Bassi (Propeller) traccia un bilancio e chiede maggior interesse per il settore

Ravenna | 19 Aprile 2021 Economia
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Elena Nencini
Simone Bassi, presidente The International Propeller club port of Ravenna, racconta come è andato il 2020 e le novità per l’associazione ravennate.
La delegazione ravennate del Propeller da quanti soci è composta?
«Siamo più di 150 soci ordinari e una ventina di ‘young’. L’arrivo di una fascia più giovane di soci è una cosa molto bella, perché porta nuovi afflussi di idee in un periodo decisamente non facile. Non si tratta soltanto di figli d’arte, ma anche di dipendenti della Compagnia portuale, di giovani commercialisti e avvocati ed altro. Ad avere uno specifico settore dedicato ai giovani sono prevalentemente 4 porti in Italia, oltre a noi Napoli, Milano e Genova. A livello nazionale abbiamo organizzato un incontro online che ha permesso loro di conoscersi e di cominciare a pianificare per il futuro delle iniziative».
Il Propeller ha deciso di attuare delle strategie contro la crisi?
«Alla fine dello scorso anno pensavamo che il peggio fosse passato tanto che abbiamo deciso di consegnare a Norberto Bezzi il premio “Master of shipping” 2020 in presenza poi con l’aggravarsi della pandemia abbiamo deciso di puntare sugli incontri on line. Anche perché sembra sempre che si parli tanto di porto, ma secondo me non è abbastanza. Il primo ciclo di incontri lo abbiamo dedicato alle istituzioni, dalle dogane alla capitaneria di porto, adesso abbiamo deciso di voce agli operatori su alcuni temi specifici, ma abbiamo in programma di farne altri. In un periodo di crisi come questo bisogna far girare le rotelline del cervello, questo invece penso che sia venuto un po’ a mancare. Da un punto di vista economico ci è sembrato giusto per il 2021 sospendere le quote dei soci».
Per quanto riguarda la logistica e in particolare il trasporto su ferro, cosa sarebbe utile al porto di Ravenna?
«La richiesta è semplicissima: adesso che abbiamo benedetto l’hub portuale, che siamo arrivati all’assegnazione dei lavori, che abbiamo fatto dei passi in avanti, per quello che riguarda le ferrovie invece non ci siamo proprio. Si continua a parlare delle due stazioni, destra e sinistra Candiano, ma non si è visto un bel niente. Si parla di progetti, ma di concreto non c’è nulla. Ci vuole un raddoppio integrale della linea Ravenna-Castelbolognese, così come anche la linea di Faenza andrebbe adeguata. Sento chiacchiere dal 1988, ma di fatto ancora nulla. Adesso con il Recovery fund vedo delle possibilità e invece non capisco perché non sia stata inserito niente a questo proposito. Mi sembra che le istituzioni giochino a nascondino. Nei 5 anni di esecuzione del Piano si potrebbero attuare molte azioni in questo senso. L’ideale sarebbe instradare, sul terzo binario, di giorno, un servizio treni passeggeri ad alta velocità e di notte i convogli merci. Sul vecchio binario invece si potrebbero far girare i treni locali». 
Dal vostro osservatorio come percepite la crisi? 
«Il vero problema è che siamo caratterizzati da piccole e medie imprese, che sono andate più in difficoltà a causa della pandemia. Tra quelle più grandi c’è stato anche chi ci ha guadagnato, ma parliamo di casi rarissimi. Anche qualche servizio di trasporto ci ha guadagnato. Se guardiamo invece ai  teu, al numero di approdi, ai container c’è stato un calo spaventoso che ha comportato meno lavoro per tutti». 
Pensate che la politica abbia preso a cuore il porto?
«Non c’è stata grande attenzione. Nel ciclo precedente di incontri che abbiamo organizzato non c’è stato nessuno della giunta comunale che abbia partecipato, che si sia interessato. Eppure il porto per Ravenna rappresenta almeno un 70% dell’occupazione. Se non funziona il porto c’è tanta gente che va in crisi». 
Che merci si sono salvate in questo periodo?
«I container hanno subito molto, ma il porto di Ravenna è prevalentemente di rinfuse. Difficile dire cosa è andato meglio, però posso dire cosa si è salvato: sicuramente i traghetti. Il cambio della guardia di Cin Tirrenia con Grimaldi era dietro la porta. Spero che questo porti a una futura ripartenza degli altri settori». 
In questo periodo si è aumentata molto la digitalizzazione, la virtualità degli incontri. Cosa ne pensa?
«Invito tutti a stare uniti, non bisogna però fare un abuso di questo strumento che può portare a una grande stanchezza. Il porto di Ravenna è sempre stato caratterizzato da un’unità di intenti e si dovrebbe riuscire a mantenere quel senso di comunità portuale, elemento forte, caratterizzante di Ravenna».

I prossimi incontri, alle 18  saranno dedicati il 22 aprile ai container e il 29 aprile all’energia.
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