Faenza, Maggio 2023 - Maggio 2024 cronistoria e impressioni da un oceano di fango

Nel tardo pomeriggio inizio sera del 16 maggio 2023, Faenza e con lei praticamente l’intero territorio dell’Unione, a distanza di due settimane dalla prima alluvione dell’inizio del mese si trovano di nuovo alla mercè delle acque e del fango.
Sirene, elicotteri, forze di polizia e della Protezione civile, già da diverse ore, incessantemente accorrono lungo le rive del Lamone per mettere in salvo le persone e le famiglie che dal Ponte Rosso fino al Borgotto si trovano circondate e invase dalla furia delle acque torbide e gelide del fiume uscito dagli argini. Una città spezzata in due. Quella sotto il fango e quella ignara della immane tragedia che si stava consumando a poca distanza.
La pioggia continua, incessante, per tutta la notte a scendere da un cielo plumbeo e carico di rabbia. Nessuna luce, nessuna risposta dai telefoni ormai muti, solo urla di disperazione, angoscia e ricerca di aiuto di chi ha dovuto cercare rifugio sui piani più alti delle proprie abitazioni per sfuggire a un destino incerto e impantanato.
I soccorsi sono tempestivi. La macchina della protezione civile per giorni, almeno fino al 20 non ha mai smesso di fare la spola con gommoni, mezzi di fortuna, elicotteri per portare viveri, generi di prima necessità e soprattutto tanta umana vicinanza alle migliaia di persone rimaste bloccate nelle proprie case.
Solo una fortunata coincidenza non ha trasformato questo disastro in una tragedia collettiva. Solo la capacità e la resistenza di chi non voleva abbandonare le proprie abitazioni, le proprie cose, affetti e ricordi ha permesso di non perdere la speranza di poter tornare di nuovo a vivere una quotidianità che sembrava ormai trascinata via dalla furia dell’acqua.
Parallelamente, però, l’Italia si mobilità. Migliaia di giovani e non solo, ribattezzati come Angeli del fango, per intere settimane raggiungono la Romagna e il territorio faentino per aiutare, armati di stivali, badili e tanta solidarietà, a rialzarsi. Una solidarietà incondizionata e gratuita, sorretta da una colonna sonora collettiva, popolare e condivisa scritta e cantata sulle note di Romagna Mia, che non a caso ha colpito anche i vertici istituzionali del Paese. La visita pochi giorni dopo del Presidente Mattarella e successivamente il riconoscimento ufficiale ad alcuni di questi Angeli infangati, ne è testimonianza.
Le settimane passano e nei giardini, strade e aree pubbliche crescono le montagne dei ricordi infangati e distrutti in attesa di essere prelevati per essere cancellati per sempre. Un lavoro immane che ha coinvolto migliaia e migliaia di persone, aziende e associazioni.
Intanto le istituzioni tentano e cercano di lavorare per cercare di dare risposte, di dare un tetto, una parvenza di ritorno alla normalità, una risposta d’aiuto alle migliaia di famiglie che hanno perso tutto. Lo si fa, però, con la non facile consapevolezza che non sarà semplice e soprattutto veloce. Le visite del commissario per l’Alluvione, il generale Figliuolo, si alternano a singhiozzo e la preoccupazione per i ritardi negli aiuto post cataclisma cresce.
Poi ad aprile 2024, arriva il primo vero simbolo della “rinascita”, ancora tutta in divenire, l’apertura del ponte Bailey che finalmente ricongiunge il centro con il Borgo, aree ancora inginocchiate e ferite da questa catastrofe inimmaginabile e incomprensibile.
A maggio 2024, si svuotano gli alberghi e gli hotel che hanno ospitato gli sfollati per dodici mesi. Si asfaltano le strade, si concludono i lavori sugli argini, si tenta di iniziare a riscrivere una storia ancora tutta da ipotizzare ma che non potrà certo dimenticare di quando le lacrime si sono lasciate trascinare via dal fango.
 
 
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