Sla, quaranta casi in provincia, il 'buco nero' è l'assistenza domiciliare
Sono una quarantina, in provincia di Ravenna, le persone malate di Sclerosi laterale amiotrofica, meglio conosciuta come Sla, una malattia rara e degenerativa che colpisce le cellule cerebrali addette al controllo dei muscoli. Tra le carenze più sentite tra i pazienti e i loro familiari c’è senza dubbio l’assistenza. A dirlo è Nino Di Gangi, referente provinciale per Assisla: “L’Emilia-Romagna, a differenza di altri Regioni, per fortuna finanzia un assegno di cura. Ma lo fa entro determinati limiti di reddito che speriamo vengano modificati se non abbattuti, per non creare iniquità. Un malato di Sla ha bisogno di assistenza 24 ore al giorno, il che significa che la famiglia deve assumere tre persone, spendendo circa 5mila euro al mese. La legge ne finanzia circa un terzo”. Oltre al dramma della diagnosi e della malattia, dunque, si è costretti a sobbarcarsi oneri economici impensabili: “Senza contare il carico burocratico – continua Di Gangi – che accompagna la Sla, al quale cerchiamo di far fronte noi, accompagnando le famiglie. La collocazione domestica, dunque non in ospedale, per i pazienti è l’ideale. Ma il controsenso è che comporta un impegno enorme”. Tra i buchi neri c’è anche l’assistenza psicologica. Due anni fa Assisla, insieme a Psicologia Urbana e Creativa, aveva lanciato un progetto di supporto psicologico a domicilio per i malati con il contributo della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. Progetto al quale erano stati affiancati i gruppi di incontro per i familiari e i caregiver, a cura dell’associazione Kairos e sostenuto dall’associazione Amici in Cerchio. Ma dopo la sperimentazione, si è in attesa del rifinanziamento. A spiegarlo è Giancarla Tisselli, psicoterapeuta di Puc, che due anni fa ha perso il marito Patrizio Morigi a causa della Sla, scrivendo poi insieme alla sorella di lui, Paola, il libro “Patrizio Morigi. Sono fortunato… Ho scelto di vivere”. In circa due anni sono state seguite più di quindici persone: “Un’esperienza partita da una forte volontà mia e di mio marito, che durante la malattia abbiamo toccato con mano le difficoltà di andare dallo psicologo. Speriamo che il progetto possa proseguire, ce n’è moltissimo bisogno”. Intanto, Giancarla ha donato al Comune di Ravenna il pulmino attrezzato di Patrizio, che ora viene usato per il trasporto delle persone con disabilità. Tra chi combatte contro la Sla c’è Dario Alvisi, 44 anni, residente a Faenza, inchiodato al letto e alla carrozzina da quando nel 2013, durante i preparativi delle nozze con la moglie Debora Donati, da cui ha avuto tre figlie di 14,12 e 6 anni, ha iniziato ad avvertire i primi sintomi. Dopo l’infausta diagnosi, il decorso della malattia è stato rapidissimo: “Nel giro di sei mesi – racconta Debora – mio marito ha perso l’uso degli arti e della parola, è stato tracheotomizzato e gli è stata inserita la Peg per la nutrizione enterale”. Da qualche tempo, poi, l’uomo ha perso il controllo dei muscoli oculari e non riesce quindi più a tenere gli occhi aperti: “Dopo un anno terribile in cui non siamo più riusciti a comunicare con lui, Assisla ci ha donato Brain Control, un ausilio di ultima generazione che registra le scariche elettriche collegate ai neuroni cerebrali. Dario riesce quindi ad avere accesso a un frasario e selezionare le risposte ‘sì’, ‘no’ o ‘non so’ davanti a una domanda’”. Tutta l’assistenza è in mano a Debora, che comunque continua a lavorare in uno studio dentistico, a sua madre e a una Oss che va a domicilio un’ora e mezzo al giorno per le cure igieniche. “Mi salva – spiega la donna - la grande fede che ci ha sempre contraddistinto, mi salvano le bambine e l’affetto che sentiamo intorno, oltre al fatto di avere capito che Dario ha accettato la malattia. Ci sono momenti durissimi di grande sconforto ma di recente abbiamo ripreso a fare qualche uscita e qualche viaggio. La scorsa estate siamo addirittura riusciti ad andare insieme a Dario a Medjugorje grazie al sostegno di Cosmohelp. Presto vorremmo tornare dal Papa, dove siamo stati nelle prime fasi della malattia”. Malattia che non ha impedito a Debora e Dario di sposarsi, poco dopo la diagnosi, anche se con una cerimonia ristretta alle figlie e ai genitori. (Silvia Manzani)
Per contattare Assisla 347/3295380