La rinascita dell’Anfora: creare vino nella terracotta piace sempre di più

Romagna | 28 Settembre 2017 Le vie del gusto
la-rinascita-dellanfora-creare-vino-nella-terracotta-piace-sempre-di-pi
Non è romanticismo. Sfatiamo subito un mito. Quello dell’affinamento del vino nell’anfora è tecnica quanto mai contemporanea e attuale. E’ vero che questo contenitore in terracotta trova i suoi primi utilizzi nella notte dei tempi, ma oggi l’universo vitivinicolo italiano e internazionale lo sta riportando in auge. Con risultati altalenanti ma alcuni anche sorprendenti. Soprattutto sui vitigni a bacca bianca. L’uso della terracotta, nella storia dell’alimentazione e del commercio, vede la sua presenza e utilizzo già a partire dall’8.000 a.C. Da qui solo nel 2.000 a.C sembra che le anfore venissero utilizzate per la fermentazione vera e proprio. Il legno prima, già nel primo secolo a.C, e l’inox poi hanno nel corso del tempo sostituito e mandato in dimenticatoio la terracotta. In Italia il vignerol friulano Josko Gravner ha anticipato questa rinascita proponendo sul mercato prodotti dalla grandissima identità e specificità organolettica. Oggi siamo infatti abituati a degustare vini fortemente impreziositi da quei sentori terziari, cioè caratteristiche nell’aroma e nel gusto cedute dal contenitore, oppure vini freschi e fragranti legati all’utilizzo dell’acciaio. Con l’anfora la questione è ben altra. Quindi ci viene da chiedere, che prodotti enologici otteniamo con l’utilizzo dell’anfora e che vantaggi si possono avere? Gli esperti innanzitutto affermano che l’anfora di terracotta è eterna rispetto al legno. Una questione economica non di poco conto sul versante del bilancio aziendale. A questo si aggiunge un aspetto tecnico che evidenzia come fino ad ora non è stata riscontrata nessuna contaminazione microbiologica di Brettanomyces nei vini prodotti all’interno dei contenitori in terracotta. Ed ancora, come già detto, a differenza delle barrique e di qualsiasi altra botte di legno, l’argilla non cede nessuna sostanza che influenzi il gusto e, rispetto all’acciaio, non sigilla ermeticamente il contenuto lasciando invece «respirare» il liquido contenuto al suo interno. Questo se però le pareti interne non vengono ricoperte da cera d’api o da altri isolanti. Inoltre le anfore, se non presentano difetti, sono economicamente più vantaggiose. Costano quasi come una barrique ma a differenza loro possono essere riutilizzate e sono eterne. Infine c’è un aspetto che non va sottovalutato e che sta invece convincendo sempre più produttori a sposare la sfida dell’anfora, quella cioè di essere in grado di dare una firma identificativa del vino. I prodotti sono quelli che provengono dalla macerazione e non vengono intaccati da «aggiunte» sovrastrutturali. I maggiori produttori delle anfore sono oggi la Georgia e l’Armenia. Paesi che sempre le hanno utilizzate nella vinificazione. In Georgia questi contenitori (Kvevri) arrivano fino alla capacità di 80 quintali di vino e per cercare di garantire il massimo isolamento possibile dagli agenti esterni vengono interrate. In Italia l’utilizzo non è diffusissimo ma è in continua crescita. Sul versante della produzione dei contenitori in terracotta il punto di riferimento è la Toscana ad Impruneta. In Emilia Romagna la questione è in fase di sviluppo. Nella terra del Passatore il primo progetto sperimentale arriva grazie all’intuizione del tandem composto dal compianto Valter Dal Pane e da Carlo Catani che alcuni anni fa, assieme ad un piccolo gruppo di produttori, ha deciso di riprenderne l’utilizzo. Oggi sono sedici i produttori che fanno parte del progetto «ANsomigaFORA» nato per raccontare questa idea vitivinicola, anche se ne stanno aggiungendo altri, e che immettono ogni anno i loro vini in anfora sul mercato. Quasi tutti sono il prodotto dalla lunga macerazione delle uve di Albana, quasi sempre in purezza, anche se qualche esempio con il Centesimino e il Sangiovese non manca.
 
Questi i produttori emiliano romagnoli in anfora:
Tenuta La Viola (Bertinoro), Tenuta Pennita (Castrocaro), Cantina San Biagio Vecchio (Faenza), Vigne san Lorenzo (Brisighella), Vigne dei Boschi (Brisighella), Villa Liverzano (Brisighella), Tre monti (Imola), Villa Papiano (Modigliana), Villa Venti (Roncofreddo), Leone Conti (Faenza), Paolo Francesconi (Faenza), Podere Vecciano (Coriano), Orsi Vigneto San Vito (Monteveglio). Dal 2015 si sono aggiunti Braschi (Mercato Saraceno), Bartolini (Mercato Saraceno), Ancarani (Faenza). Dal 2017 invece fanno parte del progetto Vini Giovannini, Az Agricola Baccagnano (Brisighella), Acetaia San Giacomo (Novellara).
 
Giorgio Melandri: «Ok con l’Albana, ma non con i rossi»
«Nel mondo del vino si parla di terroir, un concetto di grande modernità. Il terroir è un sistema complesso che coinvolge un luogo e una comunità. Il luogo ci mette la vocazione, la comunità la tradizione, un gusto e la capacità di innovare. La storia delle anfore in Emilia-Romagna è un tentativo che rientra nel dovere di innovazione di una comunità. Oggi, dopo qualche anno di prove, possiamo fare una prima analisi di quanto è successo. Nel bene e nel male. Nel bene possiamo constatare che c’è un vitigno, l’albana, che si esprime bene attraverso le lunghe macerazioni imposte dalle vinificazioni in anfora. Non a caso somiglia, nell’acidità sostenuta e nell’alto contenuto di polifenoli, ai vitigni bianchi della Georgia, la patria delle vinificazioni in anfora. Lo stesso invece non si può dire per i rossi che vinificati in anfora, consegnano vini lisi e fiaccati. Nel male possiamo dire che, nella storia e nella tradizione, il metodo è un racconto convincente del vino. Non lo è stato la barrique, non lo sono i sesti di impianto, non lo sono tutti i tecnicismi. C’è lo stile, ma non come narrazione tecnica. Le anfore hanno aiutato l’albana a sfidare le macerazioni e la hanno aiutata a recuperare una vecchia identità».
 
 
Compila questo modulo per scrivere un commento
Nome:
Commento:
Settesere Community
Abbonati on-line
al settimanale Setteserequi!

SCOPRI COME
Scarica la nostra App!
Scarica la nostra APP
Follow Us
Facebook
Instagram
Youtube
Appuntamenti
Buon Appetito
Progetto intimo
FuoriClasse
Centenari
Mappamondo
Lab 25
Fata Storia
Blog Settesere
Logo Settesere
Facebook  Twitter   Youtube
Redazione di Faenza

Via Severoli, 16 A
Tel. +39 0546/20535
E-mail: direttore@settesere.it
Privacy & Cookie Policy - Preferenze Cookie
Redazione di Ravenna

via Arcivescovo Gerberto 17
Tel 0544/1880790
E-mail direttore@settesere.it

Pubblicità

Per la pubblicità su SettesereQui e Settesere.it potete rivolgervi a: Media Romagna
Ravenna - tel. 0544/1880790
Faenza - tel. 0546/20535
E-mail: pubblicita@settesere.it

Credits TITANKA! Spa
Setteserequi è una testata registrata presso il Tribunale di Ravenna al n.457 del 03/10/1964 - Numero iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione:
23201- Direttore responsabile Manuel Poletti - Editore “Media Romagna” cooperativa di giornalisti con sede a Ravenna, Arcivescovo Gerberto 17.
La testata fruisce dei contributi diretti editoria L. 198/2016 e d.lgs. 70/2017 (ex L. 250/90).
Contributi incassati

settesere it notizie-romagna-la-rinascita-dellanfora-creare-vino-nella-terracotta-piace-sempre-di-piu-n15961 005
Licenza contenuti Tutti i contenuti del sito sono disponibili in licenza Creative Commons Attribuzione