RUSSI | Elena Bucci e Marco Sgrosso affrontano Ionesco
«C'è una coppia che litiga di continuo, accapigliandosi su ogni cosa e cercando sempre di far ricadere la colpa sull'altro. Sono talmente presi che non si accorgono che, letteralmente, il mondo gli cade addosso in pezzi». Come richiamo all'attualità può bastare. Elena Bucci racconta così, in estrema sintesi, la trama della anticommedia Delirio a Due, del maestro del teatro dell'assurdo Eugene Ionesco, che le Belle Bandiere - ovvero Elena Bucci e Marco Sgrosso - porteranno in scena mercoledì 6 e giovedì 7 alle 20.45 al teatro Comunale di Russi, la città che ha dato i natali a Elena e dove ha la sua sede la compagnia.
Compagnia che ha appena festeggiato i suoi vent'anni di attività, precisamente lunedì 25 al centro di promozione teatrale dell'Università di Bologna. «Abbiamo festeggiato insieme a persone che ci seguono da tanti anni e con i corsisti di un nostro progetto cominciato una dozzina d'anni fa - spiega la Bucci -. Gli esiti di questo progetto sono stati ottimi: quasi tutti i corsisti oggi lavorano nel mondo del teatro, come attori e registi ma anche direttori di stagioni, in un momento molto difficile per la cultura e il teatro. Tra l'altro a Russi, giovedì 7 alle 18.30, in teatro sarà con noi Laura Mariani dell'università di Bologna, che collabora con Marco e me fin dai tempi della nostra formazione con Leo De Bernardinis. Racconteremo con lei la nostra storia».
Anche a Russi sono riprese in modo organico le vostre attività...
«La prima esperienza laboratoriale delle Belle Bandiere ha interessato tutti gli anni '90, contribuendo anche alla riapertura del teatro. In seguito abbiamo sviluppato altri progetti sul territorio e con i corsisti, ad esempio La città del sonno, e ora, anche se lavoriamo molto come compagnia professionista, abbiamo comunque avviato il progetto Sonhos».
Al teatro di Russi, e l'8 marzo a Conselice, porterete Delirio a Due in anteprima.E' la prima volta che affrontate Ionesco?
«In realtà no, perché proprio questo spettacolo fu messo in scena, da Marco e me, quando ancora ci stavamo formando, in un'occasione molto informale. Per i vent'anni della compagnia è stato bello ritornare a Ionesco».Un bel salto dopo l'Antigone...
«Sì e no, nel senso che l'innovazione la fa lo sguardo, il modo con cui si approccia un testo, classico o moderno non fa per forza la differenza. Antigone ha riempito la sale, il pubblico ci ha dato fiducia. C'è voglia di misurarsi con i problemi fondanti dell'essere umano, e non è detto che debba per forza essere una cosa noiosa. Se si pensa solo al testo si può venire fuorviati, nel senso che il teatro è "portare in scena un testo", con il proprio stile e in epoche diversi rispetto a quelle della scrittura. Da questo punto di vista gli autori sono molto generosi, quasi pazzi, scrivono qualcosa e non sanno esattamente chi e come la userà».Cosa volete evidenziare con Delirio a Due?
«Questo spettacolo nasce come un gioco, ma affronta di questioni molto serie. In particolare le litigate futili tra i due protagonisti che parlano ininterrottamente sono un modo per mascherare, in realtà, l'assoluta dipendenza che questi due personaggi hanno l'un l'altro. Questo fiume di parole è una ripetizione ossessiva di schemi rassicuranti, ma è il contrario della comunicazione vera, un modo per seppellire le cose che andrebbero dette e chieste davvero a se stessi. Sono tentativi patetici di incolpare gli altri dei nostri fallimenti. E intanto intorno crolla tutto. Noi speriamo che l'arte possa curare queste deformazioni».prosegue su settesere in edicola venerdì 1 marzo