Anna Balducci
Non è un leader novecentesco, una faccia da copertina; non è neanche sui social. La maggioranza degli studenti non saprebbe dire chiaramente che cosa faccia Luigi Neri seduto alla sua scrivania da 24 anni. La verità è che il nostro preside non sta seduto: va avanti, cammina - metaforicamente ma non solo - e qualche volta, sempre a sorpresa, entra nelle aule. Quando succede, sembra sorpreso anche lui di trovarsi lì: un po’ smarrito, si direbbe. Con lo sguardo di chi vede le cose per la prima volta, passa in rassegna le carte attaccate al muro, gli scaffali e i nostri occhi, puntati su di lui. Si capisce subito che, se era entrato smarrito, ora si è ritrovato: qualche parola di saluto alla professoressa ed è già fuori, nei corridoi e nel suo iperuranio, con le mani unite dietro la schiena e il naso all’insù. Nessuno saprebbe dire perché sia venuto, cosa stia andando a fare e soprattutto perché questa persona sia importante per noi. Ma della libertà, come dell’aria, è meglio non sentire la presenza che soffrire la mancanza. E siamo liberi, noi studenti del Torricelli-Ballardini, anche se non lo sappiamo. Liberi di proporre idee nuove ed essere ascoltati, di esprimere la nostra opinione ed essere ascoltati, di fare richieste ed essere ascoltati. Anche di protestare: a condizione, poi, di dialogare.
Il preside parla lentamente, con la voce e il piglio di chi pensa bene a cosa sta dicendo. Nei suoi discorsi le pause, come in uno spartito musicale, sono altrettanto importanti delle parole. È un uomo colto, Neri, a 360 gradi, ed è anche disponibile: la sua biblioteca mentale è aperta a tutti i curiosi, che senza dubbio sono la sua specie preferita. Quest’anno ci ha salutato con una lezione sul Sessantotto. Ci ha parlato di Jack Kerouac e ha citato una frase di On the road: «Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati. Dove andiamo? Non lo so, però bisogna andare». E noi andremo. Noi giovani del mondo, noi studenti del liceo, noi redattori de Il Castoro, che è una sua creatura. Nel primo numero, Neri salutava gli studenti: «Siate liberi e uscite allo scoperto». Continueremo a farlo. Lei continui a pensarci, guardarci, leggerci, parlarci; a fare, in sostanza, quello che un preside deve fare: praesidere, che in latino significa proteggere, dirigere, insomma prendersi cura.