Barbara Gnisci
Quando si pensa ai migranti si associa spesso il concetto di permesso di soggiorno, sia esso richiesta d’asilo, oppure protezione internazionale; quasi mai ci si sofferma su altri tipi di documenti che possono avere una funzione importante nella quotidianità delle persone e che possono assumere anche un valore personale: «La residenza può assumere un significato simbolico in quanto segna l’appartenenza alla città in cui risiede – racconta Mauro Paolucci, coordinatore di “Crescere”, la comunità per minori di Piangipane – e, inoltre, permette di accedere a una serie di servizi che tendenzialmente si danno per scontati».
La comunità accoglie 14 ragazzi, in più dispone di un posto disponibile per minori che devono fare la quarantena prima di essere spostati in un’altra comunità: «Tutti i nostri ospiti posseggono una residenza in termini di convivenza che viene concessa loro direttamente dal Progetto SAI in cui sono inseriti, oppure dai Servizi sociali della città».
Bangladesh, Pakistan, Albania, Marocco, Tunisia e Togo i paesi di provenienza degli ospiti della comunità: «Con la residenza i minori possono fare l’Isee che permette loro poi di accedere a borse di studio, ad agevolazioni per i trasporti. Ci sono, inoltre, una serie di piattaforme online come Spid in cui è richiesta la residenza».
Più complicata è la situazione quando i minori raggiungono la maggiore età e sono pronti a uscire dalla struttura: «La cancellazione non è una procedura difficile, ma ciò che crea difficoltà, è dimostrare di risiedere in un’altra abitazione e quindi l’assegnazione di una nuova residenza».
Anche i 16 neomaggiorenni che risiedono negli appartamenti di Agevolando, collocati tra Rossetta e Lido Adriano posseggono la residenza che prendono appena entrano nel progetto o che cambiano se appena usciti dal Sai: «La residenza permette loro di fare richiesta per ottenere la patente di guida - spiega Katia Del Monte, responsabile della sede di Ravenna di Agevolando - e, inoltre, alcuni anni di residenza saranno necessari per fare la domanda per permesso di soggiorno di lunga durata».
Per queste persone la difficoltà maggiore sta nel trovare una casa nel momento in cui escono da questi percorsi: «Prima del Covid- conclude Dal Monte – i ragazzi rimanevano un anno, adesso anche due. C’è molta diffidenza per gli stranieri che cresce in maniera direttamente proporzionale al colore della pelle. Un’altra causa è il fatto che spesso questi ragazzi hanno un lavoro con un contratto di apprendistato o al massimo a tempo determinato, e questo è un altro elemento a sfavore, che non dà garanzie. Ultimamente siamo riusciti a far uscire due ragazzi che sono andati in un appartamento di una signora tramite una conoscente. Ecco, quando riescono a trovare una casa, riescono poi facilmente anche a cambiare la residenza». Il problema è trovare la casa.