Ravenna, affido di minori, servono nuove famiglie

Romagna | 21 Ottobre 2017 Cronaca
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Barbara Gnisci e Silvia Manzani - Centoventuno tra affidi e sostegni. Sono quelli realizzati nel 2016 nei territori di Ravenna, Cervia e Russi dall'Asp. Ma di famiglie disponibili ad accogliere minori ne servono di nuove. E su tre fronti, come sottolinea la coordinatrice del Centro per le famiglie di Ravenna Claudia Mosciatti: «Il bisogno non riguarda solo l'affido a tempo pieno che offre al bambino la possibilità di vivere in un ambiente sereno e rassicurante, ma anche il reperimento di persone disponibili a svolgere azioni di sostegno familiare. Ci sono diverse situazioni, soprattutto nella fascia di età che va da zero a tredici anni, nelle quali i bambini e i ragazzini hanno bisogno di essere supportati per qualche ora alla settimana, prevalentemente dal lunedì al sabato e in orario pomeridiano, perché le famiglie d’origine hanno delle fragilità. Inoltre stiamo cercando di ampliare la rete di famiglie disponibili ad accogliere le emergenze, per esempio in presenza di neonati e bambini fascia età 0/6 anni». Secondo Mosciatti, a ostacolare l'attivarsi delle famiglie sono diversi ordini di problemi: «Credo che sia l'affido che il sostegno siano istituti non troppo conosciuti e forse, nell'immaginario comune, non è chiaro che non sono previsti gli stessi requisiti e vincoli del percorso adottivo. Possono dare disponibilità coppie con o senza figli e anche persone singole indipendentemente dall’età». Ma c'è dell'altro: «Credo che molto dello scetticismo derivi dal fatto che si teme il rapporto con la famiglia originaria del bambino e anche la fatica della separazione al momento della conclusione del percorso, visto che sua l’affido che il sostegno sono progetti a termine. In realtà, se si costruiscono buone relazioni, il genitore affidatario può restare nella vita del minore anche quando non ha più quel ruolo».
 
NINA, IL SOGNO DI FRANCESCA
«Quando prendi un bambino in affido, lo scegli ogni giorno. Questa è la grande differenza tra il crescere un figlio tuo e un altro che non lo è. Tu con le tue fragilità e lui con le sue problematicità: ripensi sempre alla scelta che stai facendo. È questo il bello dell’affido». Giulio, 42enne, ravennate, tre anni fa ha seguito il desiderio della moglie Francesca, di intraprendere la strada dell’affido e così nella loro vita è arrivata Nina: «I servizi sociali ci chiamarono e ci dissero che Nina aveva bisogno di noi e in quel momento io risposi ‘sì’ con il cuore». Per Francesca, 41 anni, la storia dell’affido era un sogno nel cassetto che custodiva sin da quando ascoltava i suoi catechisti raccontare della loro esperienza con un bambino in affido: «Mio marito e io volevamo dare un fratello o una sorella a nostra figlia Greta ma quando capimmo che un altro figlio naturale non sarebbe arrivato e che l’iter per l’adozione era troppo lungo e tanto distante da ciò che volevamo, optammo per l’affido». Un percorso composto da una serie di colloqui con gli assistenti sociali, con uno psicologo e con famiglie che per l’affido ci sono già passate. Ed è così che il sogno di Francesca, ormai diventato anche di Giulio, si concretizza: «Una mattina in piena estate mi arrivò una telefonata dai servizi sociali in cui ci dissero che c’era per noi una bambina di quasi un anno. All’inizio ne fui spaventata, ma in realtà neanche troppo e partimmo insieme per questa avventura». Un’esperienza di certo importante e per vari aspetti complicata: «Si tratta di una figlia condivisa, non puoi prendere decisioni per lei senza consultare i servizi sociali che ne hanno la patria podestà. Inoltre tutti i fine settimana, Nina li passa con la sua famiglia di origine. In quei giorni, noi non abbiamo contatti. Sono due mondi separati, e quando lei ritorna a casa, devi cercare di farli coesistere». Un rientro a casa, dove Nina trova Greta, di otto anni, ad aspettarla: «Quando abbiamo deciso di prendere in affido Nina, abbiamo prima chiesto a Greta se potevamo prestare la sua mamma a un’altra bimba che ne aveva bisogno. Lei ha accettato e ne ha risentito, almeno all’inizio: improvvisamente la sua mamma metteva a dormire un’altra bambina. Con il passare del tempo però, tra di loro si è creato un forte legame e adesso giocano e bisticciano come fanno tutte le sorelle».
Due figlie e un grande amore. «Forse per me - confida Giulio - è stato più facile innamorarmi di Nina, rispetto a mia moglie. Lei era abituata con Greta, che aveva tenuto nella pancia. Questa volta, invece, partivamo entrambi dalla stessa condizione». Un affido che viene riconfermato ogni due anni: «Una delle difficoltà più grandi da affrontare - spiega la madre affidataria - sono le aspettative che ci si crea. Non sai quanto la bambina rimarrà con te. L’intento è quello di darle serenità in funzione del fatto che un giorno possa tornare dalla sua famiglia di origine, se questa segue il percorso giusto. Le uniche aspettative che devi crearti sono quelle per il suo bene». Oggi Nina è una bambina di quattro anni dal carattere forte e deciso: «Comincia ad assumere le espressioni di Francesca e di nostra figlia Greta – conclude Giulio – tanto che mi sembra che si assomiglino. Non so se me ne convinco. In ogni caso, adoro vedere crescere Nina insieme a noi».
 
NABI: «A 18 ANNI HO SCELTO DI RESTARE»
È arrivata dalla Libia nel 2008, a undici anni, lasciando la famiglia nel suo Paese d’origine. E dopo essersi allontanata dalla casa di alcuni zii che l’avevano ospitata insieme alla sorella ma dove c’era un forte disagio, Nabi, oggi studentessa universitaria ventenne, è stata per un po’ di tempo in una casa famiglia a Ravenna. Fino a quando le è stata proposta una famiglia affidataria: «Da tempo sognavo di avere dei ‘genitori’ e una casa. E pur non avendo mai perso le speranze che potesse accadere, tante volte ho sofferto perché il tempo passava e la chiamata non arrivava. Spesso le famiglie preferiscono i bimbi molto piccoli, io invece avevo già sedici anni». Non è stato semplice, per lei, ambientarsi nel nuovo contesto: «Era tutto nuovo, avevo le mie abitudini, ero abituata a trascorrere i fine settimana con un’altra famiglia che pensavo che prima o poi mi avrebbe presa in affido. Ma poco a poco mi sono inserita, ho imparato a voler bene ai miei ‘genitori’ e loro a me. E quando ho compiuto 18 anni, è stato automatico scegliere di rimanere, così come per loro è stato naturale volermi con sé».
 
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