Corrado Augias ritira il premio di «Dante 2021»
romanzarlo»
«Immeritato», così Corrado Augias, noto scrittore e conduttore televisivo, definisce il premio Dante-Ravenna 2017 che gli sarà consegnato sabato 16 alle 21 ai chiostri francescani all'interno della manifestazione Dante 2021, mentre il Premio Musica e parole sarà dato a Enrico Ruggeri.
Autore e conduttore di famosi programmi televisivi come Telefono giallo (poi diventato Chi l'ha visto), di Babele dedicato ai libro fino a Le storie – Diario italiano, nella sua lunga carriera ha affrontato – anche come scrittore - tanti temi di attualità e di cultura, e ci parla della sua visione di Dante.
Cosa rappresenta, secondo lei, per la cultura italiana, la figura di Dante?
«E' una domanda molto complicata. È fondamentale non devo dire perché, ma è anche una figura poco frequentata. Alle volte sono sconcertato quando vado nelle scuole e mi accorgo di come la figura di Dante venga avvicinata alla più sorpassata filosofia scolastica. A parte la grandezza della lingua quello che colpisce è la sua immensa forza visionaria, modernissima. Nel mio piccolo faccio quello che posso per la divulgazione della sua figura».
Quando ha ri-scoperto Dante dopo la scuola?
«Dante e Manzoni sono state due riscoperte dell'età adulta. Anche I promessi sposi mi hanno molto annoiato a scuola. Il v canto è un romanzo giallo, pieno di finezze, però il paradiso non mi piaceva a scuola come il purgatorio. Hanno bisogno dell'apprezzamento intellettuale come per i promessi sposi, u8no straordinario ritratto dell'Italia e degli italiani. Quando uno ha 14 anni uno non è in grado di apprezzarne le sottigliezze.
Nella vita di Dante e nella Comedia è centrale il tema della religione e la ricerca di Dio. Quanto lo è nella sua vita?
«Io sono ateo, tranquillamente, ateo. Sono tutte fiabe che ci siamo inventate per la paura di morire. Però il discorso non finisce qui. Se uno fa a meno dell'idea di Dio - una grande favola costruita nel corso dei secoli - , se rifiuta, per evidente puerilità, il dio con la barba e il triangolo in testa, la ricerca del divino però non finisce lì. E lì entra il grande discorso della spiritualità, di che cos'è. L'ateo ha una concezione spirituale più forte di tanti pigri credenti. L'ateo cosciente non ha vincoli di obbedienza, non ha speranza di premio o di condanna, poiché sa che sono balle, la ricerca spirituale dell'ateo è più proficua e più profonda proprio per questo».
prosegue su setteserequi in edicola dal 15 settembre 2017