CONSELICE | Tensione tra i rifugiati all'ex hotel Selice

Ravenna | 01 Marzo 2013 Cronaca
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Cresce la tensione presso il centro profughi ex hotel Selice di Conselice dove, da marzo 2011, la cooperativa «La linea d'ombra» si sta occupando dell'accoglienza per le genti della cosiddetta «emergenza Nord Africa» scoppiata proprio due anni fa. Il 28 dicembre 2012, attraverso un'ordinanza della Protezione civile (n.33/2012) è stato prefissato il passaggio di consegne di questa operazione alle Prefetture italiane, stabilendo così il piano di «uscita» dal sistema d'aiuto. Ciò che comincia a spaventare le giovani coppie presenti nella struttura è il termine perentorio, fissato dal Viminale, per il prossimo 4 marzo.

Gli attuali residenti dell'ex hotel conselicese, scenario di reiterate proteste in questi ultimi mesi, non sembrano volersi rassegnare all'idea di non poter più usufruire di un letto sicuro e gratuito dove potersi rifugiare durante il loro percorso d'integrazione nella comunità. «Cominciamo ad aver paura per l'impossibilità di dialogo nei confronti degli accolti - commenta la coordinatrice della struttura Claudia Carloni -. Man mano che la data fatidica si avvicina, avvertiamo in loro la voglia, a volte anche violenta, di ricevere risposte e soluzioni che a questo punto noi non possiamo più fornire. Anche la struttura che sarà definitivamente chiusa dai primi di marzo, è ormai in condizioni pressoché inagibili. La loro rivolta, infatti, spesso si manifesta trattenendo noi collaboratori all'interno del centro per poi barricarsi e non farci uscire. È proprio in quei momenti che gli animi si surriscaldano e cominciano a distruggere tutto ciò che trovano all'interno - dichiara la Carloni -. Attualmente, presso lo stabile, sono presenti 32 persone (28 adulti e 4 minori). Si vive intensamente ogni momento. E' stato prospettato, come chiusura degli aiuti, l'accredito di 500 euro a ognuno dei bisognosi presenti nella struttura fino al 19 febbraio. Intendo quelli presenti agli appelli giornalieri che dovevamo svolgere ogni mattina. Grazie a questo gruzzoletto alcune famiglie, con bambini partoriti proprio durante la permanenza nel centro, si stanno attrezzando per prendere alcune case in affitto anche fuori dal nostro territorio di competenza. Mentre altri preferiscono pagarsi un viaggio per trovare nuovi confini che possano accoglierli. Il 3 e 4 marzo non posso sapere cosa succederà. In questo momento ho speso tutte le mie forze per seguirli e sinceramente mi sento molto affaticata da tutto ciò». Intanto il sindaco di Conselice, Maurizio Filipucci, si dichiara fiducioso in merito a questa problematica. «Venerdì scorso (22 febbraio) c'è stata una riunione con la Prefettura che sta cercando di valutare tutti i casi presenti nel territorio dell'unione - afferma il sindaco Filipucci e continua -. Ho dialogato con gli uffici preposti all'ordine pubblico e mi dicono che attualmente non vi è alcun allarme riguardo alle possibili proteste che potrebbero provenire dal centro d'accoglienza in chiusura. La Prefettura ha richiesto anche l'intervento dei nostri servizi sociali sul territorio dell'Unione. È ovvio che in caso di fragilità dei soggetti più sensibili, come ad esempio minori o malati, sarà la nostra comunità a dover intervenire per far fronte ad ogni caso emergenziale». In questo lungo periodo di fermento per riuscire nel progetto d'integrazione, sono diverse le realtà di cooperazione e associazionismo che si sono interessate all'espletamento dell'accoglienza. «Penso che un po' di tempo è andato perso durante il passaggio di consegne dalla Protezione civile ai Prefetti - dichiara la dirigente dell'ufficio per i Servizi Sociali dell'Unione dei Comuni, Carla Golfieri - ma questo non poteva dipendere da noi. I centri di accoglienza in Bassa Romagna hanno affrontato un compito molto arduo. Villa San Martino (gestito dal Cefal di Bologna) attualmente ha al suo interno 10 persone, tutte di sesso maschile, e ovviamente ha potuto condurre il programma con più tranquillità rispetto alle 32 persone (bambini compresi) presenti a Conselice. Ora spetta a noi il dialogo con le parti più critiche di questa fase di 'uscita'. Consideriamo che le istituzioni territoriali possono solo accompagnare i profughi nella ricerca di soluzioni, quindi non potremo in alcun modo trovare altri alloggi o un lavoro - dice Golfieri -. Ci aspettiamo, dunque, la massima collaborazione da parte dei diretti interessati spesso spazientiti dalle pratiche burocratiche proprie di un'emergenza come questa».
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Provo a tracciare una riflessione per completare la discussione tra Armando e Milena. E' vero che molti di noi possono non essere d'accordo con gli aiuti prolungati erogati alle genti migranti. Devo però precisare che l'emergenza Nord Africa ha visto molti casi specifici di persone che non erano e non sono solo libiche ma provenienti da molti villaggi dell'Africa subsahariana. Questo ha messo il nostro ex-governo in grosse difficoltà nell'identificare caso per caso - con l'allora ministro dell'interno, il leghista Maroni (giusto per non dimenticare nel febbraio 2012, L'Italia ha ricevuto una condanna dalla Corte europea per i diritti umani nel caso 'Hirsi Jamaa' http://www.youtube.com/watch?v=xuJM8KoTHmU&feature=share ) - per attuare soluzioni più mirate e tempestive. Per la cronaca, il tempo andato perso che fa percepire questa azione prolungata a vantaggio di gente più sfortunata, sta in ciò che è successo dalle primavere arabe in poi. Il flusso migratorio fu talmente grande che il governo dovette allestire campi di tendopoli in tutto il sud italia come centri di prima accoglienza (per approfondire un reportage realizzato due anni fa: http://www.rai.it/dl/tg3/articoli/ContentItem-03bee1f2-495c-4627-b9e7-001b555b7391.html ). Successivamente si è pensato di tenerli lì finché possibile prima di classificare caso per caso il dramma che ognuno di loro stava vivendo. Oggi stiamo pian piano assorbendo questa emergenza che non è fatta solo di gente sfaticata e assistenzialista. Questa è un'emergenza che ha a che fare con donne maltrattate e torturate nel proprio paese, gente a cui è stato intimato -con armi alle tempie- di lasciare la Libia e affollare l'Italia e l'Europa, gente salvata da stragi di piazza e più semplicemente gente che pensa al nord del mondo come ad un posto dove poter lavorare e stare meglio. Ricordo inoltre che la Francia, del governo Sarkozy, decise inizialmente di chiudere le frontiere ai tunisini che passavano dallo stivale con il sogno di un lavoro in Francia. Tutto ciò ha confuso il nostro già debolissimo ex governo che ha dovuto aggiustare in corsa il tiro sull'emergenza, perché impreparato e stressato da ben altri problemi socio-economici. Oggi il trend sta man mano cambiando. L'Italia, "assolto" questo compito emergenziale, si ritrova ad essere paese di Emigrazione e non più di Immigrazione. Per la prima volta dal 1976, infatti, il numero di persone che ha lasciato il nostro Paese è stato superiore a quello dei nuovi arrivati: 50 mila nel 2011 contro 27 mila, rispettivamente, ovvero quasi il doppio. Lo dice l’ISMU, nei dati presentati lo scorso dicembre 2012 a Milano. Siamo di fronte ad una doppia emergenza, dunque, che deve essere affrontata alleggerendo la macchina statale, innovando e, aggiungerei, cambiando mentalità sul tema immigrazione. Grazie per i vostri commenti. Riccardo
Commenta news 02/03/2013 - Riccardo Specchia
Provo a tracciare una riflessione per completare la discussione tra Armando e Milena. E' vero che molti di noi possono non essere d'accordo con gli aiuti prolungati erogati alle genti migranti. Devo però precisare che l'emergenza Nord Africa ha visto molti casi specifici di persone che non erano e non sono solo libiche ma provenienti da molti villaggi dell'Africa subsahariana. Questo ha messo il nostro ex-governo in grosse difficoltà nell'identificare caso per caso - con l'allora ministro dell'interno, il leghista Maroni (giusto per non dimenticare nel febbraio 2012, L'Italia ha ricevuto una condanna dalla Corte europea per i diritti umani nel caso 'Hirsi Jamaa' http://www.youtube.com/watch?v=xuJM8KoTHmU&feature=share ) - per attuare soluzioni più mirate e tempestive. Per la cronaca, il tempo andato perso che fa percepire questa azione prolungata a vantaggio di gente più sfortunata, sta in ciò che è successo dalle primavere arabe in poi. Il flusso migratorio fu talmente grande che il governo dovette allestire campi di tendopoli in tutto il sud italia come centri di prima accoglienza (per approfondire un reportage realizzato due anni fa: http://www.rai.it/dl/tg3/articoli/ContentItem-03bee1f2-495c-4627-b9e7-001b555b7391.html ). Successivamente si è pensato di tenerli lì finché possibile prima di classificare caso per caso il dramma che ognuno di loro stava vivendo. Oggi stiamo pian piano assorbendo questa emergenza che non è fatta solo di gente sfaticata e assistenzialista. Questa è un'emergenza che ha a che fare con donne maltrattate e torturate nel proprio paese, gente a cui è stato intimato -con armi alle tempie- di lasciare la Libia e affollare l'Italia e l'Europa, gente salvata da stragi di piazza e più semplicemente gente che pensa al nord del mondo come ad un posto dove poter lavorare e stare meglio. Ricordo inoltre che la Francia, del governo Sarkozy, decise inizialmente di chiudere le frontiere ai tunisini che passavano dallo stivale con il sogno di un lavoro in Francia. Tutto ciò ha confuso il nostro già debolissimo ex governo che ha dovuto aggiustare in corsa il tiro sull'emergenza, perché impreparato e stressato da ben altri problemi socio-economici. Oggi il trend sta man mano cambiando. L'Italia, "assolto" questo compito emergenziale, si ritrova ad essere paese di Emigrazione e non più di Immigrazione. Per la prima volta dal 1976, infatti, il numero di persone che ha lasciato il nostro Paese è stato superiore a quello dei nuovi arrivati: 50 mila nel 2011 contro 27 mila, rispettivamente, ovvero quasi il doppio. Lo dice l’ISMU, nei dati presentati lo scorso dicembre 2012 a Milano. Siamo di fronte ad una doppia emergenza, dunque, che deve essere affrontata alleggerendo la macchina statale, innovando e, aggiungerei, cambiando mentalità sul tema immigrazione. Grazie per i vostri commenti. Riccardo
Commenta news 02/03/2013 - Riccardo Specchia
Io credo che tutto questo sia dovuto al fatto che l'aiuto gratuito fornito loro sia durato troppo a lungo. Se non sbaglio la guerra in Libia è terminata da tempo, per cui non capisco perchè si sia continuato ad elargire tali aiuti. Come accade per tutti i cittadini italiani anche loro debbono trovarsi un lavoro e mantenersi da soli, in caso contrario occorre farli rimpatriare. Non è possibile che in tempo di crisi si debba mantenere anche gente che non ha più motivo di essere aiutata. Anche a me farebbe comodo avere un letto, al caldo e tre pasti al giorno assicurati. Tra l'altro mi è stato riferito che il cibo deve essere preparato secondo i loro usi, tuttavia la realizzazione viene svolta da cittadini italiani. Non potrebbero occuparsene loro stessi?
Commenta news 01/03/2013 - Armando
sono assolutamente d'accordo con Armando, inoltre ci sono tantissimi anziani, italiani che hanno lavorato tutta la vita in questo paese, che non arrivano alla fine del mese e non hanno di che scaldarsi e curarsi e nessuna istituzione li aiuta. Mi dispiace ma in tempi come questi credo vadano privilegiati, per una volta, i cittadini italiani, non trovo che questo sia razzismo ma solo realismo.
Commenta news 01/03/2013 - milena
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