Dal Tondo alla Berton, dalla Capit a Brisighella, il teatro dialettale aspetta a ripartire e prevede modifiche

Romagna | 25 Ottobre 2020 Cultura
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Federico Savini
Le partenze slitteranno verso fine anno e le classiche commedie romagnole saranno solo una parte dell’offerta, visto che anche le compagnie hanno difficoltà concrete a ritrovarsi, provare e progettare un futuro. Ma il teatro dialettale comunque resiste all’onda d’urto dell’emergenza sanitaria e progetta un cauto riavvio del sistema. Parliamo di un mondo intrinsecamente fragile, che se da un lato rispetto al teatro dei «professionisti veri» non vive l’incubo della perdita del lavoro, dall’altro sappiamo tutti quanto bene faccia alle persone anziane, che di un diversivo per scacciare la paura e la solitudine - specie in questa fase - hanno grande bisogno (vedi anche l’approfondimento sui centri sociali curato due settimane fa su queste pagine da Silvia Manzani).
Torniamo quindi a fare il punto sullo stato di salute del teatro dialettale, raccontando i progetti imminenti di chi ripartirà, attraverso le testimonianze di Alessandro Neri di Cvi de Funtanò, in rappresentanza della rassegna brisighellese «Un teatar par tott», Roberto Battistini di «Ritroviamoci al Rasi» che la Capit organizza all’omonimo teatro di Ravenna, Noemi Marzia Ricci del Tondo di Lugo e Mario Gurioli, deus ex machina e anche presidente della Filodrammatica Berton di Faenza.
I vostri progetti per la stagione 2020/2021?
Alessandro Ner
i: «Abbiamo deciso di partire sabato 19 dicembre, con nove serate che termineranno a fine marzo. Il tutto a Covid piacendo. Son avremo solo il dialettale, ma ho richiamato la compagnia Il Passaggio di Ravenna, specializzate nel teatro di Eduardo. Per la prossima estate abbiamo in programma sei serate tra luglio e agosto. In pratica, dividiamo la stagione in due parti».
Roberto Battistini: «Stiamo ultimando il programma sia di “Ritroviamoci al Rasi”, improntato al dialettale, sia di “Teatro Musica all’Alighieri”, che oltre alla classica operetta proporrà una serata dedicata alla storica trasmissione Studio 1 e l’allestimento di una nuova opera di Nevio Spadoni, Ignavi, produzione Capit. Ma anziché partire in ottobre, come di consueto, lo faremo in gennaio, tenendo conto delle normative vigenti».
Noemi Marzia Ricci: «Il 13 novembre partirà la mini-rassegna “Cinque venerdì al Tondo. Musica, danza e parole”, che proseguirà il 20 e 27 novembre e poi il 4 e 11 dicembre. Nascono in collaborazione con Paolo Parmiani, presso la sala polivalente opportunamente distanziata, con uno un metro e mezzo da ogni lato, le serate saranno tutte diverse, anche con musica e danza. I “Venar de Tond”, quindi il ciclo dialettale puro, quest’anno saltano».
Mario Gurioli: «Il 14 ottobre ci siamo riuniti in assemblea, decidendo di partire l’11 dicembre, con il classico Bota sò in cinque repliche, con due mesi di ritardo rispetto alla partenza nelle annate “normali”. Avremo poi la disponibilità del Masini a Capodanno, ovviamente con tutte le cautele del caso, e sia lì che al teatro dei Filodrammatici faremo La Moj de S-ciuparen, il nostro omaggio a Giuliano Bettoli che saltò l’anno scorso, in una decina di repliche. Ai Filodrammatici potremo ospitare dalle 50 alle 100 persone, a seconda dei gruppi di congiunti, che incidono sui posti disponibili perché loro possono stare vicini. Il teatro verrà gestito con un rigido protocollo e le prenotazioni, per le quali indicheremo le modalità, saranno solo telefoniche, con i dati per il tracciamento. Il programma per il 2021 prevede poi una serata con Alfonso Nadiani e alcuni attori di Cassanigo in monologhi e poesie di Alfonso e di Giovanni Nadiani, uno spettacolo degli Amici del Fontanone, una nuova commedia in italiano della Berton, il dialettale con la Compagnia del Borgo, i Lõn ad mêrz da recuperare e i saggi dei laboratori, che ripartiranno, in primavera. Abbiamo tra l’altro rinnovato la convenzione con l’Asp per la gestione del teatro fino al 2042, un bell’impegno per i nostri giovani! La precedente era del 1994, con la guida di Giuliano Bettoli e Luigi Antonio Mazzoni».
Com’è andata l’anno scorso?
Alessandro Neri: «In inverno è saltato il finale di stagione, con la serata delle premiazioni. L’estate è stato sorprendente per due ordini di motivi. Era la prima esperienza estiva a Brisighella e il pubblico ha superato le aspettative. E poi si è trattato di un pubblico in larga parte nuovo. L’atmosfera all’aperto è molto congeniale alle commedie romagnole».
Roberto Battistini: «Al Rasi sono saltati gli ultimi due spettacoli, e altrettanti non si sono potuti svolgere all’Alighieri».
Noemi Marzia Ricci: «La stagione dei Venar, organizzata con il Gad, terminava in dicembre, quindi non abbiamo avuto problemi. Quest’anno, però, l’abbiamo ritenuta improponibile».
Mario Gurioli: «La stagione si interruppe prima dei Lõn ad mêrz e de La Moj de S-ciuparen, del quale abbiamo tuttora la scenografia montata. L’Agosto d’Argento è saltato, in accordo con le normative previste dall’Asp».
Pensate che una parte del pubblico, comunque, non se la sentirebbe di venire? Qual è il polso degli affezionati?
Alessandro Neri: «Abito a Faenza ma da chi dirige il circolo di Brisighella so che c’è interesse per le commedie. Se ci sarà paura credo lo scoprire in prossimità degli spettacoli. Nessuno ha la sfera di cristallo ma vorrei sottolineare che lo spettacolo dal vivo, fino a qui, ha dimostrato di essere un veicolo di contagio pressoché nullo».
Roberto Battistini: «Continuano a chiamarci, in particolare in questo periodo, che poi corrispondeva alla campagna abbonamenti. Noi li stiamo rassicurando e devo dire che il desiderio di tornare c’è, è palpabile per tutti i generi di spettacoli. Ci spinge soprattutto questo a portare avanti l’attività, perché ovviamente la situazione è più difficile del normale».
Noemi Marzia Ricci: «I “Cinque venerdì” li proponiamo proprio perché c’è tanta richiesta di intrattenimento. Naturalmente insieme alla voglia c’è anche la paura e credo che capiremo solo in quelle serate cosa prevarrà. Il calendario propone appuntamenti diversi tra loro proprio per accontentare un po’ tutti».
Mario Gurioli: «Tante persone mi chiedono quando ripartiremo, ma secondo me se questa voglia si tradurrà davvero in presenze al teatro, e se quindi sarà più forte della paura, lo scopriremo solo a inizio stagione. Noi cercheremo di fare tante repliche proprio per garantire la sala distanziata e vincere queste remore».
Il rischio, specie per le fasce d’età più mature, è evidente. Cos’è, però, che perdiamo, rinunciando alla socialità per gli anziani?
Alessandro Neri: «E’ un problema di equilibri. Lo è a livello nazionale tra salute ed economia ed è lo stesso con le rassegne dialettale. Per molti aspetti, non farlo è anche più dannoso. Si perde un intrattenimento che la gente vuole, poi per chi organizza ovviamente c’è il rischio di perdere pubblico».
Roberto Battistini: «Si perde tanto. Al Rasi abbiamo abbonati davvero storici, persone che vengono da decenni e che probabilmente non hanno passatempi, specialmente la domenica. Poi c’è tutta l’ampia frangia degli appassionati del dialetto, che qui ha occasione di ritrovarsi. Per quella fascia d’età dover rinunciare a questi appuntamenti vuol dire molto, non è un sacrificio piccolo».
Noemi Marzia Ricci: «La solitudine fa dei danni, specie in quelle fasce d’età. E poi ha accompagna a una comprensibile paura di uscire. Però i rischi della depressione connessa all’età sono grandi, e abbiamo visto tante persone immalinconirsi molto. Vediamo il lavoro qui al Tondo come un tentativo di sollevare la comunità».
Mario Gurioli: «Nel caso del teatro dei Filodrammatici, l’Asp adiacente è contingentata e quella ventina di ospiti che venivano ai nostri spettacoli dovranno, purtroppo, rinunciarci. E’ chiaro che per loro è una perdita importante».
Più in generale, vista la fragilità dell’intero mondo del teatro dialettale, sul cui futuro è difficile proiettarsi in avanti anche solo di dieci anni, pensate che questo stop forzato possa minare alle fondamenta l’intero sistema?
Alessandro Neri: «Non so di nessuna compagnia che abbia chiuso, ma certo il problema esiste. Molto dipende dall’età e dalla voglia di mettersi in gioco. Certi attori che conosco ha subito il colpo e li ho trovato demoralizzati, fra tutte le difficoltà. Organizzare una rassegna in estate, con i regolamenti meno stringenti, serve anche a dare stimoli a chi li sta perdendo. In generale, preparare uno spettacolo oggi richiede tempi particolarmente lunghi e i bilanci delle compagnie pendono sul rosso più che in passato».
Roberto Battistini: «Alcune compagnie credo non si rimetteranno in moto, ma non vedo alcun problema per quella più consolidate, anche solo per la passione degli attori che è fortissima. In generale sono diverse le compagnie che non hanno preparato uno spettacolo nuovo, per la prossima stagione, ma anche da loro riceviamo telefonate perché stanno monitorando la situazione. Il fatto che ad esempio noi abbiamo intenzione di organizzare spettacoli li motiva a rimettersi in moto. Penso che per la primavera si rimetteranno all’opera quasi tutti».
Noemi Marzia Ricci: «Per le compagnie è proprio difficilissimo osservare il distanziamento fuori e dentro la scena, quindi è anzitutto questo che gli impedisce oggi di lavorare. E’ probabile che alcune compagnie non superaranno la fase pandemica, ma c’è sempre tanta passione negli attori e noi, come organizzatori da 23 anni, abbiamo una ferma volontà di proseguire. La nostra stagione è radicatissima».
Mario Gurioli: «La paura principale degli operatori è che la gente si disabitui al teatro e noi vogliamo restare il punto di riferimento che siamo diventati. Sento molti colleghi, di altre compagnie, e alcuni hanno davvero la prospettiva di chiudere. La Berton è in piena salute e il rinnovo di una convenzione così lunga parla chiara in questo senso, tanto più che abbiamo un fondo cassa e abbiamo ricevuto aiuti dallo Stato e alcuni sponsor, oltre a introiti del 5 per mille. In generale, il teatro dialettale subisce un grosso colpo e serviranno tenacia e pazienza per ricostruire quello che perderemo. Ora, però, l’attenzione sul virus deve essere massima».
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