Tennis, il faentino Gaio e il boom azzurro: "Sogno di diventare l’11° italiano nei primi 100 tennisti del mondo"

Romagna | 09 Maggio 2021 Sport
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Tomaso Palli
Mai era accaduto che il tennis italiano potesse contare dieci azzurri tra i primi cento tennisti al mondo. Un record durato per oltre un mese e «macchiato» solo dall’uscita di Cecchinato lunedì scorso, sceso al numero 104, ma che rientrerà presto nella “top 100” dopo aver conquistato il tabellone principale a Madrid. Dal top di gamma Matteo Berrettini (10°) a Cecchinato passando per il baby prodigio Sinner, al veterano Fognini, senza dimenticare Sonego, Travaglia, Caruso, l’altro golden boy Musetti, Mager e Seppi, tutti in rigoroso ordine di graduatoria Atp. Appena fuori dalla top 100, oggi al numero 136, c’è il faentino classe 1992 Federico Gaio che, dopo aver ottenuto il primo successo contro un top 50 (Benoit Paire, 34°) nell’Atp 500 di Barcellona due settimane fa, rincorre l’ingresso tra i cento più forti al mondo.
Gaio, come si spiega questo magic moment del tennis italiano?
«Da tanti anni la Federazione investe nell’avere più tornei, più Challenger e in tantissime altre cose. Dopo un lungo lavoro di tanti anni, grazie anche ad alcuni giocatori che hanno trascinato più di altri, vengono finalmente raccolti i frutti. Tutto il sistema ne ha beneficiato e questi sono i risultati di una Federazione che, oltre ad avere ottimi giocatori, ha lavorato molto bene».
Tra i più giovani e già fortissimi ci sono Sinner e Musetti che lei ha affrontato nel recente passato. 
«Sono due ragazzi splendidi, bravi, devoti al lavoro e sempre molto sul pezzo. Tutte caratteristiche che, al giorno d’oggi, non sono scontate. Hanno due giochi differenti ma molto orientati al futuro. Personalmente, vedo entrambi molto bene: Sinner ha un gioco di altissimo livello e una maturità incredibile per l’età e così anche Lorenzo (Musetti, ndr) che ha forse ancora qualche difficoltà in più nel gestire le emozioni. Sono convinto che entrambi daranno grandi soddisfazioni». 
Con la sua esperienza, quale consiglio si sente di dare?
«Cosa posso dire a Jannik? (Ride, ndr) Il consiglio dovrebbe darmelo lui. E lo stesso vale per Lorenzo. Devono continuare così, rimanendo molto concentrati su ciò che devono fare. Sinner è già un professionista di altissimo livello al pari dei primi 5-10 al mondo, lo sono lui e il suo team, e Musetti va in quella direzione. A questi livelli conta tanto il team».
In che senso?
«Più persone hai al seguito che riescono a farti stare al meglio e più riesci a concentrarti solo su quello che devi fare».
Entrambi faranno da traino per i giovanissimi?
«Aiuteranno molto le generazioni a seguire. Così come i risultati che hanno portato dieci italiani nei primi cento. E speriamo entri a breve anche l’undicesimo in classifica (ride riferendosi a se stesso, ndr). Abbiamo sempre avuto un tennis di alto livello ma mai così e sono sicuro che questo momento d’oro durerà per molti anni».
Cosa è mancato a Federico Gaio, fino a qui, per arrivare in top 100?
«Continuità. Ho troppi alti e bassi sul lungo tempo: ci sono settimane in cui gioco bene e in altre meno. Non credo mi manchi il tennis bensì trovare questa continuità di gioco e prestazioni. Ho picchi molto alti ma purtroppo anche picchi parecchio bassi. Devo riuscire a essere più equilibrato e costante magari senza quei momenti altissimi». 
Il suo prossimo obiettivo è perciò entrare nei primi 100?
«Esatto ma non è facile. O giochi tantissime partite ad un livello incredibile come fatto da Sinner e Musetti, oppure è complicato muoversi con l’attuale classifica. Alcuni punti escono ancora soltanto al 50% e non è semplice. In una situazione normale prima della pandemia, il numero 100 del mondo aveva 580 punti mentre ora siamo attorno a 800: servono tantissimi punti per avanzare di poco». 
L’anno scorso, quando tutto si è fermato, era nel suo momento migliore…
«È così e avrei avuto poco da difendere. Posso dire che mi ha svantaggiato ma sono certo che se riuscirò ad esprimere il mio tennis, non ci sarà imprevisto che tenga. Come dico sempre: entrerò nei primi cento quando me lo meriterò».  
Si è già allenato con Nadal, Federer e Djokovic. Cosa le hanno lasciato in dote?
«Ti fanno capire tantissime cose: livello e qualità. La cosa che più mi ha colpito è come, su un determinato colpo, si concentrino anche se sbagliano sei volte di fila. Loro se ne sbattono e continuano ed è giusto così nonostante, a volte, quando non vengono le cose, si tende a cambiare per provare a farlo venire in qualche modo. Ecco, loro sono super a focus su ciò che devono fare in ogni singolo momento dell’allenamento».
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