I pareri degli operatori del porto di uno dei settori più flagellati dagli effetti del Covid 19

Ravenna | 25 Aprile 2020 Economia
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Elena Nencini
Uno dei settori che non si è mai fermato a Ravenna in tempi di emergenza sanitaria Covid 19 è stato quello del porto, che comunque ha subito rallentamenti a causa della chiusura delle grandi aziende ceramiche del modenese e quindi delle materie prime relative, ma anche per il drastico calo dei traffici internazionali, per non parlare dei carburanti. Tutte le aziende hanno naturalmente rispettato le normative relative alla salute dei lavoratori, pur garantendo nei terminal la presenza di personale per sbrigare tutte le operazioni necessarie.
Siamo andati a tastare il polso ad alcuni operatori del porto, spaziando dai cereali ai container, ai carburanti e rilevando temperature in salita, fino ad emergenze molto gravi. Uno dei pochi settori che hanno retto è stato  l’agroalimentare, mentre i carburanti sono andati a picco.

DOCKS CEREALI: SEMPRE APERTI
Andrea Gentile, direttore generale Docks Cereali, nonché presidente Assologistica, sottolinea come «l’azienda è pienamente funzionante, fa parte di quelle categorie che hanno sempre potuto lavorare, in quanto facciamo parte delle filiere che sono rimaste aperte. Stiamo dando un servizio, soprattutto nel settore agroalimentare, sia per quanto riguarda l’alimentazione umana che quella animale». Naturalmente rispettando tutti i protocolli previsti dal Governo e dai vari decreti, «anche se qualche difficoltà l’abbiamo avuta nel reperire le mascherine, ma alla fine problema risolto».
Come presidente di Assologistica Gentile da’ un sguardo anche all’estero: «Per quello che riguarda  le importazioni di merci non abbiamo particolari problemi, né per le navi né per i treni. Qualche difficoltà invece per i trasporti su gomma in alcuni paesi. E’ importante che tutti abbiano capito che non sono le merci a diffondere il virus. Chiaramente la logistica è un anello importante dell’economia sia per quanto riguarda le materie prime che il collocamento del prodotto finito. Questa pandemia -  di cui nessuno aveva capito fin dall’inizio gli effetti devastanti a livello sanitario – si riflette anche sull’economia». Anche se Gentile non si lascia scoraggiare: «c’è un calo del movimentato, dei container, delle consegne. E’ una macchina che sta andando al rallentatore. Il porto a chiusura del 2019 stava andando bene, era anche partito il bando di gara per l’affidamento dei lavori dell’hub portuale. Ma adesso tutta la partita si gioca sul ripartire dell’economia italiana. Voglio essere ottimista e pensare che ripartiremo alla grande».

SAPIR: DECISIVI I PROSSIMI MESI
Il presidente di Sapir, Riccardo Sabadini, a proposito della società che gestisce il più grande terminal di Ravenna, afferma:« per il momento non abbiamo avuto problemi per le modalità operative. Stiamo reggendo». E continua «Abbiamo chiuso un buon anno in cui si sono cominciate a vedere i primi frutti dell’opera di ri-organizzazione. Il core business dell’attività terminalistica da’ buoni risultati. Adesso siamo molto preoccupati per il prossimo semestre. Fino a marzo eravamo più o meno in budget, con scostamenti minimi. I prossimi sei mesi non sappiamo. Il settore delle ceramiche è chiuso e non prevediamo quando riaprirà. Si sono bloccate buona parte delle attività industriale e ne consegue che le materie prime non arrivano. Soffrono in particolare le argille e i materiali primi delle ceramiche». Ala domanda di quali sono i materiali che hanno sofferto di meno, Sabadini risponde: «gli oli destinati all’alimentare, olio di palma, olio di girasole. Altrettanto i fertilizzanti perché l’agricoltura è sottoposta a un impegno importante per poter stare al passo delle richieste. Sulle altre cose si naviga un po’ a vista. I mesi che stanno per arrivare - aprile, maggio e giugno - saranno i mesi più brutti perché le navi non arriveranno. Se l’industria riaprirà a breve, alla fine del prossimo semestre si potrebbe pensare a una ripresa».
All’interno di Sapir, Nicola Rambelli ha seguito la parte del rispetto delle norme di sicurezza: «ci siamo adeguati alle misure del distanziamento sociale, della valutazione dei rischi, della necessità di protezioni, cercando di tutelare il lavoratore e  il lavoro. Abbiamo creato corsie di accesso con  misurazione della temperatura per i clienti che continuano ad arrivare,  per le centinaia di autisti al giorno e per i lavoratori. La difficoltà maggiore è stata quella di gestire le persone: il nostro lavoro deve garantire un numero di persone per lavorare sul piazzale: l’80% dei nostri lavoratori non può fare il telelavoro. Ogni settimana facciamo sanificazione degli ambienti di lavoro e pulizia degli autoveicoli comuni».

TCR, PERDITE PER I CONTAINER
Tira un’aria pesante al terminal container Tcr di Ravenna, come racconta il direttore generale Milena Fico: «Non stiamo andando tanto bene. Nel primo trimestre abbiamo perso, da gennaio al 31 marzo, il 4,7% dei container che equivalgono in termini di teus a – 5,3%. A marzo c’è stato un calo generalizzato da tutte le aree geografiche. L’import di container pieni nel primo trimestre cala del 12%, mentre l’export segnava ancora un +2,8%. i volumi movimentati via ferroviaria nel primo trimestre sono calati del -7,9%, mentre le merci movimentate via camion sono +3 %». Il mese più duro si sta dimostrando aprile, continua Fico: «il bilancio dei primi 21 giorni è comunque negativo: l’import cala del 23%, l’export del -33%. Abbiamo perso ad aprile da Turchia e Egitto che risentono della crisi del coronavirus e sono in drastico calo. L’export cresce anche se poco nel primo trimestre grazie ad Israele».  Resta buona la «movimentazione di prodotti ortofrutticoli, merci deperibili per i quali Ravenna è sempre stata un punto fondamentale di riferimento. Anche se i dati dei primi 20 giorni di aprile mostrano che abbiamo grossi difficoltà nel reperimento dei container vuoti, in particolare dei frigo, che si ripercuote sul nostro business».
In ottemperanza alle norme del governo, continua Fico: «una parte dei lavoratori è stata messa in smart working, mentre chi lavora in azienda ha uffici singoli. Per il personale operativo - che deve esser presente 24 su 24 ore  - bisogna evitare i contatti e minimizzare le possibilità di incontro. Sanificazione una volta al giorno degli uffici, anche due per chi vede personale esterno anche due volte al giorno. Oltre alla sanificazione dell auto aziendali e stiamo pensando a una sanificazione drastica delle gru di banchina e di piazzale». E conclude: «speriamo di riuscire a ripartire nel giro di pochi mesi. Affrontiamo  la situazione giorno dopo giorno».

PETRA, LA BUROCRAZIA NON AIUTA
A Petra, azienda di via Baiona, che si occupa si stoccaggio e movimentazione di prodotti petroliferi, la situazione non è allegra e i dati sono preoccupanti, come spiega Paolo Ghinassi, amministratore delegato. «La situazione Coronavirus ci ha messo in crisi: la sospensione della mobilità personale ha decretato un crollo del consumo dei carburanti e dei prodotti petroliferi in generale, che si sta traducendo in un -50% in questo mese. E non siamo quelli messi peggio: per nostra fortuna riforniamo l’agricoltura  che non ha subito grossi arresti. In questo settore abbiamo avuto una flessione del 10-12%. Chi  fa solo rete (cioè trasporti) a livello nazionale ha toccato -70%.  Essendo poi considerati un servizio pubblico non possiamo chiudere, quindi abbiamo seguito il protocollo nazionale ruotando lo stretto indispensabile il personale, attuando il telelavoro per quanto possibile. Ma qualcuno ci deve essere per gestire autisti e automezzi. Abbiamo stabilito una forza minima per garantire la sicurezza ma anche i servizi di movimentazione, ma questo da’ poca possibilità di intervenire sui costi fissi. Speriamo che l’emergenza Covid non duri ancora molto».
Per Ghinassi bisogna rimettere in moto il tessuto produttivo, anche se lamenta i problemi burocratici di questo periodo: «In un momento in cui bisogna fare delle cose reali e cercare di portare a casa dei risultati di organizzazione, salute e sicurezza, ho notato quanto continui ad esser forte il potere della burocrazia. Siamo sommersi dalla burocrazia, le istituzioni e la componente sindacale si sono molto focalizzati sulla documentazione, sulle carte e sulla burocrazia. Ci dicono che dobbiamo avere meno persone in azienda ma dobbiamo fare tante cose che ce ne servirebbero tre volte tante. Ci sono protocolli ripetitivi senza dare il peso corretto alle cose da fare. C’è troppa burocrazia».
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