Richiedenti asilo in calo, nessuna emergenza fra Ravenna, Faenza e Lugo

Romagna | 22 Luglio 2018 Cronaca
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Barbara Gnisci e Silvia Manzani - «I ragazzi sono spaventati da quello che vedono al telegiornale. Sentono la diffidenza del popolo italiano e continuano a chiedere informazioni e a farci molte domande: vorrebbero sapere come gira il mondo». A parlare è Marco Bandini, presidente della cooperativa sociale 3° Millennio, ente gestore di un Cas (Centro di Accoglienza Straordinaria) erogato dal Comune di Ravenna.
Quaranta i posti, trentanove quelli assegnati nel centro di accoglienza che si trova in città, a Ravenna: «Dalla mia esperienza, posso dire che gli arrivi dei richiedenti asilo sono calati: a ogni fuoriuscita, non corrisponde più un nuovo ingresso, come accadeva fino a due o tre mesi fa. Questa inversione di trend la noto soprattutto nei centri di accoglienza del forese gestiti dalla cooperativa La Pieve, di cui sono consigliere delegato». Nigeriani, camerunensi, ivoriani, gambiani, pakistani e bengalesi. Tutti uomini, tra i venti e i trenta anni, gli immigrati accolti e che cominciano a percepire un cambiamento nel clima sociale: «Molti di loro quando ricevono un diniego alla domanda di protezione internazionale pensano che sia legato all’aria che tira, ma noi sappiamo che non c’è una connessione tra la risposta della Commissione territoriale e quanto sta accadendo. Tuttavia,  chi è accolto in centro città ha a che fare con una crescente diffidenza e perplessità da parte dei cittadini, anche semplicemente da parte del vicinato, cosa che invece non accade per chi risiede nei Cas de La Pieve, situati a Mandriole, San Pietro in Campiano e a Mensa Matellica. Del resto, in campagna l’integrazione è sempre stata più facile da ottenere».
 
RAVENNA, «RAZZISMO AUTORIZZATO»
Alcuni vicini di Casa Dounia, che in via San Gaetanino a Ravenna ospita una ventina di persone tra donne e minori stranieri, qualche settimana fa hanno urlato dalla finestra «La pacchia è finita, tornerete a casa!». Parole che secondo Soheila Soflai Sohee, coordinatrice dei progetti di integrazione per la cooperativa sociale Società Dolce, la dicono lunga sul clima che si respira dal governo Salvini in poi sul tema dei migranti: «Tra Casa Dounia e Casa Maria accogliamo un quarantina di persone in tutto, donne richiedenti asilo e bambini. Noi operatori siamo molto preoccupati anche se tra gli assistiti una consapevolezza precisa di quel che sta accadendo non c'è ancora. Prossimamente abbiamo intenzione di organizzare degli incontri per spiegare cosa sta succedendo. Le mie paure riguardano l'aumentato stato di incertezza in cui queste persone già vivono in attesa dell'esito della richiesta di protezione internazionale ma soprattutto il contesto di razzismo autorizzato. Non è semplice evitare di trasmettere i nostri timori. Non solo: nel momento in cui le nostre donne percepiranno di essere sotto torchio, il conflitto interno aumenterà e lavorare non sarà semplice: siamo pur sempre i bianchi, quindi visti come i nemici».
 
FAENZA E CERVIA: «ASPETTIAMO»
«Le azioni del nuovo Governo non hanno avuto ancora un impatto nella quotidianità dei nostri servizi». Secondo Denis Gentilini, referente del settore Minori e Salute Mentale per la cooperativa Zerocento di Faenza, è prematuro parlare di cambiamenti sostanziali nell'ambito dell'accoglienza dei migranti. In provincia, Zerocento gestisce quattro Centri di accoglienza straordinari (due a Faenza, uno a Ravenna e uno a Cervia), oltre alla comunità per minori Piazza Dante di Faenza, inserita nel Progetto Spar: «A livello numerico, nel giro dell'ultimo anno, abbiamo visto una riduzione dei flussi che però non è imputabile certo a fatti recenti. A Cervia, dove è il nostro Cas più grande, la scorsa estate avevamo oltre cento persone. Adesso siamo sotto quella cifra. Steso discorso per i minori stranieri non accompagnati: sono calati soprattutto gli albanesi. Ma anche in questo caso, il fenomeno ha radici che affondano più indietro. Va anche detto che noi rappresentiamo l'ultimo pezzo dell'accoglienza e saremo forse gli ultimi ad accorgerci di eventuali sconvolgimenti». Difficile, d'altro canto, fare previsioni precise: «Non sappiamo bene cosa aspettarci. Dalle parole ai fatti, spesso, ne passa: dovremo capire come il "non accogliamoli" si coniugherà con le modalità e i tempi dell'accoglienza e come, nei fatti, lavoreranno le commissioni territoriali che valutano le richieste di protezione internazionale». 
 
BASSA ROMAGNA: «SPERANZOSI»
Cauto anche Marco Scardovi, responsabile dei progetti di inserimento socio-lavorativo per il Cefal, che segue 120 persone in accoglienza a Lugo, Alfonsine, Cotignola e Fusignano: «I nostri assistiti danno per scontato che ci sono persone più diffidenti e altre meno. Non abbiamo percepito cambiamenti negli ultimi tempi, tantomeno sui social. Siamo abituati a lavorare e collaborare con varie realtà associative del territorio, che continuano a cercarci. In generale, notiamo che quando si riescono a fare i primi passi di conoscenza reciproca, che sia attraverso lo sport, il lavoro, la formazione, molte barriere vengono meno». Nemmeno da operatore Scardovi è timoroso: «L’epoca attuale fa rima con individualismo. Cosa triste che però non credo sia determinata dal Governo».
 
 
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