Ravenna, nasce un gruppo di volontari per insegnare l'italiano agli stranieri
Si sentono molto vicini alla questione migratoria, vogliono apportare migliorie alla propria città, oppure semplicemente rendersi utili o fare qualcosa di diverso: sono queste le motivazioni che hanno spinto un gruppo di ravennati a partecipare a un corso di formazione per volontari per l’insegnamento della lingua italiana agli immigrati che si è svolto tra la Casa delle Culture e la Casa del volontariato di Ravenna. Un’iniziativa che rientra nel progetto «Smart sistema per il miglioramento dell’accoglienza sulla rete territoriale» di cui è capofila il Comune di Ravenna e che gestisce il Cpia di Ravenna, Faenza e Lugo: «Sono persone provenienti da formazioni differenti - spiega Monica D’Argenzio, l’insegnante che ha tenuto uno dei due corsi per i volontari - e tutte animate da buoni propositi. L’obiettivo del corso è quello di creare dei volontari che poi potranno affiancare gli insegnanti del Cpia nei corsi di italiano per stranieri». Una ventina i volontari, suddivisi in due gruppi e che si sono incontrati una volta a settimana per un totale di 18 ore: «Si è trattata di una formazione teorica che si è focalizzata, come fosse un racconto, dal momento in cui uno studente entra a scuola a chiedere informazioni fino allo svolgimento delle lezioni in classe. Nel mio corso (l’altro è stato condotto da un’altra insegnante) ho posto in particolar modo l’attenzione sugli strumenti operativi. I volontari non devono essere dei tecnici. Ciò che devono imparare è accogliere lo studente, valutare il test di ingresso, scegliere il gruppo nel quale inserirlo. Ho portato in classe anche delle “registrazioni vocali” per dare loro un’idea di quale può essere il livello di italiano di uno studente straniero». Alla parte teorica seguirà, nei mesi prossimi, quella pratica direttamente in classe: «Successivamente i volontari dovrebbero somministrare un test di ingresso agli studenti immigrati provenienti dai progetti di accoglienza che poi formeranno due nuove classi. Dovranno inoltre correggere i test e partecipare alla formazione delle classi. Successivamente, a rotazione, andranno in aula, in un primo momento per osservare la modalità di insegnamento del docente e poi per affiancarlo durante le lezioni, fino ad arrivare a preparare insieme il materiale per le classi. In questo senso l’aspetto teorico sarà supportato dalla pratica. Ora l’interrogativo importante è capire se con il Covid-19 sarà possibile procedere». Prerogativa dell’insegnante è quella di dare ai volontari una serie di spunti di riflessione su quale approccio utilizzare quando si entra a contatto con uno straniero: «Ci siamo soffermati molto su come valutare lo studente, su quali elementi tenere in considerazione. Per esempio se la sua lingua madre condivide con la nostra lo stesso alfabeto oppure no. Se una persona non conosce l’italiano non è detto che non sappia nulla. Dall’altra parte ci sono sempre tante risorse e sono quelle che bisogna far emergere e mettere in evidenza. Nessuno è una tabula rasa, un foglio bianco da riscrivere. Si tratta sempre di un confronto tra due mondi. Non esiste una gerarchia di culture, ma solo il confronto tra due persone». (b.g.)