Quando c’era la Buriana e non il Burian

Romagna | 16 Aprile 2018 Tradizioni
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Gilberto Casadio*
La buriana è passata. Almeno si spera. In questa prima decade di aprile abbiamo avuto anche alcune belle giornate piene di sole e qualche rondine si è vista nel cielo anche se, come si sa, una rondine non fa primavera. In Romagna infatti la primavera la fa un altro uccello: il cuculo, il cui arrivo è previsto proprio in questi giorni.
I du o tri d’abril / e’ coch l’ha da vni: / j ött, s’ u n’ è vnu, / o ch’l’è môrt o ch’l’è cött. (Il due o il tre d’aprile, il cuculo deve venire: l’otto, se non è venuto, o è morto o è cotto). Tendete dunque l’orecchio e se sentite il suo reiterato cu-cù, solo allora avrete la certezza che la cattiva stagione è veramente finita.
Ma torniamo alla buriana che, con altri termini simili, ha tenuto accesa per alcuni giorni una disputa filologica/etimologica molto rara a trovarsi nei giornali e in tv.
Partiamo da burian, il vento freddo proveniente dalle steppe della Russia che - preceduto da inquietanti allarmi meteo - ha dato origine alla prima nevicata di lunedì 26 febbraio. In realtà il termine burian in russo non esiste: esistono solo buran e buriá. Grazie alla consulenza dell’amica Silvia Togni, che di russo è interprete e traduttrice, posso dirvi che buriá significa ‘uragano, tempesta, burrasca’ ed è parola dell’antico slavo passata in molte lingue moderne slave e scandinave. Buran è invece più propriamente la «tempesta di neve» e l’origine va cercata nel vocabolo turco buran, identico per forma e significato.
Buran è riportato come termine straniero nel Dizionario moderno di Alfredo Panzini (cito l’edizione del 1935): Buran, o italianamente burano, voce russa che significa tempesta di neve, accompagnata da vorticoso vento. E allora il burian di cui si è parlato tanto? È l’invenzione di qualche pressapochista che si è fatto probabilmente influenzare da buriana, che ha, con tutta probabilità, altra origine.
L’italiano regionale buriana infatti fa parte di una famiglia di parole derivate dal greco antico boréas, attraverso il latino bòrea, ‘borea, vento del nord, nord’, di origine incerta, ma senza collegamenti, a quanto pare, con i due termini russi di cui sopra.
Da bòrea viene il triestino bora ‘vento impetuoso di nord-est’ - poi passato in italiano - e il nostro bura attestato però solamente nei dizionari più recenti: quelli ottocenteschi hanno bora. Dice un proverbio La bura tri dè la dura ‘la bora dura tre giorni’ e un altro specifica Cun la bura: e’ sren a la piâna / e la nev a la muntâgna ‘con la bora: il sereno in pianura e la neve in montagna’.
E la buriana? In romagnolo non esiste in questa forma, almeno secondo quanto ci dicono i dizionari. Solo l’Ercolani e il Masotti riportano burâna (senza la i) nel senso di ‘temporale intenso ma di breve durata’. Mentre il Dizionario del Panzini, sopra citato, registra anche il significato traslato di confusione: ‘Far buriana, in romagnolo, far chiasso, cagnara, caciara’.

* autore del Vocabolario etimologico romagnolo
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