Ravenna, Beach Brew: il rock si tinge di world

Ravenna | 02 Giugno 2017 Cultura
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Federico Savini
Orchestre barocche che suonano musica africana, rocckettari che dopo decenni dalla prima volta continuano a perdere la testa per l’India, menestrelli turchi e capelloni giapponesi si concentreranno tutti insieme, nell’arco di pochi giorni, nella nostra provincia per due eventi specialissimi del Ravenna Festival e un’edizione del festival rock Beaches Brew mai così internazionale.
LA SPIAGGIA DEGLI SHELLAC Avrà due anteprime di tutto rispetto il festival Beaches Brew dell’Hana-bi, a Marina di Ravenna, che scalderà motori e amplificatori venerdì 2 giugno, con le garage-rockers di Phoenix The Darts e soprattutto con il ritorno, sabato 3 sotto la tettoia, del bravissimo folk-singer americano Ryley Walker, da più parti indicato come l’erede di John Martyn e Bert Jansch, con quell’idea di psichedelia intima o cantautorato «espanso» che si esprimerà al meglio con l’ausilio della sua band. Beaches Brew partirà lunedì 5, dalle 18 all’Harbour Stage di Marina di Ravenna, palco cittadino inaugurato qualche edizione fa, quando l’Amministrazione decise di puntare su un festival che ogni anno attrae centinaia di persone, spesso anche dall’estero, riempiendo i campeggi e movimentando la prima settimana di giugno. Intercettando i musicisti di ritorno dal gigantesco Primavera Sound di Barcellona, il festival che l’Hana-bi realizza insieme al promoter olandese Belmont Bookings partirà lunedì 5 con una proposta ad alto (e inedito) tasso etnico, con le indiane Mandolin Sisters, la miscela di funk-rock e folk turco degli Altin Gün e il rock psichedelico, leggero ma magistralmente suonato, dei giapponesi Kikagaku Moyo. Martedì 6 Beaches Brew si sposta definitivamente sulla spiaggia dell’hana-bi, con sei band in cartellone, con l’ispido post-punk delle Coathangers, il garage-pop anni ‘60 dell’indo-canadese King Khan & the Shrines, con King Gizzard & the Lizard Wizard a chiudere con il loro psigoloso rock psichedelico. Mercoledì 7 ancora sei concerti, con la chiacchierata cantautrice dark-folk americana Weyes Blood che suonerà prima degli headliner dell’intero festival: gli Shellac di Steve Albini, formazione d’importanza fondamentale per il post-punk statunitense degli anni ’90, un trio granitico che ha prodotto, in pochissimi album, una delle musiche più violente e martorianti di sempre, senza un grammo di autocompiacimento. In particolare la chitarra di Albini è tra le più «taglienti» mai ascoltate. La serata finale di giovedì 8 avrà tra in protagonisti il ghanese King Ayisoba, originale performer e suonatore di kologo, un cordofono africano. Oltre a lui suoneranno gli oscuri e para-elettronici Moon Duo e i californiani Thee Oh Sees con il loro garage-rock elettrico e trascinante. Tutto gratuito, e scusate se è poco.
TRA IL RAGA E I RADIOHEAD Il Ravenna Festival percorrerà la prima tappa del suo viaggio verso l’India (in attesa della parentesi del Darbar Festival dal 22 al 24 giugno) venerdì 2, quando al pala De Andrè si terrà il concerto del progetto Junun, che riunisce il compositore israeliano Shye Ben Tzur, il chitarrista dei Radiohead Jonny Greenwood e l’ensemble indiano Rajasthan Express. Il concerto promette un viaggio sensoriale nell’India di oggi, evocata in suoni con una moderna operazione di world-music dalla quale esondano i rumori delle metropoli asiatiche e risuonano la tensione avant-rock di Greenwood, la trance mistica del raga e la caotica pulsazione di un presente sempre più contaminato. Il tutto dedicato alla follia, come stato d’animo ambivalente e inafferrabile che appartiene alla sensibilità orientale.
«POLYPHONIE» A RIDRACOLI Il Concerto Trekking del Ravenna Festival 2017 si terrà domenica 4 giugno, a partire dalle 10 nel parco delle Foreste Casentinesi. Obiettivo della lunga scampagnata collinare di quest’anno è il pianoro della Lama, al confine con la Riserva di Sasso Fratino, che andrà raggiunto a piedi partendo dalla diga di Ridracoli. Una volta in loco, nel primo pomeriggio a Sasso Fratino si terrà il concerto della Classica Orchestra Afrobeat, con Njamy Sitson voce solista, a presentare il terzo album «Polyphonie», interamente composto dai membri dell’orchestra guidata dal percussionista russiano Marco Zanotti. Nato come originalissimo tributo alla musica afrobeat di Fela Kuti – originale perché parliamo di un’orchestra barocca in piena regola, con clavicembalo e viola da gamba – l’ensemble sta seguendo una personale evoluzione stilistica, in «Polyphonie» più che mai all’insegna dell’ascolto della natura e dell’interazione con il suono circostante, alla ricerca di una primitiva armonia tra l’umano e il divino.
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