«Nato sotto il segno dei Gemelli» di Nicole Danieli, 2HL Liceo classico Alighieri (Ravenna)

Ravenna | 25 Dicembre 2021 Dante700
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Salve Signor Alighieri, innanzitutto la ringrazio per il tempo che mi concede.

«Mi chiami pure Dante. Considero questa un’ottima occasione per permettere alle persone di comprendere meglio la complessità della mia opera».

Sì è proprio questo lo scopo dell’intervista. Per cominciare da cosa ha preso l’ispirazione il Sommo Poeta? Com’è iniziato tutto?

«Ad un certo momento della mia vita, mi sono reso conto di quanto l’uomo sia peccatore, di quanto sia profondamente legato ai suoi desideri, nonostante cerchi di liberarsene. Il mio intento era quello di portarlo a conoscere sé stesso».

Se posso interromperla, lei è stato coinvolto in prima persona in questo viaggio immaginario.

«Confesso che ho scritto questi libri inizialmente per me stesso, sentivo il bisogno di purificare la mia anima da quello che consideravo e considero tutt’ora il mio peccato più grande».

E possiamo sapere di quale si tratta?

«La mia superbia intellettuale, che ho citato anche nei canti XI e XII del Purgatorio. Ne sono consapevole e questo ha sempre creato un grande conflitto in me. Riconosco la mia superiorità intellettuale, voi sarete d’accordo, ma non trovo rispettosa la mia vanità che talvolta emerge, nei confronti delle persone comuni».

Parlando della sua personalità, so che lei viene considerato come una persona di grande forza d’animo e di volontà. Lei cosa ne pensa?

«So di essere una persona molto diretta, decisa e sicura di sé. Possiedo una notevole animosità, che molto spesso traspare, per questo ho cercato di controllare anche i miei pensieri durante la stesura dell’opera>>.

Lei è del segno dei Gemelli. Sa cosa si dice al giorno d’oggi di questo segno? Molte persone la definiscono con ‘molteplici personalità’, si vede in questo modo?

«La disposizione degli astri non è stata casuale alla mia nascita per donarmi queste virtù. Riguardo alle molteplici personalità, non saprei cosa dirvi, avevo molti interessi allora, questo sì».

Dato che ci troviamo a Ravenna, so che lei ha trascorse qui gli ultimi anni della sua vita. Colgo l’occasione per chiederle che ricordi ha di questa bellissima città.

«Ravenna: una città magnifica. I mosaici, i monumenti e i paesaggi mi hanno donato moltissima ispirazione. Ne è un esempio il canto XXVIII del Purgatorio, dove parlo della divina foresta spessa e viva, mi sono ispirato alla meravigliosa pineta di Classe, così poetica».

Sono d’accordo, questi sono territori unici. Cambiando argomento, qui ho un appunto riguardo a un tema sul quale avrei una curiosità.

«Ditemi, vediamo cosa posso fare».

Oggi il fenomeno dei migranti è molto diffuso ovunque e l’Italia è estremamente coinvolta. Nel canto XVI del Paradiso lei scrive parole severe, se si possono definire così, contro l’immigrazione: “la mescolanza delle genti provoca sempre il male delle città”. Per quale motivo pensa questo?

«Prima che la Chiesa accogliesse benevolmente le genti di Campi Bisenzio, Certaldo e Figline Valdarno, Firenze era sempre stata una città pura. L’arrivo degli stranieri causò soltanto situazioni sfavorevoli per gli abitanti legittimi della città».

Eppure lei sa quanto sia difficile dover lasciare la propria terra, la propria casa. Conosce bene cosa significhi vivere lontano da quello che si ama. Lei stesso nel canto XVII del Paradiso scrive Tu proverai sì come sa di sale lo pane altrui. Non ha pensato che queste persone fossero state costrette a trasferirsi a Firenze? .

«Ebbene… ammetto di non essermi mai soffermato a pensarci ma forse avrei dovuto……».

Per concludere vorrei farle una domanda riguardo al suo modo di scrivere. Perché ha ritenuto il volgare la lingua più adatta?

«Da sempre ho considerato il volgare più adatto alla letteratura rispetto al latino, essendo più naturale e comune. Allora ho deciso di sviluppare questa lingua per offrire a tutti la possibilità di comprendere la mia opera, cercando di conciliare tutti gli aspetti della società».

Con questo è tutto. La ringrazio ancora per averci permesso di scoprire più a fondo lei e la sua opera.

«Sono stato felice di aiutarvi, non mi dispiace mai parlare di questo. Arrivederci».

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