice il ‘numero chiuso’ nelle facoltà, la platea dei laureati si è molto ristretta. E ll nostro territorio, che parte da una presenza capillare dei medici con ambulatori nelle frazioni, sarà uno dei primi a risentirne. Il problema è sottolineato dal fatto che alcuni pensionamenti sono stato coperti da sostituti: medici con un incarico precario che, probabilmente, una volta scaduti i termini, andranno a fare altro».

PRONTO? SONO IL SINDACO...
I medici di base sono liberi professionisti che, dopo un bando di concorso (visti i tempi, spesso finiscono deserti), lavorano in base ad una convenzione con l’Asl che risale al 2005. Ogni medico può seguire al massimo di 1500 mutuati: ma vi sono molte possibilità di deroga e, in alcuni casi, la quota arriva a 2000. Lo scorso autunno sono partiti, col sostegno della Regione E-R, i nuovi corsi di specializzazione in medicina generale per 173 dottori: magari la situazione migliorerà, ma servono tre anni.
«Si aprirà un momento complicato – rileva il primo cittadino -. Io stesso, in qualità di sindaco, ho cercato di sondare il terreno telefonando ai giovani cotignolesi laureati in medicina. Ma tutti sono intenzionati a seguire altre strade. Si tratta di un percorso piuttosto rigido che andrebbe rivisto: negli altri paesi europei il passaggio al mondo del lavoro è più immediato».

LE CASE DELLA SALUTE
Altro tema è la non riapertura degli ambulatori periferici. Molti medici, fino a poco tempo fa, avevano più studi: uno nel capoluogo comunale e, magari, uno in una frazione. Ma la musica è cambiata. «Preferiscono lavorare in strutture più organizzate, assieme a colleghi, infermieri e personale amministrativo – rileva Piovaccari -. Penso alle Case della salute: queste esperienze vanno migliorate e, come a Lugo, dove non esiste una tradizione di medicina di gruppo, introdotte per la prima volta. Dobbiamo rendere queste strutture funzionali per i cittadini e appetibili ai nuovi medici».

LA TELEMEDICINA
«Poi c’è l’integrazione di tutti gli strumenti che vanno ad affiancare il ruolo dei medici di base nel più ampio panorama della medicina territoriale – commenta il sindaco -. Penso alle opportunità della telemedicina o all’esempio della ricetta dematerializzata. I medici di base impiegano tra il 30 e il 40% del tempo a fare ricette, spesso ripetitive. Fino allo scorso anno sembrava impossibile parlare di ricetta dematerializzata ma, complice l’emergenza, l’attività è partita in un mese».
A parlare di tecnologia, l’orizzonte diventa sconfinato. «Potremmo dotare, almeno in via sperimentale, alcuni pazienti in via sperimentale con strumenti diagnostici che permettano di valutare la situazione a distanza, con più frequenza, ma senza la necessità di spostamenti. Anche in questo caso occorre coinvolgere i medici di base che sarebbero chiamati a sviluppare nuove competenze, a partire da quelle informatiche: certo, non è semplice e servirà tempo. Il ricambio generazionale porterà anche a questo».

LA CURA A CASA
Poi c’è il potenziamento dell’assistenza domiciliare: nel 2020 sono stati effettuati oltre 26mila interventi a casa di 1500 utenti. «Numeri importanti che possono migliorare assieme alla figura dell’infermiere di comunità – dice l’amministratore – che, oltre a costituire il ruolo di collegamento tra pazienti e sistema sanitario, potrebbe far emergere criticità altrimenti sottovalutate».

MEDICINA IN FARMACIA
Le farmacie oramai sono diventate una tessera fondamentale del mosaico. «Pensiamo al ruolo giocato nella diagnostica ai tempi del Covid – conclude Piovaccari -. Le farmacie sono ovunque e qui potrebbero essere individuati quei servizi che non si trovano più negli studi medici decentrati. Potrebbero, ma è solo un esempio, ospitare periodicamente un professionista per visite specialistiche. Pensiamo ad un oculista disponibile per qualche giorno, magari una volta al mese. Che siano pubbliche o private, tutte le farmacie hanno risposto prontamente in questo periodo di emergenza».
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