Oggi l'assemblea di Legacoop a Cesena. Mazzotti: «Qualche miglioramento nel 2016; servono investimenti pubblici»

Romagna | 20 Marzo 2017 Economia
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«Il 2016 è stato un anno dove finalmente l’economia locale ha visto un po’ di luce dopo anni di crisi: hanno finalmente prevalso cooperative che hanno raggiunto risultati positivi e in crescita rispetto all’esercizio precedente. Complessivamente notiamo una tenuta del fatturato e un leggero incremento dell’occupazione. Restano problemi di marginalità per molte imprese, segno di un mercato molto più concorrenziale e di una competizione che si sviluppa ancora principalmente sui prezzi. Così come restano settori importanti, a cominciare dall’edilizia e dal suo indotto, che non riescono ad uscire dalla situazione di grave crisi in cui sono caduti. Segnali contradditori, con luci e ombre, si manifestano anche nell’agroindustria, mentre nei servizi e nel sociale si sono registrati i segnali più positivi». Mario Mazzotti, presidente di Legacoop Romagna, illustra così l’andamento delle cooperative aderenti che si riuniranno lunedì 20 marzo (dalle 9) presso la Sala 3 Papi del centro fieristico di Pievesestina di Cesena per l’assemblea annuale. «Sarà l’occasione per fare il punto della situazione nelle nostre imprese e per fare un primo bilancio di come abbiamo lavorato dal novembre 2015, quando è stata cambiata la governance dell’associazione. Siamo soddisfatti per il lavoro compiuto e in continuità di obiettivi con quanto già definito all’atto di costituzione di Legacoop Romagna».
Cosa dobbiamo aspettarci da questo 2017?
«Ci aspettiamo un consolidamento di questi dati anche se purtroppo, pur essendo la situazione dell’Emilia Romagna ancora migliore rispetto a quella nazionale, si fatica a vedere quello scatto necessario per far tornare l’economia alla situazione pre-crisi. Vi sono le politiche di sostegno alla crescita e alla domanda fatte in questi anni, costate moltissime risorse, che hanno sortito un effetto limitato e inferiore alle attese. Siamo preoccupati della situazione del sistema bancario in generale, del peso del deficit pubblico, del pericolo che possano scattare le clausole di salvaguardia nei confronti dell’Italia da parte dell’Europa e di quello che può produrre una eventuale, ma non auspicabile, vittoria di forze anti europeiste in Paesi strategici come Olanda, Francia e Germania che sono chiamate al voto nelle prossime settimane. C’è dunque una stretta correlazione fra il futuro economico del nostro Paese e delle nostre imprese e il futuro politico dell’Italia e dell’Europa. Pensiamo che per contrastare le paure innescate dalla fase ripiegante della globalizzazione sia sbagliato rifugiarsi nelle chiusure nazionalistiche e pensare che lo sviluppo passi attraverso ricette populistiche e rigoriste. Serve invece un rilancio di politiche e investimenti pubblici, cosa che è mancata in questi anni. Inoltre servono uno sforzo e un lavoro per rafforzare i valori della solidarietà e lo ‘spirito comunitario’, antidoti al ripiegamento culturale di questa fase, di cui l’idea e i valori della cooperazione sono parte fondamentale».
A gennaio doveva nascere l’Alleanza delle cooperative italiane come soggetto unico, ma i tempi non sono ancora maturi. Qual è la nuova road map?
«L’obiettivo della costruzione dell’Aci, la casa unica dei cooperatori italiani, resta pienamente valido ed è stato confermato come fattibile, perseguibile dal nuovo coordinatore dell’Alleanza, Maurizio Gardini, attuale presidente di Confcooperative. E’ chiaro che un passaggio così importante, che chiama a raccolta storie, culture, modalità organizzative e di lavoro diverse, per poter svilupparsi appieno ha bisogno di un lavoro dal basso, dai territori, dai settori e dalle cooperative forte e articolato, capace di superare quelle residue diffidenze e partigianerie che sempre accompagnano i processi di fusione. Siamo impegnati su questo fronte in regione e in Italia e il timing per il 2017 prevede già la cessione di sovranità verso l’Aci di alcune attività importanti, proprie di ognuna delle tre centrali, come ad esempio gli uffici di Bruxelles».
L’occupazione nel mondo cooperativo ha tenuto in questi dieci anni di crisi meglio di altre forme d’impresa. Perché?
«La ragione sta in parte nella natura stessa dell’impresa, nel suo dna costitutivo che prima di tutto vede il lavoro dei soci e vuole tutelare il lavoro dei propri dipendenti. Per questo mette in campo ogni sforzo possibile contro la perdita dell’occupazione e sviluppa i principi mutualistici di cui è portatrice. Questo ha portato molte cooperative a dare solidarietà ad altre imprese e marca una differenza tra il mondo cooperativo e quello privato. Spesso si è trattato di risorse di imprese addirittura operanti in altri settori. A volte ha prodotto buoni risultati, altre non ha risolto le crisi, ma ha consentito di attenuare gli effetti negativi sui soci, sui lavoratori e di rappresentare comunque un riferimento importante».
Una risposta alla crisi è stata la nascita di cooperative di workers buyout (imprese rilevate dai lavoratori). Quanto è moderno questo strumento?
«E’ una risposta molto utile e innovativa sulla quale stiamo lavorando, che è stata valorizzata anche dalla Regione Emilia-Romagna alla conferenza della cooperazione. E’ un’opportunità non solo per le aziende in difficoltà, ma anche per quelle realtà senza un successore nella linea ereditaria famigliare. Insomma è uno strumento a disposizione dei lavoratori per mantenere punti produttivi che faticherebbero a sopravvivere. Su questo punto pensiamo che i progetti da concretizzare dovrebbero essere fatti anche in collaborazione con le amministrazioni locali, a partire dai Comuni, e utilizzando risorse del mondo della cooperazione».
Cosa vi aspettate dal progetto «Coopstartup Romagna»?
«Si pone lo scopo di far nascere nuove cooperative. E’ un progetto rivolto ai giovani e non solo, aperto a tutti i settori. Presto uscirà un bando ad hoc realizzato da Legacoop Romagna, Coopfond e con la partecipazione di Coop Alleanza 3.0 che si rivolgerà a tutta la comunità romagnola, ma anche a imprese cooperative operanti che vogliono far nascere nuove realtà».

Christian Fossi - Foto Massimo Fiorentini
 
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