Cristiano Cavina e la seconda puntata di «Dumas», il laboratorio di scrittura di Settesere
Da venerdì 19 novembre sarà in edicola e nelle case degli abbonati, con Settesere, la seconda puntata del laboratorio sperimentale di scrittura creativa «Dumas», condotto su queste pagine da Cristiano Cavina.
Ne illustriamo il funzionamento, pubblicando poi un estratto della lezione di Cavina sul tema «Scrivere di Sé»
COME FUNZIONA DUMAS
Dumas propone ai lettori di cimentarsi direttamente con gli esercizi che Cristiano Cavina propone a cadenza quindicinale (il primo era stato publicato una settimana fa, ma lo trovate anche nel numero in edicola dal 19 novembre). La scadenza per la consegna è di dieci giorni, dal venerdì di uscita del giornale alla domenica della settimana successiva (in questo caso già domenica 21, ma il tema era stato proposto lo scorso 12 novembre).
Nell'uscita di venerdì 19 trovate invece un approfondimento (a cadenza quindicinale) curato da Cristiano Cavina e inerente ai temi del compito lanciato la settimana precedente (può essere l’occasione di rivedere i testi che state scrivendo alla luce dei consigli di Cristiano). Fra sette giorni pubblicheremo le bozze di alcune correzioni di Cristiano ai racconti inviati. Nella stessa settimana verrà lanciato il secondo compito (quindici giorni dopo il primo). La settimana ancora successiva, insieme al nuovo approfondimento di Cristiano sul secondo tema, verrà pubblicata anche la classifica dei migliori corsisti del primo compito. E il meccanismo proseguirà in questo modo.
Scrivere di sé - Nessuno in narrativa è se stesso, al massimo ci assomiglia un po’...
di Cristiano Cavina
SCRIVERE È SEMPRE UNA FINZIONE
Prendiamo la forma più assoluta dello scrivere di sé: il diario. Il resoconto quotidiano dei propri casi e delle proprie impressioni; cosa può esserci di finto?
Beh, per esempio può esserci che tutti i gesti della vostra giornata non ci stanno in una pagina; e nemmeno nelle 365 di un’agenda; vi ci vorrebbero volumi per elencare fedelmente ogni cosa. Cosa si fa? Si taglia il superfluo, o almeno quello che non ci interessa dire: ma questo è già un gesto creativo; prima finzione.
Quando poi si tratta di scrivere cosa abbiamo provato - abbiamo litigato con la morosa, abbiamo menato il capo ufficio - lì non c’è altro modo che ricreare e venire a patti con le parole, perché i sentimenti sono indicibili e i termini che la lingua ci mette a disposizione per nominarli sono praticamente gusci vuoti; amore, dolore, dolcezza, emozione: non vogliono dire nulla e non sono che la pallida ombra di quello che possiamo provare. E così, per rendere l’idea ci tocca inventare metafore o similitudini che si avvicinino al nocciolo della questione; metafore e similitudini che sul momento non ci erano neanche passate per l’anticamera del cervello (perché eravamo troppo impegnati a picchiare il capo ufficio... o a vivere)
Quindi, scrivere di sé è una finzione.
Il che ha almeno un aspetto positivo: non dobbiamo essere fissati con la verità dei fatti. In narrativa, nelle storie, quando si raccontano o si scrivono, i fatti sono solo quello che ci serve per rendere bene l’idea di ciò che vogliamo dire; nel libro sulla vostra famiglia vostro cugino può essere biondo, alto due metri e con un padre bulgaro invece che moro, basso e di Granarolo Faentino; quello che conta è che sia perfetto per rendere l’idea della vostra vita...
(prosegue su Settesere, in edicola dal 19 novembre)