Cure palliative, più assistenza domiciliare sul territorio con il progetto Kio. Parla il presidente di Ail, Alfonso Zaccaria
Anche Ail- Associazione italiana leucemie- che festeggia quest’anno il trentennale e che da vent’anni garantisce l’assistenza domiciliare nella nostra provincia, in accordo con l’Ausl continua a lavorare per i pazienti e supportarli nella maniera migliore. «Abbiamo attivato, nel 2004, la nostra assistenza domiciliare- ha spiegato il dottor Alfonso Zaccaria, ematologo e presidente Ail Ravenna- inizialmente solo su Ravenna e Cervia perché avevamo un unico medico di cure palliative, il dottor Gabriele Pelloni che ancora porta avanti il progetto. Negli anni abbiamo assunto altri medici per riuscire a coprire tutta la provincia, quindi anche Faenza e Lugo, ma i professionisti ci davano disponibilità per alcuni mesi o al massimo un anno, dunque il servizio in quei territori procedeva a singhiozzo e spesso veniva sospeso. E’ stato Pelloni a pensare di coinvolgere i medici di base nel progetto che, dopo un percorso tortuoso, ha visto la luce due anni fa con la nascita di “Kio- il sogno della chiocciola”». Un progetto che già dal nome indica l’importanza per un paziente a fine vita di poter stare nella propria abitazione e trovare al domicilio le risposte alle proprie esigenze senza doversi spostare. Ail sovvenziona i medici di base che utilizzando una parte delle ore da dedicare alla libera professione, seguono ciascuno un massimo di 6 pazienti, e le loro famiglie, per un totale, a regime, di 60 ore settimanali, su tutta la provincia. In questo modo il territorio è sempre coperto e i pazienti possono avere i loro medici sempre presenti a prescindere da turni e ferie. Dopo un rodaggio di poco più di un anno, oggi il progetto è a regime: i medici in provincia sono 5, coordinati dalla rete di cure palliative di Ausl Romagna, e seguono il paziente nelle sue esigenze contingenti. «I malati di cui ci occupiamo non sono più ricoverati, ma sono a casa perché in una fase avanzata in cui la chemioterapia non è più efficace, invece sono fondamentali la terapia del dolore e il supporto psicologico sia per loro che per la famiglia. Accanto ai medici, ormai da 4 anni possiamo garantire anche la presenza di due psicologhe che aiutano non solo il paziente, ma anche i suoi parenti. Attualmente seguiamo 35 malati entrati in assistenza domiciliare tramite un iter preciso che prevede la visita del medico Aisl, del medico di base e dell’infermiere che poi fanno il punto in base allo stadio del paziente e stilano il programma di visite periodiche, utili per “aggiustare” la terapia». Il paziente viene seguito nel suo percorso con visite, prelievi ematici di controllo, idratazione, terapia del dolore, toracentesi, paracentesi e trasfusioni, queste ultime sempre meno frequenti. «Oggi i farmaci sono moto meglio tollerati e se nel 2009 abbiamo fatto 407 trasfusioni a domicilio, lo scorso anno sono calate a 30. Molte terapie si prendono per bocca e gli effetti collaterali sono diminuiti moltissimo». E nell’ottica di migliorare l’assistenza domiciliare «stiamo pensando di integrarla con un fisioterapista o una oss che si possa prendere cura di quel paziente che non ha familiari su cui poter contare».(marianna carnoli)