Baccini al piano solo vi stupirà con i suoi 30 anni di tour al Socjale venerdì 21 a Piangipane

Romagna | 21 Gennaio 2022 Cultura
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Elena Nencini
Se uno pensa a Francesco Baccini vengono in mente canzoni come Sotto questo sole (successo del 1990 al Festivalbar con Paolo Belli) a Le donne di Modena, ma anche alla bellissima Ho voglia di innamorarmi che svela un artista più profondo: venerdì 21 Baccini sarà al Teatro Socjale di Piangipane per un concerto piano e voce. Come racconterà nell’intervista molta della sua carriera è, e continua, ad essere legata a due nomi importanti del cantautorato italiano come Fabrizio De Andrè e Luigi Tenco 
Due Targhe Tenco (Cartoons, 1989, Baccini canta Tenco 2012) al suo attivo tra i premi a cui tiene di più.
Baccini, come sarà la serata al Socjale?
«È questo che mi chiedo anche io, perché io sono un improvvisatore. Non ho una scaletta e vado a braccio, ogni sera è diversa. Ho 14 album su cui far conto, un repertorio di 130 canzoni e scelgo al momento, improvviso. La cosa che mi diverte di più del suonare è proprio che ogni sera è diversa. Certe canzoni le devi cantare sempre, non puoi non fare i brani più famosi come Le donne di Modena o Ho voglia di innamorarmi. Del resto questo era il tour dei miei 30 anni che doveva essere nel 2020. Il covid ha dilatato i tempi. Ha bloccato il tempo».
Cosa ha fatto durante il covid?
«Ho passato un po’ di mesi chiuso in studio a comporre, per fortuna avevamo già fatto le riprese del film Credo in un solo padre di cui ho curato la colonna sonora: è uscito in 36 paesi, ma in Italia non ancora. Speriamo che esca sulla piattaforma Chili. Poi ho lavorato ad un altro progetto legato al cinema, un docufilm sul rapporto tra me e Tenco legato proprio al tour del 2012 Baccini canta Tenco. Un allora giovane videomaker, Michele Burgay, realizzò una serie di clip che non avevo mai visto. Le ho finalmente guardate e ci siamo accorti che la qualità delle immagini era buona. Così le ho messe insieme e ho cominciato a riprendermi mentre cantavo Tenco. 
Nel lockdown è venuta fuori la creatività. Una cosa che ho imparato a esercitare da ragazzo».
Cosa le è successo da ragazzo?
«Ho imparato a non soffrire di solitudine. Ho avuto una sfiga, ma che è stata una fortuna: a 13 anni ho avuto un grave incidente e sono rimasto bloccato a letto per un anno. Dovevo passare le giornate e mi inventavo dei giochi per passare il tempo. Non potevo nemmeno girare per casa. Dopo un esperienza così il lockdown è una barzelletta».
Quando si è innamorato di Tenco e De Andrè ?
«Proprio in quel periodo in cui ero immobilizzato a letto: potevo solo leggere o ascoltare musica, mi sono sentito 200 milioni di dischi. Se ci fosse stata la play station sarebbe stato molto peggio. All’epoca suonavo il pianoforte e ascoltavo musica classica. Il più grande dei miei cugini invece mi portò dei dischi di De Andrè e Tenco. 
Fu così che scoprii che dentro una canzone c’era anche il testo, non solo la musica. Tenco e De Andrè mi hanno fatto scoprire che non c’erano solo le solite canzonette festivaliere o quelle di Canzonissima, c’era un altro mondo».
Come compone i suoi brani? 
«Non c’è uno schema, ognuno ha il suo; non credo a quelli che dicono che ti insegnano a scrivere canzoni: o lo sai fare o non lo sai fare. È un dono di natura, uno può essere un grande musicista, ma non un compositore. 
Fabrizio (De Andrè nda) ha cambiato un sacco di volte pelle, perché cambiava arrangiatori e musicisti. Ed era bravissimo a trovare giovani talentuosi come Nicola Piovani per l’album Non al denaro non all’amore né al cielo. Ho avuto la fortuna di diventare amico di Fabrizio proprio perché gli ricordavo Luigi (Tenco nda), lui mi diceva sempre “Belin ma sembri Tenco”. Il tour del 2012 che ho fatto è nato proprio dal fatto che Fabrizio mi parlasse sempre di Luigi: mi diceva “anche Tenco si scriveva tutto da solo, testo e musiche. Ma come fai?”. Io mi scrivo le canzoni, me le arrangio, sono un animale da palcoscenico, mi diverto. E poi mi raccontava che Tenco aveva un lato ironico e anche uno sociale, che nessuno conosceva. Fabrizio mi raccontava che Luigi era quello che raccontava le barzellette, il figo del gruppo, faceva gli scherzi. Le ragazzine facevano la coda per lui». 
L’ultimo album è del 2017 con Sergio Caputo, ha intenzione di farne un altro?
«L’idea di fare un album oggi mi eccita quanto fare un documentario sulla pesca delle triglie. 
Mi interessa invece il cinema: i film, nella vita voglio voglio giocare. Se non mi diverto io per primo facevo il geometra».
Il mondo del cinema invece la attira?
«Si, moltissimo, ho scoperto di essere un attore naturale. Nel 2008 ho partecipato a Zoè di Giuseppe Varlotta, ambientato durante la guerra, dove interpretavo un partigiano, un film poetico sulla guerra che ha girato un sacco di festival a partire da Giffuni. Poi nel 2018 abbiamo girato Credo in un solo padre, un film sulla violenza familiare, molto duro. E’ stato l’ultimo film interpretato da Flavio Bucci prima di morire. Durante il lockdown ho fatto anche la colonna sonora del film. Da vecchio voglio fare solo colonne sonore, io sono uno spirito libero, mi piace non avere imposizioni fare quello che mi pare. E poi adesso Tu non hai capito niente, Sottotitolo Baccini canta Tenco, un gioco di specchi tra me e Tenco».
Il prossimo progetto?
«Penso sempre in avanti, mai indietro. Adesso parteciperò a un western all’italiana per la regia di un giovane di grande talento come Emiliano Ferrera, dove farò il cattivo. E’ il sogno di qualsiasi bambino della mia età. Sono cresciuto con Sergio Leone, mi piacciono le sfide. È un modo per invecchiare meglio, non so nemmeno quanti anni ho, perché sono sempre impegnato in nuove sfide. Quando nella vita hai la fortuna di fare quello che ti piace dentro non invecchi, al massimo ti cala un po’ la vista». 
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